Nero su nero
- Autore: Leonardo Sciascia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
Leonardo Sciascia, che non manca di affidare alle pagine dei quotidiani i suoi interventi letterari, avverte il bisogno di raccoglierli nell’opera Nero su Nero, pubblicata da Einaudi nel 1979 (da Adelphi nel 1991). Vi si trovano lavori fra il 1969 e il 1979. Il titolo si rifà alla rubrica-diario curata per il “Corriere della sera” ed è lo scrittore stesso a definirne “diaristica” l’impostazione. Gli scritti, il cui filo conduttore è dato dall’ironia, sono senza titoli e data.
Il “nero” ha un senso metaforico, da intendere come il colore della scrittura lasciato sul foglio della realtà. Il narratore, che si colloca su un piano diverso da quello del diarista intimo, si manifesta scrittore europeo che legge Gide con assiduità e riflette sui giorni di incubo del Paese. Non a caso cita il titolo del dipinto di Francisco Goya: El sueño de la razón produce monstruos.
Ogni flusso sembra irradiarsi dalla Sicilia, metafora di un’universale condizione umana: "Un libro, tutto sommato, molto italiano; forse molto siciliano".
Sono appunti critici di letture e riletture, di note giornalistiche e fatti apparentemente insignificanti; alcuni brani appartengono a eventi memorialistici e altri a fatti di costume, tra cui i mutamenti paesaggistici. E c’è da ritenere che Sciascia abbia avuto in mente la novella di Čechov Il giardino dei limoni, constatando dalle sue parti, con qualche punta di nostalgia, la selvaggia lottizzazione d’ordine economico e il mare di plastica che copre i vigneti.
La prosa, più monologante che dialogante (è a se stesso, in fondo, che lo scrittore si rivolge), ha spesso il ritmo narrativo dell’apologo. Sciascia sistema i suoi pensieri in una cornice letteraria; con elegante leggerezza scende in profondità e svela nuove verità, spesso contrastanti con quella ufficiale. Emblematici i richiami ai diari di Brancati e di Jules Renard, assunti a modello della propria modalità comunicativa; coinvolgenti le divagazioni su altri autori come Pirandello e Virginia Woolf.
Ad Agrigento, descritta da Luigi Pirandello nel romanzo I vecchi e i giovani, dedica un brano di surreale scrittura. L’ammirazione per Brancati, “scrittore precoce” in un ambiente dominato dal “dilettantismo” e dalla “approssimazione”, è sinceramente profonda ("Ho sempre amato questo scrittore e gli debbo molto", e accenna al racconto La noia nel 1937). Come a volersi identificare con lui, lo ricorda suo insegnante all’Istituto magistrale di Caltanissetta quando si mostrava “scuro in volto”, “annoiato”, “chiuso”:
"Tre o quattro di noi alunni sapevamo che era uno scrittore; e soltanto io acquistavo ogni settimana, rinunciando per una sera al cinema, l’ “Omnibus” di Longanesi: una lira […]; e che delizia le lettere di Brancati al direttore! “Caro direttore...” ed era come se da quel tessuto di noia che era la nostra vita di ogni giorno, improvvisamente balzasse nel fuoco di una lente, che lo ingrandiva e lo deformava, un particolare della trama, un nodo o una smagliatura. Pensavo: così si deve scrivere, così voglio scrivere. E ogni mattina guardavo quell’uomo affilato di ironia, cupo, scontroso, quasi ne portasse il segreto, il mistero".
Siamo nella ricerca dei mezzi espressivi, nell’essenza della letteratura cercata con una meditazione “ansiosa” e “febbrile”: "la più assoluta forma che la verità possa assumere". Parla del riposo e del divertimento della scrittura, del “piacere di fare un testo” anche se a volte se ne esce stanchi. Il punto è questo: egli si sente attratto dal valore degli “scrittori di cose” di cui aveva parlato Pirandello nel discorso su Verga, e come lo sono Vittorini, Brancati, Alvaro. Ecco la sua definizione di letteratura:
“Forse un sistema di "oggetti eterni" (e uso con impertinenza questa espressione del professor Whithead) che variamente, alternativamente, imprevedibilmente splendono, si eclissano, tornano a splendere e ad eclissarsi – e così via – alla luce della verità. Come dire: un sistema solare".
Lo sguardo socio-storico di Sciascia, che è piratesco, interagisce con l’intenzionalità ermeneutica; il suo è un ampio discorso sull’attualità, sulla rivisitazione di fatti di cronaca, estraendo dall’oscura tortuosità del “complesso” il “semplice” anche quando consta di cose terribili. Di “diaristica letteraria” si può dunque parlare per il costante riferirsi agli scrittori. Specificamente quelli dell’area francese: Montaigne e Sartre, per citare appena due nomi.
È possibile conoscere ciò che egli ha dei giornali e del Paese nel suo difetto cronicizzato, nel suo male quasi congenito: l’Italia come “paese senza verità” (così egli l’ha definita in una intervista rilasciata nel 1979 al giornale “Contro” del 10 novembre). Il riferimento è esplicito: dal caso del bandito Giuliano al sequestro di Aldo Moro, ai terribili giorni degli “anni di piombo” sono dominanti le oscure follie totalitarie.
Parla di politica Sciascia con succose storielle:
"Il contadino mio vicino e mio amico a un certo punto dice: “Una volta, qui in paese, c’era una famiglia di buoni mastri-muratori. Io avevo bisogno di murare e sono andato da loro. Mi dissero: noi non possiamo, abbiamo molto da fare; ti mandiamo Merulla – un muratore che conoscevo. E io dissi: e c’è bisogno che me lo mandiate voi, Merulla? Ci vado io, a chiedergli di venire a lavorare da me. Fa una pausa e poi spiega la parabola: ”Io ho votato sempre partito comunista; ma alle ultime elezioni, il 13 di maggio, mi sono detto: e che bisogno ho di farmi portare dal partito comunista alla democrazia cristiana? Ci vado io”."
La concezione mistica e metafisica dello Stato, ereditata dal fascismo, lo impaurisce e non fa male ricordare quella triste “Dottrina”, perché si possa distinguere lo Stato dalla Costituzione. Dopo l’accenno agli esercizi spirituali nelle pagine che spiegano il suo arrivo in un albergo di montagna, l’eremo di "Todo modo", si pone un quesito:
"E sarà magari, la mia, dall’esterno, una domanda reazionaria (quasi tutte le domande cominciano ad esserlo): ma che cosa resta del Cristianesimo senza il pensiero della morte, della fine del mondo? Soltanto un’ideologia del pauperismo abbastanza confusa, abbastanza contraddittoria. Tanto confusa, tanto contraddittoria, che coloro che la professano dimenticando la morte e la fine del mondo, ansiosamente tendono a fonderla in altra più precisa, più conseguente, più ’scientifica’ ideologia".
Bello il brano in cui riferisce dell’incontro di D’Annunzio con donna Franca Jacona di San Giuliano, “regina di Palermo”, sposata all’armatore Ignazio Florio. C’è la Palermo piccola capitale del liberty: aristocratica e imprenditoriale, aperta alle corti europee, alle sale da gioco, agli “ateliers” di Boldini e di Helleu.
La ricerca è puntuale, rende l’atmosfera da “belle époque” che vi si respirava.
Un accenno merita l’episodio sulla novella di Pirandello Ciàula scopre la luna. Racconta Sciascia che un suo amico ne parlò, a Houston, a uno dei reduci della Luna. L’astronauta, rimanendone impressionato, pregò di fargliela leggere. Questi la tradusse in inglese e gliela mandò:
“E io trovo bellissimo e consolante il fatto che uno che ha messo piede sulla Luna abbia risentito lo stupore e la commozione del povero carusu siciliano che scopre la luna lontana”
A partire dai proverbi raccolti da Pitré sugli uomini e sugli animali di pelo rosso, incontriamo la novella Rosso Malpelo, dove la diversità del protagonista deve in qualche modo discendere da quella del bambino dai capelli rossi che Verga era stato. Inusuali le associazioni che non finiscono di sorprendere, fanno scoprire fatti e significati spesso ignorati. Il denso volume Nero su nero - miniera di innumerevoli, inestinguibili risorse - è indispensabile: consente di entrare nello spazio esperienziale, politico e culturale di Sciascia, in cui si situa l’essere umano nei rapporti con l’intimo e con la società.
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