Narratori di Sicilia
- Autore: Leonardo Sciascia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mursia
Grazie all’idea di Leonardo Sciascia e di Salvatore Guglielmino, i narratori siciliani per la prima volta fanno il loro ingresso in un’antologia innovativa, che, testimoniando una vivace ispirazione proveniente da lunghe tradizioni e compositi eventi storici, può dirsi che dà voce a una visione della vita il più delle volte contraddittoria e al limite della ragione.
Le scoperte sono sorprendenti: non ci sono soltanto gli autori più conosciuti, la luce della scrittura arriva da lontano e il lettore si trova dinanzi a pagine antiche di rara efficacia letteraria. La prima edizione dei Narratori di Sicilia appare nel 1967, poi Salvatore Guglielmino, aggiornandola, la ripubblica sempre per l’editore Mursia nel 1991.
Se ogni scrittore possiede il proprio sguardo e i propri strumenti espressivi, ciascuno ha convogliato le proprie energie creative verso la rappresentazione di una Sicilia realistica. Sciascia nella prefazione conclude:
“Tutti comunque hanno sentito drammaticamente e vissuto con dolorosa ansietà il fatto di essere siciliani, di far parte di una realtà, di un modo di essere, di una condizione umana diversa e irreversibile; e più o meno consapevolmente, più o meno liberamente, non si sono sottratti alla "condanna" di rappresentare quella realtà, quel modo di essere, quella condizione umana”.
Non a caso viene ricordato Paolo Maura, il poeta contadino di Mineo di cui fu Capuana a raccogliere i componimenti. A Sciascia sarebbe piaciuto aprire l’antologia con il racconto in versi di Maura che si intitola La pigghiata (cioè, la cattura): un documento in cui la vicenda personale, intrisa di ironia e di inventività, fa intravedere la vita di un paese siciliano nella seconda metà del Seicento e le condizioni della Sicilia spagnola. La storia, egli spiega, rievoca la condizione socio-storica dei Promessi sposi, trattando di un matrimonio che non s’ha da fare: quello tra il Maura e una fanciulla appartenente a una condizione più alta, impedito dallo strapotere del tempo.
Abbandona poi l’idea per motivi di opportunità:
"Ma forse sarebbe apparsa idea peregrina quella di aprire un’antologia di narratori con un poeta, e in dialetto per di più: anche se non sarebbe mancata la precisa motivazione del racconto realistico, quale in effetti La pigghiata è."
Qui si arriva al nocciolo della questione. La vocazione degli scrittori siciliani è quella del realismo; il “fantastico” di un Nino Savarese e di un Fortunato Pasqualino "altro non è che una cifra religiosa della realtà, e della realtà siciliana".
Perciò, nessuno meglio del marchese di Villabianca, spiega lo scrittore di Racalmuto, poteva dare avvio all’antologia:
"con lui si chiude la serie dei diaristi che per secoli, accanto a quella dei poeti in dialetto, fu la sola espressione letteraria della Sicilia; e si apre quella degli scrittori che fanno della parola azione, comunicando il dramma".
Del marchese di Villabianca presenterà nell’opera La corda pazza un saggio intitolato Io, Villabianca: bizzarro personaggio che non sa ridere, tanto conservatore e reazionario quanto preso dalla mania della scrittura testimoniata dalla mole dei suoi manoscritti in un’epoca in cui i nobili sperperavano le loro fortune nella Palermo della seconda metà del Settecento. I suoi Diari, manifestando idee tutt’altro che progressive, in fondo sono la testimonianza della morte della sua classe di appartenenza. Andando più avanti, si apre la diaspora.
Il collegamento con la scrittura francese e con gli ambienti parigini frequentati comincia con Michele Palmieri:
"Con lui si apre la lunga teoria degli emigrati, degli esuli; degli esuli politici e degli esuli per libera scelta (ma libera fino a un certo punto)."
Fugge il canonico Gambini da una Sicilia chiusa e sequestrata e si apre così una nuova stagione per gli intellettuali siciliani: avvertendo il disagio, l’angustia, l’indegnità di vivere dentro una condizione ingiusta e schiavizzata dal privilegio per pochi, nonché dai soprusi e dalla superstizione, abbandonano la loro terra per sentirne poi la lontananza in modo struggente:
"Da Palmieri a Quasimodo ogni siciliano che va via dalla Sicilia sarà nella condizione dell’esule, di colui cioè che “non può tornare”. E in alcuni questa condizione si fa dolente memoria, nostalgia, mito; in altri volontà di dimenticare, insofferenza, rancore".
In sintesi, queste le coordinate dell’antologia, che offre un quadro soddisfacente dell’invenzione narrativa dove il mito è appunto il realismo: radice e stupefazione, tradizione e miraggio, verità come arte e documento volendoci riferire alla grande triade Capuana, Verga, De Roberto nella cui formazione culturale hanno agito molteplici e ricchi sedimenti terragni, biologici e antropologici.
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