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Recensioni di libri

Dante di Alessandro Barbero

Laterza, 2020 - Con la sua consueta abilità narrativa Barbero avvicina i lettori in modo graduale alla storia personale di Dante Alighieri: conoscerla più da vicino permette anche di comprendere i complessi meccanismi che dominavano la società fiorentina.

Nadia Iezzi Pubblicato il 05-11-2020

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Dante

Dante

  • Autore: Alessandro Barbero Dante Alighieri
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: Laterza
  • Anno di pubblicazione: 2020

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Dante (Laterza, 2020), l’ultimo saggio del professor Alessandro Barbero, atteso dal vasto pubblico è da un paio di settimane in libreria ed è frutto di una ricerca documentaria ampia e rigorosa. Lo storico, con la sua consueta abilità narrativa e qualche intercalare (“beninteso”), avvicina i lettori in modo graduale alla storia personale di Dante Alighieri attraverso l’analisi dei documenti notarili e delle sue opere letterarie: conoscere più da vicino la storia umana di Dante permette anche di comprendere i complessi meccanismi che dominavano la società fiorentina tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento. Quello di Firenze, infatti, è un microcosmo in continuo e perpetuo cambiamento: alleanze e guerre con Comuni limitrofi, guelfi bianchi, guelfi neri, e influenze ghibelline; interessi economici dei grandi Magnati contro quelli del popolo; cambi di status con l’“addobbamento” a cavalieri; prestiti di denaro, puntualmente rogati dai notai; matrimoni combinati attestati mediante accordi dotali...

“Ma cosa si intendeva esattamente quando si parlava di magnates […] e di popolo? La società fiorentina era stratificata, complessa e caratterizzata da una forte mobilità: si capisce che gli storici, che la osservano sul lungo periodo, facciano molta fatica a dare definizioni precise […]. I Grandi erano quelli che appartenevano a famiglie importanti, conosciute, ricche, […] abitavano in palazzi con torri, avevano terre e rendite, seguaci e guardie private, si addestravano al combattimento a cavallo […]. Il popolo, invece, era composto da gente che lavorava, che stava a bottega, trafficava e vendeva […]. Al suo interno il popolo era molto diversificato tra l’imprenditore che importava all’ingrosso la lana dall’Inghilterra e […] il ciabattino con la sua botteguccia all’angolo.”

Quali sono le origini di Dante? Il suo non è un nome antico, non è nell’elenco delle antiche famiglie nobiliari, lui è Durante filio di Aleghiero, ha combattuto a Campaldino come feditore a cavallo, quindi tra i nobili, che partivano al primo assalto.
Ma insomma, Dante era nobile o no? È una domanda a cui non è affatto difficile rispondere, proprio perché il concetto non aveva una definizione precisa: “la parola nobile è equivoca”. È già qualcosa aver chiarito che essere nobile non significava detenere un qualche titolo giuridico, accertato e verificabile, ma aveva a che fare in qualche modo generico con l’antichità della famiglia e col rispetto che suscitava in città.
Certo Dante era abbastanza ricco, possedeva svariati poderi e case, lo scopriamo negli Atti notarili in cui i suoi eredi riscattano questi beni negli anni successivi al suo esilio.

È però difficile, il professor Barbero lo evidenzia, comprendere il senso delle numerose transazioni: prestiti e restituzioni di denaro che si accavallano in brevi scansioni temporali, in cui gli Alighieri compaiono. Queste operazioni economiche (prestiti e richieste di somme cospicue) per noi sono prive di senso, ma certamente un senso lo avevano per gli Alighieri! I documenti notarili in cui gli Alighieri sono menzionati, in particolare lo zio Burnetto, sono copiosi. Gli Alighieri sono indicati come testimoni negli Atti con i Donati e con i Portinari. Perché? È abbastanza chiaro. La famiglia di Manetto Donati è quella del suocero di Dante, padre di Gemma. Quella di Folco Portinari è una famiglia che abita nel loro stesso sesto, costoro sono mercanti ricchi e sappiamo tutti che Dante rimase per tutta la sua vita legato, anche se platonicamente, a Beatrice Portinari.
Alla moglie Gemma, Dante non ha dedicato nessuna opera, tanto che sappiamo di lei solo attraverso documenti notarili con i quali la donna, rimasta sola in città dopo l’esilio del marito, chiede al Comune di poter ottenere la rendita spettante dai suoi beni dotali. Di Beatrice, invece, sappiamo da opere come La Vita Nuova fino alla Commedia.

Ciò che colpisce, di Dante, è la sua vitalità: studia, scrive, occupa cariche pubbliche come il Priorato, ha beni immobiliari di cui si occupa con il fratellastro, Francesco (le proprietà paterne resteranno sempre indivise), ha almeno cinque figli viventi.
L’anno 1302 segna la sua fine della sua carriera politica. Il Tribunale di Firenze lo condanna a morte e alla confisca dei beni.

“Fu un processo iniquo? Senza dubbio: il nuovo regime si vendicava dei suoi nemici. […] E soprattutto le epurazioni colpirono in modo selettivo: la maggior parte dei Priori in carica vennero lasciati tranquilli. […] Si vollero trascinare in giudizio soprattutto quelli che potevano essere condannati con qualche verosimiglianza. Dante barattiere, per lucro privato? Certo che no, ma…”

Nei primi anni di esilio egli prova a tornare in città, ma i tempi e le vicende non lo permettono e allora si allontana definitivamente. I vari soggiorni sono difficili da ricostruire: molto probabilmente Lucca e Bologna, ma quelli più lunghi e meglio documentati sono presso il signore ghibellino Cangrande della Scala a Verona e presso il guelfo Guido Novello da Polenta a Ravenna.
Sono anni difficili per Dante; un tempo cittadino di un Comune e “uomo politico”, ora è costretto a vivere stipendiato da signori feudali. Si sente un servo (“Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e ’l salir per l’altrui scale”), eppure, a dispetto di versi poco lusinghieri scritti negli anni precedenti contro i suoi attuali Signori, questi riconoscono la sua grandezza intellettuale e lo mantengono negli ultimi anni di vita, sicuramente c’è il loro intervento nel “collocare” in modo onorevole i figli di Dante: Jacopo (canonico a Verona), Piero (notaio e primo critico delle opere del padre) e Beatrice (suora a Santo Stefano in Ravenna).
Nel mese di settembre 1321, “Dante dev’ essere morto nelle prime ore della notte tra il 13 e 14. Quella notte, il profeta andò a scoprire se quanto aveva immaginato in tutti quegli anni era vero”.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Un libro perfetto per...

Il libro è per tutti coloro che amano scoprire particolari inediti della vita dei Grandi.

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Dante

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