

L’Italia in eredità. Giuseppe Verdi, la colonna sonora del Risorgimento
- Autore: Edoardo Pezzoni Mauri e Salvatore Sfrecola (a cura di)
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Historica Edizioni
- Anno di pubblicazione: 2025
L’Italia in eredità. Giuseppe Verdi, la colonna sonora del Risorgimento, a cura di Edoardo Pezzoni Mauri e Salvatore Sfrecola (Historica Edizioni, Roma 2025, pp. 144) è il sesto volume della Collana “L’Italia in eredità”, diretta da Alessandro Sacchi. Dopo i volumi dedicati a Vittorio Emanuele II, a Camillo Benso di Cavour, a Giuseppe Garibaldi, al Re Umberto II ed al Re Umberto I, vede la luce il presente dedicato al maestro e compositore Giuseppe Verdi. Attraverso l’alto contributo di storici, docenti universitari, giornalisti e giuristi, vengono presi in esame, e molto profondamente analizzati, svariati aspetti dell’opera di Giuseppe Verdi, vera e autentica “colonna sonora del Risorgimento”.
Scrive Roberto Ruozi, Presidente della Casa di Riposo per Musicisti “Fondazione Giuseppe Verdi”:
Giuseppe Verdi fu non solo uno straordinario musicista, bensì un uomo dal multiforme ingegno, che eccelse in numerosi altri campi della vita economica e sociale.
Fu infatti un grande imprenditore agricolo, un esperto di botanica, un ineguagliabile benefattore e anche un politico, benché la sua indole di artista non l’abbia mai particolarmente orientato verso tale attività. E quindi ecco i contributi di Andrea Borella, che narra come il Maestro divenne Patrizio di San Marino ma che però non adottò mai uno stemma se non le iniziali del suo nome e cognome “GV”; quello del prof. Guglielmo de’ Giovanni-Centelles sul rapporto tra Giuseppe Verdi e il Re Ferdinando II, un binomio “Musica e Patria” con la riscoperta delle tradizioni del cosiddetto “Mare Nostrum”; il testo della prof.ssa Dora Liguri relativamente ad un’analisi precisa ed introspettiva del carattere, della formazione, degli studi del nostro; l’analisi del prof. Silvio Mastracola su come Giuseppe Verdi fu il padre della musica italiana, ma soprattutto dell’importanza della stessa nel nostro Risorgimento; quella, infine, del dott. Adriano Monti Buzzetti Colella, sul contributo di Verdi e non solo, ma anche della lirica che formò sicuramente una coscienza unitaria (basti pensare ai “Lombardi alla Prima Crociata” ed al “Ballo in maschera”, perché in queste opere c’è nascosto il senso di libertà e di ribellione che sfocierà nell’Unità d’Italia, come scriverò più avanti). In ogni paese, le università con i loro studenti e docenti costituiscono altrettanti focolai di agitazione liberale e di cospirazioni. Il poeta, il dotto, il musicista (Vincenzo Bellini e Giuseppe Verdi) si sentono investiti di una specie di missione morale e, come tali, non ascoltati dai loro contemporanei, e, in conclusione, il prof. Salvatore Sfrecola si sofferma sul ruolo fondamentale del Maestro con il suo impegno politico e sociale nella società e in Parlamento, quale relatore di leggi sul diritto d’autore e sui conservatori di musica.
Verdi incarnò sicuramente le idee romantiche. Infatti in occasione delle celebrazioni del CL Anniversario della proclamazione del Regno d’Italia, nell’articolo I motivi che portarono all’Unità d’Italia, tra l’altro, scrissi:
Ma la “Restaurazione” fu l’inizio di una nuova stagione per la nostra Penisola, che culminerà, come più volte abbiamo detto, nell’Unità d’Italia. Agli ideali illuministici, razionali, che portarono alla Rivoluzione Francese, si comincia a contrapporre quel nuovo movimento culturale che è il Romanticismo. Fra tutti gli avversari della Restaurazione, gli ex-ufficiali napoleonici, formati alla scuola ardimentosa dell’esercito imperiale e impazienti dell’inerzia cui son ridotti, costituiranno non di rado l’elemento più combattivo e pronto a passare all’azione rivoluzionaria contro i governi restaurati. E accanto a loro un grosso contingente di oppositori è dato dalla borghesia dei commerci e delle industrie, danneggiata, nei propri interessi, ed esasperata dal risorto predominio dell’aristocrazia, oppure da nobili di idee progressiste, ma soprattutto dagli intellettuali, influenzati, come si diceva poc’anzi, dall’ormai irresistibile diffusione del Romanticismo dalla Germania verso il resto dell’Europa. Da principio potrebbe apparire che il Romanticismo, predicando il ritorno alla tradizione o esaltando il sentimento, in netta antitesi al razionalismo illuministico, sia alleato alla Restaurazione. Ma si vede che la rievocazione della storia, l’esaltazione delle tradizioni nazionali, il richiamo alla coscienza popolare significano solo l’alimento del patriottismo. Fare appello, come i romantici, al sentimento individuale, alla libera espressione del cuore e della fantasia, in antitesi alle regole del classicismo, significa alimentare la battaglia per la libertà contro lo spirito autoritario della Restaurazione. Romantico diviene sinonimo ovunque di liberale e patriota. Non dimentichiamoci che il Romanticismo nasce in Germania da quel movimento (pre-romantico) denominato “Sturm und Drang”, “impeto ed assalto”. La cultura del Romanticismo, infatti, non vive isolata in una sua “turris eburnea”, (la torre d’avorio), ma partecipa caldamente alla battaglia politica che attorno a lei si svolge.
Ed ecco che, nel corso della vita di Verdi, lunga quasi un secolo, l’Italia si trasforma appunto da paese soggiogato al dominio straniero in uno stato unificato indipendente, desideroso di far parte delle grandi potenze europee. Il Risorgimento e le lotte per l’unificazione d’Italia non potevano lasciare indifferente l’animo del compositore. “Nabucco” (con il famoso coro “Va’ pensiero, sull’ali dorate”), “I Lombardi alla prima crociata” (famoso è “O Signore dal tetto natio”), come accennavo poc’anzi, “Macbeth”, “Don Carlo” esprimono il sincero amore patriottico di Verdi e il suo dolore per un popolo oppresso.
A Milano, Giuseppe Verdi frequentò i salotti intellettuali della città, primo tra tutti quello dell’amica Chiarina Maffei, dove fervevano sentimenti ed iniziative anti-austriache. I moti del 1848 lo portarono sicuramente e apertamente a manifestare i propri ideali patriottici. Il nome del Maestro rimarrà per sempre legato agli ideali del Risorgimento, trasformandosi in un acrostico rivoluzionario: “Viva Verdi!”, da leggersi “Viva Vittorio Emanuele re d’Italia!”, scritto per la prima volta sulle mura di Roma all’epoca di “Un ballo in maschera”. Il graffito alludeva ad un’aspirazione che con gli anni stava diventando sempre più popolare e condivisa. Lo stesso Verdi finisce per credere in questo progetto quando soprattutto comprende che l’unità del paese si potè concretizzare non tanto attraverso l’insurrezione popolare e l’inutile e fuori luogo utopia repubblicana di Giuseppe Mazzini, ma esclusivamente con un paziente lavoro diplomatico.
L’Italia in eredità. Giuseppe Verdi, la colonna sonora del Risorgimento è un libro che va letto, ponderato, studiato, approfondito in tutti i suoi aspetti, appunto per gli alti contributi forniti da veri esperti nei vari campi presi in esame. Ma di ciò non avevamo dubbi, dopo la pubblicazione dei precedenti prestigiosi volumi della Collana. Concludo con le parole tratte dalla Introduzione dell’avvocato e saggista Alessandro Sacchi:
Oggi, celebrato e rappresentato in tutto il mondo, Giuseppe Verdi continua ad incarnare al meglio le virtù nazionali, esempio tuttora vivente di come l’Arte possa esprimere i sentimenti e le aspirazioni condivise da un popolo intero.
E speriamo in prossimi ulteriori volumi di questa collana celebrativa essenzialmente della nostra Nazione e delle nostre intramontabili tradizioni.
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Un libro perfetto per...
a chi ama la nostra Italia, la musica ed il maestro Verdi
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’Italia in eredità. Giuseppe Verdi, la colonna sonora del Risorgimento
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