

L’undicesimo canto del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri è un canto mirabile. E non sembri banale. Mirabile innanzitutto per la bellezza e l’alto grado di epurazione dei versi danteschi e per la statura del personaggio protagonista, il Santo di Assisi, figura chiave e ancora attuale della nostra civiltà. Ma mirabile è da intendere soprattutto il modo in cui Dante ci propone la visione prospettica di Francesco: una visione di lontano, in cui il Santo ci appare al centro di una corona luminosa di spiriti sapienti, nel Cielo del Sole, che all’arrivo del poeta interrompe il suo moto incessante per manifestarsi agli occhi del visitatore come un candelabro costituito da candele accese che illuminano il buio.
San Francesco e San Tommaso: la gloria dei due Ordini religiosi


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La più radiante di queste candele è proprio Francesco, che Dante vede di lontano. Non gli parla, non lo interpella direttamente come è solito fare con le altre anime incontrate lungo il suo viaggio oltremondano; si limita a rievocarne la vicenda con dei versi bellissimi, affidati alla voce di un altro grande campione della Chiesa, San Tommaso. Spetta pertanto a una figura di spicco dell’ordine domenicano presentare e illustrare la vita del fondatore e guida dell’ordine francescano.
Analogamente, nel canto successivo, sarà un altro rappresentante dell’ordine francescano a tessere le lodi di San Domenico, in modo tale da suggellare, attraverso la rievocazione dei loro illustri fondatori, la gloria e la necessità storica dei due Ordini religiosi a cui la Provvidenza divina affidò il compito di riformare dalle radici una Chiesa irreparabilmente secolarizzata dalla corruzione e dalla ricerca dei beni mondani.
La vita poetica di San Francesco
Tutta la vita di Francesco viene rievocata dal “parlar diffuso” di San Tommaso, che ne mette in rilievo l’esemplarità e al contempo la struggente, tenera poeticità. Una vita poetica e musicale, quella di Francesco, che ispira i versi del più grande poeta italiano, e di seguito le opere e i testi di artisti e musicisti moderni e contemporanei (si pensi alla splendida versione di Angelo Branduardi contenuta nel concept album dedicato a San Francesco e intitolato L’Infinitamente piccolo, W Edizioni s.r.l., 2000).
Una vita rievocata fin dalla sua origine, in terra umbra, ad Assisi, la città natale che fin dal suo etimo (Ascesi= salita) prefigura il destino e la missione del Santo: un’ascesa incessante verso il Cielo, la Verità, il Sommo Bene. Fin da giovane, del resto, Francesco conforta il mondo con la sua virtù:
Non era ancor molto lontan da l’orto,
ch’el cominciò a far sentir la terra
de la sua gran virtute alcun conforto
(vv. 54-57)
E Dante infatti lo paragona a un Sole; Francesco è stato inviato da Dio sulla Terra per riscaldarla e illuminarla, riscattandola dal buio della corruzione, della violenza, delle eresie imperanti. Il compito di Francesco, "alter Christus", è dunque fatale: riportare alla luce la Terra e in particolare la Chiesa, inabissatasi nella mondanità e nel diniego sfrontato del magistero di Cristo, dalla corruzione presente alla sua nobile e originaria missione di Madre, consolatrice, di Istituzione terrena e celeste che deve curarsi della vita spirituale del popolo di Cristo e della sua salvezza.
Francesco e Madonna Povertà
C’è un altro momento importante nel canto: le nozze mistiche di Francesco con Madonna Povertà, rievocate nella sequenza straordinaria dei vv. 58-75:
ché per tal donna, giovinetto, in guerra
del padre corse, a cui, come a la morte,
la porta del piacer nessun diserra;e dinanzi a la sua spirital corte
et coram patre le si fece unito;
poscia di dì in dì l’amò più forte.Questa, privata del primo marito,
millecent’anni e più dispetta e scura
fino a costui si stette sanza invito;né valse udir che la trovò sicura
con Amiclàte, al suon de la sua voce,
colui ch’a tutto ‘l mondo fé paura;né valse esser costante né feroce,
sì che, dove Maria rimase giuso,
ella con Cristo pianse in su la croce.Ma perch’io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso.
Per dare più rilievo e realistica efficacia al racconto del momento cruciale della vita del Santo, Dante affresca una stupenda visione allegorica, immaginando che Francesco incontri una donna non più giovane, lacera e smarrita, innamorandosene perdutamente.
Questa donna è la Povertà, già sposa di Cristo, rimasta per oltre mille anni vedova e sola. A questa donna solitaria, ormai denigrata e sprezzata da tutti, Francesco dedicherà un amore fedele e assoluto, condividendo con lei ogni momento della sua esistenza, ispirandosi a lei nei pensieri e nelle opere di carità. Il suo amore per Madonna Povertà, suggellato da mistiche nozze, susciterà una profonda sorpresa negli amici fraterni di Francesco, che si affretteranno a seguire gli sposi e a imitarne la condotta, e nel popolo, pronto e disposto a seguire le orme e l’esempio di Francesco e della sua sposa.
La lor concordia e i lor lieti sembianti,
amore e maraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensier santi;tanto che ‘l venerabile Bernardo
si scalzò prima, e dietro a tanta pace
corse e, correndo, li parve esser tardo.Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!
Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
dietro a lo sposo, sì la sposa piace.
La nascita dell’Ordine Francescano
E così, da un sentimento carnale e mistico che suscita emulazione, nasce l’Ordine Francescano, che verrà approvato di lì a poco da Papa Innocenzo. Questi vedrà in sogno nell’esile fraticello (e nella sua sposa) la colonna su cui riedificare la Chiesa di Cristo ridotta in macerie dal peccato, dalla cupidigia e dalle divisioni interne.
Questa invenzione dantesca ha un’evidente valenza simbolica e richiama l’essenza più profonda della vita di Francesco: la scelta di una vita povera (in latino: Paupertas), che non vuol dire miserevole bensì essenziale, fondata sulla ricerca e la cura di ciò che è veramente necessario per avverare un modello cristiano di vita giusta, sobria e santa. A questa scelta, e alla sua sposa, Francesco resterà fedele fino alla morte, umile e coerente come l’intera sua esistenza:
e del suo grembo l’anima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
e al suo corpo non volle altra bara.
La figura di Francesco come modello cristiano di carità
Il canto di Francesco rappresenta anche la chiusura di un cerchio. Completa e suggella una grande, dolorosa riflessione, che si era aperta fin dal canto primo dell’Inferno, quando Dante aveva rischiato, appena uscito dalla selva oscura, di essere dilaniato da tre orribili fiere (la lonza, il leone, la lupa), emblemi della lussuria, della superbia e dell’avidità, i tre peccati che stavano sprofondando il mondo nella perdizione eterna.
Quale poteva essere un antidoto efficace per neutralizzare questi peccati che rischiavano di perdere il mondo?
Nel canto proemiale della Commedia, Dante vaticinava una figura provvidenziale, un uomo forte, voluto dal Cielo, che avrebbe riportato il mondo alla pace e alla giustizia. Il racconto del canto undicesimo del Paradiso sembra rispondere, da lungi, a quell’interrogativo angoscioso e purtuttavia fidente in una possibilità di rigenerazione e riscatto per Firenze, l’Italia e l’umanità tutta. Ed ecco che nel Cielo del Sole, quasi alla fine del suo lungo viaggio, Dante sembra trovare la risposta: nella vita esemplare di Francesco, modello eccelso e umanissimo di carità e sobrietà da contrapporre all’avidità, e nella sua scelta, folle e presaga, di sposare la Povertà.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: San Francesco e Madonna Povertà: analisi del canto XI del Paradiso
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