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Recensioni di libri

Storia di Sciascia di Massimo Onofri

Laterza, 2004 - Un’opera insostituibile per la conoscenza del percorso biografico-letterario di Leonardo Sciascia.

Federico Guastella
Federico Guastella Pubblicato il 04-08-2020
Storia di Sciascia

Storia di Sciascia

  • Autore: Leonardo Sciascia Massimo Onofri
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: Laterza
  • Anno di pubblicazione: 2004

Il libro di Massimo Onofri Storia di Sciascia (Laterza, 2004 ) è una pietra miliare per la conoscenza del percorso biografico-letterario di Leonardo Sciascia. A partire dalla formazione culturale dello scrittore, che si concreta con Pirandello e con Brancati, fino al rapporto con Pasolini, lo studioso ne abbraccia quasi tutte le opere, con maggiori o minori approfondimenti. La bibliografia è estesa e consente una ricerca approfondita su particolari aspetti della produzione sciasciana.

Di estremo interesse è l’attenzione rivolta alla prima opera Favole della dittatura, modulata appunto sul genere favolistico-poetico, ove si consideri, a dirla con Pasolini, che molte delle favole erano la chiusura di brevi liriche. Le osservazioni sono puntualmente calibrate. Per esempio viene in mente il commento che egli fa alla seconda favola. Vi si dice che le scimmie, dopo aver predicato il regno della pace, insieme a tutti gli altri animali, si ritrovarono con entusiasmo attorno a “una fraterna agape vegetariana”. Il topo, trovandosi poi sotto le unghie del recente amico, gli ricorda i principi del nuovo regno. “Sì”, rispose il gatto, “ma io sono un fondatore del nuovo regno”. E gli affondò i denti nel dorso.
Onofri osserva:

“Persino i rivoluzionari non sanno evitare che le cose si rimettano "come per l’antico". Neanche "l’ordine nuovo" può sottrarsi all’eterna legge del Potere. Il discorso di Sciascia muove dalla dittatura fascista, ma sembra estendersi ad ogni forma di totalitarismo, reazionario o progressista che sia. Del resto il libro […] presenta una critica implacabile di ogni ideologia del progresso”.

Da qui il suggestivo titolo di un capitolo del libro: Microfisica del potere (espressione presa in prestito da Michel Foucault a indicare il potere che transita in ogni sfera delle relazioni sociali, e viene da rivolgersi a L’affaire Moro, uno dei libri più inquietanti del secondo novecento italiano). È in tale ambito che lo studioso inquadra le opere di Sciascia sul rapporto potere-violenza-giustizia, sorrette dall’idea di letteratura come forma assoluta di verità celata appunto dai sistemi di dominio. Si tratta di una convinzione mutuata da Gramsci e Lukàcs, ma non sostenuta dalla fiducia nel progresso dell’umanità.

Trattando delle Parrocchie di Regalpetra, opera vista come un “archetipo” della produzione che si esplicherà nei suoi romanzi polizieschi degli anni Sessanta e Settanta, afferma:

"La possibilità di una contro-storia sembra progressivamente sprofondare in una notte di secoli che non ha mai conosciuto un’alba di giustizia e libertà se non nei modi fieri della ribellione individuale".

Si potrebbe altresì ricordare lo sguardo del critico sulla scrittura-memoria di Sciascia quando per esempio nelle Parrocchie rievoca la figura di Matteotti. Ecco i termini con cui Onofri commenta l’episodio

"[Matteotti è] il simbolo di un crimine impunito che può essere rimosso ma non cancellato, fonte irradiante di energia morale, oltre e magari di contro storia […]. La vicenda di tutti gli anti-eroi sciasciani implicherà, sempre e comunque, una riapertura del caso Matteotti, nel duplice senso di processo al Potere e di un elogio alla virtù, nel primato insomma della morale sulla politica e la storia".

I commenti ai brani scelti dell’opera in esame, sostenuti da un linguaggio narrativo e nel contempo rigorosamente concettuale, sono illuminanti, sollecitano alla riflessione sulle ragioni del presente, ampliano gli orizzonti conoscitivi e non perdono mai di vista la tensione morale e civile con cui Sciascia si rapporta alla drammatica realtà siciliana e italiana.
Molte le ragioni che rivelano la sua dimensione contestatrice. Tra esse: “l’irruzione di una violenza cieca e gratuita”, “la sua inaccettabilità”, “il bisogno insopprimibile d’un risarcimento”. Quello che viene fuori è un mondo attraversato da forze irrazionali “per ataviche consuetudini”. E l’irrazionalità è l’esito del pensiero dogmatico e totalitario che, addormentando le coscienze, mortifica la dignità umana. Concetto, questo, da Onofri evidenziato specialmente nel commento alla Recitazione della controversia liparitana dedicata ad A. D. (Alexander Dubcek).
Egli scrive:

"[La dedica] lascia chiaramente intendere che la polemica di Sciascia non è rivolta solo al cattolicesimo ma anche al comunismo, quel comunismo chiesa-madre, irrispettoso delle autonomie e delle eterodossie, fautore spietato di una sorta di dogma dell’infallibilità”.

Puntuale e appassionata dunque la sua indagine sui concetti di verità e di realtà che affiorano già dai racconti che riproducono in forma contratta il repertorio tematico-stilistico dei romanzi e si sostanziano nell’uso parodico del giallo.
Nei suoi scritti Sciascia, a partire dal Giorno della civetta frutto di un lungo apprendistato letterario, guarda alla Sicilia come metafora dell’Italia, facile preda di una perversa industrializzazione e della mancata innovazione per via dell’antica piaga del trasformismo socio-politico. Il suo ritratto è quello di un illuminista sempre alle prese con il problema del male che nasce dai meccanismi mendaci e inquisitori e del potere.

Sciascia è radicalmente scettico eppure non senza l’ottimismo della scrittura che denuncia e tenta di fare scoprire trame e intrallazzi. Il rapporto è tra la letteratura e la realtà: tra una letteratura che vuole redimere “lo strazio della vita” e una vita che pare “irredimibile”. Le resistenze sullo smascheramento delle menzogne del Potere sono pesanti e la divaricazione di cui parla Onofri è tra una letteratura che vuole farsi carico della verità e una realtà che di tale verità sembra fornire “una secca smentita”.

Siamo nel senso profondo delle Cronachette, e lo studioso vi si sofferma insistendo sul ruolo della letteratura che mette sotto accusa la realtà. E non rimane che l’uso della ragione come religione del vivere rispetto all’angosciosa quotidianità. Sotto questo aspetto sottovaluta la “svagatezza” dell’artista come divertimento e divagazione in un tempo felice di vacanza mentale.
Di sottile acume critico il motivo borgesiano di una sovrapposizione tra doppi, privilegiato da Sciascia a comporre nelle facce di una stessa medaglia personaggi che partono da posizioni completamente diverse per una reciproca integrazione. La tensione morale e civile di Sciascia, in definitiva, viene inquadrata in una condizione esistenziale che oscilla fra i disincanti di Montaigne e i coraggiosi paradossi di Pascal.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Storia di Sciascia

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