Inventarsi una vita. Un dialogo
- Autore: Paolo Di Paolo Claudio Magris
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: La nave di Teseo
- Anno di pubblicazione: 2022
Interrogarsi sull’autenticità dell’esistenza: un’indagine sulla scrittura nella costante dialettica letteratura-vita
Claudio Magris ha dichiarato che non scriverà mai una biografia e già questo basta a farci nutrire una profonda riconoscenza per Paolo Di Paolo, che in questo libro intitolato Inventarsi una vita. Un dialogo (La nave di Teseo, 2022) ha raccolto le riflessioni biografiche e non solo del grande autore triestino (nonché professore di lingua e letteratura tedesca nelle università di Trieste, Torino e Friburgo) che – dal 1963 a oggi – ci ha regalato numerosi e famosi saggi sulla cultura mitteleuropea e sulla letteratura in genere; ma anche romanzi, racconti e opere drammaturgiche.
Il libro non è una semplice intervista, né solo una conversazione, ma anche e soprattutto – come recita il sottotitolo – un dialogo fra due autori di generazioni diverse nel quale, attraverso le domande e gli spunti forniti da Di Paolo e rilanciati da Claudio Magris, possiamo essere catapultati nel mondo dello scrittore triestino, nella genesi e nelle sotterranee pulsioni di alcuni suoi libri; tra i quali: Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna (1963); Lontano da dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale (1971); Danubio (1986); Un altro mare (1991); Alla cieca (2005); Alfabeti: saggi di letteratura (2008); Non luogo a procedere (2015); Tempo curvo a Krems (2019).
Magris definisce così il suo mondo letterario:
è quello del genere misto, del romanzo che è saggio e viceversa, dell’incanto lirico o del furore etico che trapassano nell’oggettività epica.
Ma la particolarità del libro è quella di farci conoscere la sua idea di letteratura e scrittura in un continuo confronto con il mondo letterario di Paolo Di Paolo e di alcuni grandi libri e autori della letteratura mondiale attraversandone personaggi, idealità e topos di vecchia data.
La conversazione parte da una malinconica riflessione di Magris sul tempo che passa, sulla continua trasformazione in atto e sulla velocità come paradigma contemporaneo, grazie al primo spunto fornito da Di Paolo che, nel suo recente e interessante libro: Svegliarsi negli Anni Venti (2020), si interroga sui presunti “cambiamenti epocali” che lasciano indietro una certa epoca e ne fanno entrare un’altra, sulla loro effettiva importanza e sulle peculiarità degli Anni Venti del Novecento, in parallelo con quelli del 2000.
Magris afferma di preferire di gran lunga gli Anni Dieci in cui:
veramente moriva qualcosa di grande e nasceva qualcosa di grande
e così arriva alla riflessione sulla distanza sempre più incolmabile tra le generazioni, perché oggi «una generazione non sembra durare venticinque anni, ma molto di meno, che so dieci anni» ed è quasi impossibile parlare di contemporaneità, perché è aumentata notevolmente la velocità con cui tutto è percepito come già passato.
Eppure – come dice Di Paolo – in ciò che scrive Magris nulla veramente dilegua e nei suoi romanzi:
si sente vicina la coesistenza, la contemporaneità di tutti i tempi.
Il libro diventa, poi un percorso sulla ricerca della identità, fa aumentare progressivamente in noi il desiderio di interrogarci sulla “vita vera” e sulla “verità” in genere; tematiche che sono un motivo centrale e costante in ciò che scrive Magris, per il quale la domanda di autenticità, la ricerca della vita vera non deve essere disgiunta dalla consapevolezza che è un’illusione possedere l’una e l’altra, essere detentori di una verità assoluta.
Mentre ci inoltriamo nel flusso di riflessioni, osservazioni e ricordi, abbiamo sempre più la consapevolezza che la dialettica letteratura-vita sia centro ideale di un’indagine sulla scrittura che, come dice Magris:
è come un fiume pronto a rompere i suoi argini, anche quando questi argini sono o sembrano nitidi e saldi. La scrittura ci sorpassa sempre.
Lo scrittore dichiara, inoltre, con lucida consapevolezza che il libro è un dialogo:
sul vissuto più che sullo scritto […] non un dialogo sul privato
Nel quale, forse alla fine resterà qualcosa di “taciuto e sommerso” che Magris definisce come “sottosuolo” ovvero “discariche della nostra anima”: ciò che ognuno di noi nasconde consapevolmente o meno e che, comunque, è importante venga alla luce in un libro come questo.
Alla fine, Di Paolo tira le somme nel bellissimo capitolo intitolato La lucentezza delle cose, nel quale ammira la capacità di Magris di disancorarsi dalla “pesantezza di una letteratura che si ritiene autosufficiente” e dalla “aridità insita nella vanagloria delle parole” grazie al costante aggancio della vita scritta alla vita vissuta.
La scrittura non è mai un fatto solo privato, ma coinvolge necessariamente gli altri, ai quali può far bene e può far male, tanto che trovare la giusta distanza dalla scrittura è difficile come nel rapporto genitori-figli e scrivendo ci si può avvicinare o allontanare dalla vita.
Il libro, guardando costantemente alle dinamiche del romanzo moderno-contemporaneo, affronta il problema del populismo culturale, delle modalità di produzione e consumo della letteratura, del rapporto tra successo di un libro, pubblicità, promozioni e il suo valore effettivo ed è anche una continua riflessione sulla scrittura, sulla sua genesi, su cosa c’è prima di un libro e, soprattutto, su cos’è la scrittura.
Su quest’ultima domanda ci sarebbero infinite possibili risposte. Condivisibilissima è quella di Magris:
Scrivere, comunicare, dare una parte di sé agli altri può essere un gesto di solidarietà, un dono, che apre un dialogo. Ed è soprattutto nel dialogo, nell’uscire da se stessi e nell’incontrare l’altro, che consiste il senso dell’esistenza.
E allora, inoltriamoci nella lettura e forse, alla fine, riusciremo a vedere insieme a Paolo Di Paolo:
Una mappa del mondo dello scrittore, o forse le linee del suo stesso viso
che si sono disegnate dopo aver riletto frasi intere e ritagli di frasi appuntate su un quadernetto con la copertina rossa, mentre dialogava con Magris.
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