I tredici colpevoli
- Autore: Georges Simenon
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2025
I tredici colpevoli (Adelphi, 2025, titolo originale Les 13 Coupables, traduzione di Marina Di Leo) contiene una raccolta di racconti di Georges Simenon (Liegi 1903 - Losanna 1989).
Il giudice Froget, capelli e camicia candidi, abito nero, armato dell’inseparabile taccuino, è uno degli investigatori che, a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, il giovane Simenon testa allorché decide di inventare un personaggio seriale in grado di conquistarsi le simpatie dei lettori. Implacabile nel mettere a nudo la colpevolezza degli indagati, Froget avrà una carriera letteraria breve, ancorché brillante: apparsi nel 1930 su “Detective” a firma Georges Sim, i racconti di cui è protagonista saranno sì raccolti in volume nel 1932, ma il giudice verrà mandato in pensione, poiché nel frattempo è comparso, occupando prepotentemente la scena, un certo commissario Jules Maigret.
In questo volume, sono presenti 15 racconti: Ziliuk, Il signor Rodrigues, La signora Smith, I «Fiamminghi», Nouchi, Arnold Schuttringer, Waldemar Strvzeski, Philippe, Nicolas, I Timmermans, Il Pascià, Otto Müller, Bus, La notte del pont Marie, Lo yacht e la pantera.
Ad affrontarsi erano due pesi massimi, tanto che negli uffici della Procura molti pensavano che stavolta il giudice istruttore Froget avrebbe finito per prendere una batosta, cosa di cui non tutti erano dispiaciuti.
Si legge nel racconto intitolato Ziliuk. Il magistrato sedeva alla scrivania, in una posizione che sembrava scomoda, con una spalla più alta dell’altra e la testa inclinata. Come sempre, era in bianco e nero: il bianco della carnagione, dei capelli tagliati a spazzola, della camicia inamidata, e il nero del vestito di taglio severo. A vederlo, dava l’idea di un uomo di altri tempi. In molti si chiedevano quando sarebbe andato in pensione, visto che pareva sulla sessantina da almeno cinque anni.
Davanti al giudice c’era Ziliuk, il famigerato avventuriero di cui i giornali parlavano da settimane, un ebreo ungherese (o polacco, o lituano, o lettone, non si sapeva di preciso), che, a soli vent’anni, era già stato espulso da cinque o sei paesi europei. Lo avevano beccato (età non ben definita, avrà avuto quarant’anni o trenta, forse di meno o forse di più) in un grande albergo parigino, in seguito ai suoi tentativi di rifilare al presidente del Consiglio la merce che proponeva sempre: documenti diplomatici. Veri o falsi. I pareri erano discordi. Ziliuk aveva già venduto all’Inghilterra carte sovietiche, che avevano provocato una crisi ministeriale e interrotto i colloqui tra i due paesi. Aveva venduto agli Stati Uniti documenti giapponesi e al Giappone documenti americani. C’erano testimonianze della sua presenza in Bulgaria, in Serbia, a Roma e a Madrid. Era prestante. Portava vestiti elegantissimi, quasi sontuosi, ma nell’insieme l’aspetto era quello di un filibustiere.
I tredici colpevoli
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