Storia di Irene
- Autore: Erri De Luca
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2013
Erri De Luca nei primi libri era sorprendente, riusciva a mantenere asciuttissima la sua lingua, ma scriveva anche trame che facevano palpitare il lettore. Da un po’ di tempo, invece, sembra giochi con se stesso per confezionare libri sempre più smilzi, non più di cento pagine, a volta anche meno. Cultura profondissima, il Nostro conosce l’ebraico e la Torah e questo essere studioso e scrittore insieme a molti scalda il cuore, ad altri la sua maestria dà fastidio.
Edito da Feltrinelli, l’ultimo lavoro di Erri De Luca si compone di tre racconti dal sapore di salsedine: il primo "Storia di Irene", poi "Il cielo in una stalla", a finire "Una cosa molto stupida".
Il primo è privo di trama, sono tutte osservazioni poetiche dove spicca la piccola quattordicenne Irene che è gravida di un delfino, proprio l’animale. Ve lo dimostro attraverso le parole:
" Mi guarda seria. Lei sta coi delfini. Qualunque di loro sa fare questi giochi di pensiero meglio di me, dice. Loro sanno le intenzioni, i pensieri cattivi e quelli buoni in testa ai pescatori. Scherzano con le onde sonore che non puoi sentire. Con quelle guardano dentro i corpi. Non mi hanno soltanto insegnato, dice, mi hanno trasformato per farmi stare con loro. Mi hanno messo nelle gambe la spinta della loro coda. Nei polmoni ho la stessa scorta d’aria. Ricevo e rimando pensieri con loro".
Questo potrebbe essere un sogno ad occhi aperti di Erri De Luca che parla in prima persona? Non nascondiamo un certo sconcerto.
Il secondo racconto è quello più bello. L’autore parla del padre, Aldo De Luca, che scappa e si nasconde in una stalla dopo i fatti accaduti dopo l’otto di settembre del 1943. Goliardia, pensosità, chiacchiere tra ragazzi che pensano solo a salvarsi la vita come poi accadrà. Lo scrittore parla del padre con accenti chiari, non sempre di ammirazione.
Il terzo racconto parla dei bassi napoletani, di come la tramontana di settembre li lasci morti di freddo, il più triste destino di che vive in una città immobile e fatale.
"Corto e amaro il mese di febbraio, si diceva da noi di un Sud senza difesa dall’inverno. Al paese del sole succedeva la puzza per il freddo. Spella, sviscera, svuota, sgambetta il freddo"
Peccato per l’eccessiva letterarietà dell’operazione, non amiamo più Erri De Luca visceralmente, come agli inizi, ma è pur sempre un gran leggere.
Erri De Luca presenta "Storia di Irene"
Storia di Irene
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“Qualcuno di loro mi racconta”: così dice la voce narrante, mentre ascolta tra un sorso e l’altro di vino sulla terrazza di un’isola greca. La storia riguarda la vicenda di un singolare personaggio femminile ed essa è narrata nel libro di Erri De Luca che s’intitola, “Storia di Irene” (Feltrinelli, Milano, 2013). In copertina, la delicata immagine del “Mosaico dei Delfini a Delos lo impreziosisce. Sin dalle prime pagine, il lettore si rende conto che il suo mondo è prettamente marino: “Irene va a nuotare di notte. Anche d’inverno. Neanche la burrasca la mantiene a terra. Non usa il fuoco, mangia crudo anche il pesce”. Lei, “creatura delle onde”, ha messo la sua vita in mare e, grazie a loro che l’hanno nutrita di latte denso e di alici azzurre, è diventata come i delfini. Il fantastico, nutrito d’una scrittura paratattica venata di poesia, s’apre al mistero. Totale è il senso di straniamento rispetto al frastuono d’una quotidianità consumistica. Lo scenario è al riparo dal tragico della storia. Crisi, angoscia, disorientamento lasciano il posto al surreale ritmato entro solchi di sacralità senza tempo. Un marinaio alla ricerca di storie s’incontra con Irene alla spiaggia di Flores; il gesto di lei sul grembo viene da lui colto come una frase. Egli capisce le sue parole senza che nessuna di esse viene pronunciata. Comunicano così i delfini, con un linguaggio compreso anche da loro. Quale la storia che Irene tiene racchiusa nel ventre? Lei: “Cresciuta dai delfini, madre di uno di loro”. Anche il marinaio narra le sue peripezie. L’incontro di queste due storie affascina, tiene sempre desta la curiosità; l’incantesimo che le avvolge è regolato dal battito segreto dello stupore, dall’onda magica del mare. Belle le pagine sulle abitudini dei delfini: “Loro sanno le intenzioni, i pensieri cattivi e quelli buoni in testa ai pescatori. Scherzano con le onde sonore che non puoi sentire. Con quelle guardano i corpi”. La grotta nel profondo mare, in cui si compie l’apprendimento di Irene, è luogo di iniziazione, di invenzione di storie: “La nostra specie umana ha bisogno di storie per accompagnare il tempo e trattenerne un poco”. E’ come se le lettere dell’alfabeto fossero gli elementi costitutivi dell’universo; messe insieme diventano parole, le parole generano frasi e da quest’ultime nascono le storie. Tra storia e resoconto, il secondo racconto è incentrato sullo sbandato, dopo l’8 settembre ‘43, Aldo De Luca. Sottotenente degli alpini, si toglie la guerra di dosso al ritorno a casa; un’orchestrina che suonava un “charleston” sembra dargli il benvenuto. Nel corso della vicenda si legge: “Al mattino l’anziano ebreo apriva un libro e lo lasciava aperto. Il vento ne sfogliava le pagine. Lo richiudeva la sera senza aver letto un rigo. Mio padre gli domandò a cosa serviva. La risposta fu che quello era un libro di preghiere, ma non sapeva più pregare. Allora lo lasciava aperto, ci pensasse il vento a pregare …”. Intenerisce e immalinconisce il terzo racconto: il vecchio che nel mese di febbraio corto e amaro va in cerca di sole fino a congedarsi dalla vita, tuffandosi a mare con una capriola di scugnizzo. Si avverte ora il repentino ingresso nel disorientamento, mentre si scopre che tutto quello che accade somiglia a un sogno.
Che bravo Guastella. Recensione splendida.
"La nostra specie umana ha bisogno di storie per accompagnare il tempo e trattenerne un poco. Così io raccolgo storie, non le invento". Così Erri De Luca raccoglie in questo libro tre storie molto significative.
La prima è quella di Irene. Rimasta orfana a quattordici anni, Irene si ritrova incinta. Di notte va a nuotare, anche d’inverno. "Per il villaggio la sua presenza è di striscio". Nessuno sa chi sia il padre del bambino, lei non ne parla con nessuno, tranne con lui, un forestiero. Così si descrive l’autore "Un forestiero".
Irene non ha trovato una famiglia che le volesse bene in quell’isola, ma nel mare trova quello che le manca: i delfini, sono loro che le danno affetto.
"L’immensità del mare è sorella maggiore del grembo materno".
Quando nuota tra le onde insieme con loro, si sente parte dell’oceano, come se anche lei facesse parte della specie marina, come se fosse nata in quelle immense acque. Irene non si esprime a parole, nell’isola pensano che sia sordomuta, ma lei riesce a far capire ciò che sente al forestiero così che possa raccontare la sua storia, una storia magica che sicuramente chi lo legge non si aspetta, un vero e proprio colpo di scena.
Niente da togliere alle altre due storie, anch’esse interessanti, la storia di Irene colpisce dritta al cuore.