Il Natale cantato nei versi di Erri De Luca è uno schiaffo in faccia al nostro finto perbenismo. Sembra farsi beffe dei nostri presepi vuoti, ben illuminati con tanto di statuine e pecorelle, che mostrano il giaciglio vuoto nell’attesa di Gesù bambino. De Luca ci ricorda che il “bambino divino” nasce ogni giorno, soffocando il suo primo vagito nelle stive stracolme dei viaggiatori clandestini. Sua madre non si chiama Maria, ma è una donna come tutte le altre, e ha custodito quel figlio in grembo per mesi, portandolo stretto come una speranza; al fianco del bambino appena nato non ci sono il bue e l’asinello a dargli calore, non c’è alcuna misericordia.
Narrando questa visione moderna della natività, Erri De Luca compone un manifesto incerto dei nostri tempi e rovescia la nostra visione edulcorata, ormai puramente consumistica, del Natale.
Natale è dovunque nasce un bambino, ci rammenta il poeta napoletano e dovunque un bambino muore nella mancanza di pietà dell’uomo verso l’uomo.
Il Natale descritto da Erri De Luca appartiene a una dimensione più intima, a un confronto stretto con la coscienza, ed è al contempo parte di una ragione sociale, collettiva, che ci riguarda tutti, nessuno escluso. Se la festività cristiana ci dice di venerare un “bambino divino”, allora guardiamoli negli occhi tutti questi bambini - ciascuno è sacro - che vengono al mondo ogni giorno nelle condizioni più impensabili e non hanno chiesto di nascere né di morire. Non hanno un vestito né un nome, e i marinai li chiamano tutti “Gesù”, scrive De Luca componendo una sorta di parodia biblica della visione religiosa. Sarete “pescatori di uomini”, diceva il Messia ai suoi discepoli; gli uomini stessi del Vangelo erano pescatori, anche fuor di metafora, e ora il poeta riprende l’immagine del mare che non è un simbolo di misericordia, ma perenne burrasca, emblema della parabola della vita.
Il Gesù bambino che nasce ai nostri giorni “nasce per tradizione, per necessità” e vive appena un’ora di dicembre, non muore con le mani trafitte in croce, incoronato di spine: porta già la sua pena nel primo vagito, condannato ad un viaggio senza destinazione né pace.
La poesia Natale è tratta dalla raccolta Opera sull’acqua e altre poesie (Giulio Einaudi Editore, Torino, 2002). Ne riportiamo di seguito il testo.
“Natale” di Erri De Luca: testo
Nascerà in una stiva tra viaggiatori clandestini.
Lo scalderà il vapore della sala macchine.
Lo cullerà il rollio del mare di traverso.
Sua madre imbarcata per tentare uno scampo o una fortuna,
suo padre l’angelo di un’ora,
molte paternità bastano a questo.
In terraferma l’avrebbero deposto
nel cassonetto di nettezza urbana.
Staccheranno coi denti la corda dell’ombelico.
Lo getteranno al mare, alla misericordia.Possiamo dargli solo i mesi di grembo, dicono le madri.
Lo possiamo aspettare, abbracciare no.
Nascere nella sua vita è una parabola.
Nessun martello di falegname gli batterà le ore dell’infanzia,
poi i chiodi nella carne.
Io non mi chiamo Maria, ma questi figli miei
che non hanno portato manco un vestito e un nome
i marinai li chiamano Gesù.
Perché nascono in viaggio, senza arrivo.Nasce nelle stive dei clandestini,
resta meno di un’ora di dicembre.
Dura di più il percorso dei magi e dei contrabbandieri.
Nasce in mezzo a una strage di bambini.
Nasce per tradizione, per necessità,
con la stessa pazienza anniversaria.
Però non sopravvive più, non vuole.
Perché vivere ha già vissuto, e dire ha detto.
Non può togliere o aggiungere una spina ai rovi delle tempie.
Sta con quelli che vivono il tempo di nascere.
Va con quelli che durano un’ora.
“Natale” di Erri De Luca: commento
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Erri De Luca ci presenta il Natale come l’ultima festa dell’anno, quella che in qualche modo ci costringe alla resa dei conti. “So this is Christmas. And what have you done?” cantava John Lennon richiamando nostalgicamente il confronto tra l’uomo e la sua coscienza, che in fondo è uno dei grandi temi letterari del Natale, a partire da Christmas Carol di Charles Dickens. Il poeta napoletano nella sua Natale ci richiama a un confronto spietato con le nostre coscienze, proponendoci delle immagini istantanee del presente: mostrandoci così il vero presepio, la natività contemporanea, quali sono le Marie e i Gesù bambino dei nostri giorni.
Si concentra poi sul senso più stretto del Natale, che è quello della nascita: in questa festa di luce in cui celebriamo la nascita divinizzata dal cristianesimo, non può mancare una riflessione su cosa significhi nascere, venire al mondo, al giorno d’oggi. Ed è così che Erri De Luca ci mostra la capanna vera che si trova al di fuori delle nostre belle case addobbate per le feste e oggi si è trasformata nella stiva di una nave. La nascita, osserva drammaticamente De Luca, oggi dura persino meno di un giorno per molti bambini. Anche loro nascono in viaggio - come Gesù - e le loro madri li partoriscono con dolore in giacigli di fortuna, il cordone ombelicale gli viene strappato a morsi. Non è poi molto diverso dal nascere in una stalla, ma manca la visione confortante che appartiene all’immaginario religioso: il bue, l’asinello, i pastori, la cometa, i magi.
“E vieni in una grotta al freddo e al gelo”, dice una delle più celebri canzoni di Natale che Erri De Luca sembra riattualizzare nei versi della sua Natale. Gesù venne al mondo, ultimo tra gli ultimi, così come questi bambini migranti che spesso non hanno neppure il tempo di nascere: la loro parabola divina è così breve su questa terra, spesso dura appena il tempo di un respiro, ma non per questo è meno significativa o simbolica nel suo messaggio.
Questi bambini sono tutti Gesù bambino, ci ricorda Erri De Luca, facciamo tesoro di questa natività che si consuma nei nostri mari e riflettiamo su questi presepi contemporanei, così poveri di carità. In questi luoghi ha origine la “parola”, ci dice il poeta, il messaggio che abbiamo sfregiato con tavole imbandite e cenoni, ammirando con compiacimento lo scenario povero del presepe, quasi si trattasse di una cartolina o di un pezzo d’arredamento.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Natale” di Erri De Luca: l’attualità della natività in poesia
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