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Recensioni di libri

Conversazioni con l’eternità. Il capolavoro dimenticato di Victor Hugo di John Chambers e Martin Ebon

Non è molto risaputo che Victor Hugo visse incontri con l’aldilà insieme alla sua famiglia tra il 1853 e il 1855. Il racconto di questi incontri è conservato in alcuni scritti, qui raccolti dagli studiosi di parapsicologia Chambers e Ebon.

Graziella Atzori Pubblicato il 01-01-2021
Conversazioni con l'eternità. Il capolavoro dimenticato di Victor Hugo

Conversazioni con l’eternità. Il capolavoro dimenticato di Victor Hugo

  • Autore: Victor Hugo
  • Genere: Storie vere
  • Categoria: Saggistica

La sopravvivenza dell’anima è sempre stata un tema al centro della speculazione filosofica e cardine della fede. Sperimentare in merito, però, attraverso la comunicazione con i defunti, o con entità spirituali angeliche, oltre che un tabù per il cattolicesimo, è un’esperienza riservata soltanto ai sensitivi.
Non è molto risaputo che Victor Hugo, gigante della letteratura mondiale, ebbe il privilegio di vivere incontri con l’aldilà insieme alla sua famiglia, tra il 1853 e il 1855. Il poeta si trovava esiliato nell’isola inglese di Jersey sulla Manica, per la sua opposizione all’impero di Napoleone III, lontano dal mondo culturale e immerso in una natura stupenda e selvaggia. Le comunicazioni straordinarie di quegli anni plasmarono il suo spirito, placandolo e consolandolo; hanno fornito una visione, rafforzato il credo nella sopravvivenza attraverso dialoghi serrati e vertiginosi con interlocutori invisibili che si manifestavano attraverso il linguaggio scandito dai colpi di un piccolo tavolino circolare, fornito di una sola gamba a stelo.

Tutto ciò è raccontato in comunicazioni trascritte e raccolte nel libro Conversazioni con l’eternità. Il capolavoro dimenticato di Victor Hugo, tradotto e a cura di John Chambers, con introduzione di Martin Ebon, due studiosi di parapsicologia di fama mondiale (Edizioni Crisalide, 2002, pp. 259).
Victor Hugo era stato colpito dalla sciagura dolorosissima della morte di Leopoldine, la sua giovane figlia diciannovenne, la preferita, annegata insieme al marito in un battello rovesciatosi a causa del maltempo. Per lei aveva scritto i versi accorati:

"Ti ho perduto, o figlia preziosa / che riempi, o mio orgoglio / il mio intero destino / con la luce del tuo catafalco".

Intero destino... Possiamo sentite l’eco di un dolore perenne. Hugo era piuttosto scettico riguardo alla presenza degli spiriti nelle sedute mediatiche, tanto da aver confidato al figlio Charles, medium conclamato, che le comunicazioni provenivano dalla profondità psichica del figlio stesso. La sua opinione però era destinata a cambiare radicalmente. L’11 settembre 1853 giunse un’entità presentatasi come "una ragazza morta"; alla richiesta del nome, enorme fu l’emozione nel sentire compitare, anzi battere, "Leopoldine". Il numero dei colpi corrispondeva alla sequenza alfabetica delle lettere. Per esempio A corrisponde a un colpo. Charles chiese alla sorella dove si trovasse, la risposta fu “Di Dio” e “Luce”.
Un’altra presenza fu "L’Ombra del Sepolcro", angelo della morte, giunto il 13 settembre 1853 a rivelare che lo scopo, il senso del suo arrivare, era “Credere”. Credere, per i partecipanti, nell’eternità. Inoltre disse:

"La morte è la mongolfiera che porta l’anima in cielo. [...] L’infinito è un vuoto completamente pieno.”

Quanto crediamo vuoto in realtà è saturo di spiriti. L’entità successiva fu J.J. Rousseau, che rinnegò il diritto umano al suicidio, diversamente da quanto aveva creduto in vita. Fece seguito una lunga lista di personaggi, compresi Mosè, Platone, Aristotele, Annibale, Galileo, Lutero, Mozart... molti altri ancora. Vennero catalizzate energie capaci di spiegare i moti occulti del destino, i segreti della materia e della psiche, in un’atmosfera di esaltazione travolgente.
Le lezioni dello spirito “Giosuè” riguardavano la struttura olografica dell’universo:

"L’uomo è un io popolato da altri io che non lo conoscono, e che egli non conosce. Ognuno di questi io è a sua volta pieno di altri io, e così via all’infinito. [...] Come un atomo immenso, il più piccolo io contiene uno schema completo di tutti gli io. [...] Dio ha piantato il seme di ogni essere in ciascun essere."

Sono comunicazioni vertiginose. Sembra di sentire risuonare l’antica formula greca "En kai Pan", “Uno e Tutto”, ripresa dagli umanisti fiorentini e poi da Giordano Bruno, ma non è estranea alla fisica moderna. Sul piano spirituale, l’ologramma significa che ovunque e in ciascuno di noi è impresso il Bello, il Buono e il Vero, come pure le tre virtù teologali. Questo seme prezioso, che chiamiamo Logos, onnipervasivo, va scoperto con la ricerca interiore e assunto, coltivato responsabilmente.
La visione che scaturisce dal libro è grandiosa. Ciò poté avvenire, spiega Chambers, perché:

"Hugo era un uomo arcaico, uno stupefacente regresso filogenetico che cercava di mantenere il contatto con quel mare di Gaia che è la somma, e più che la somma, di tutte le parti della terra.”

E qui, a proposito dell’uomo arcaico, si può accostare alle conversazioni con gli spiriti l’esperienza dell’inconscio collettivo, accumulata da C.G. Jung in decenni di pratica analitica, da cui scaturisce la sua teorizzazione riguardante la "funzione trascendente della psiche": una parte della psiche trascende spazio e tempo.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Conversazioni con l’eternità. Il capolavoro dimenticato di Victor Hugo

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