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Recensioni di libri

Bartleby lo scrivano di Herman Melville

Bartleby sovverte il sistema, pone le sue preferenze davanti alla logica spietata ed apparentemente razionale di Wall Street. L’eroe dell’inazione e della disobbedienza civile. Un’opera potente e stravagante.

Alfonso Cernelli, scrittore
Alfonso Cernelli, scrittore Pubblicato il 17-11-2011

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Bartleby lo scrivano

Bartleby lo scrivano

  • Autore: Herman Melville
  • Genere: Classici
  • Categoria: Narrativa Straniera

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Quando si parla di Bartleby, il principale protagonista di questo singolare e incredibile racconto di Melville, si pensa inevitabilmente all’assurdità dei comportamenti umani. La vicenda di questo libro mi riporta ad un’altra storia, ovvero quella descritta da Beckett in “Aspettando Godot”, in cui due personaggi, altrettanto assurdi e fuori dalle regole, incontrandosi una sera per caso in aperta campagna, decidono di aspettare un certo Godot di cui non sanno nulla. E poi c’è Meursault, anch’egli impiegato come Bartleby, il personaggio ancora più assurdo uscito dalla penna di Camus nel romanzo “Lo straniero”, il quale vive nella più completa apatia verso se stesso e il mondo; egli, dopo aver ucciso una persona senza motivo, viene condannato in un contesto inquietante ed irreale. Ed infine Kafka, con il suo romanzo “Il processo”, il cui protagonista - impiegato pure lui (quasi a voler significare che la categoria degli impiegati sia quella più idonea a raffigurare l’assurdità del mondo) viene accusato, arrestato e processato per motivi misteriosi ed incomprensibili e finisce per accettare la condanna per una colpa non commessa e persino ignorata.

“Bartleby lo scrivano” è un libro dalle mille possibili interpretazioni. Il lettore, e assieme a lui l’anziano avvocato narratore della vicenda, sono portati a chiedersi cosa si nasconda dietro quell’uomo che, impiegato come copista presso un prestigioso studio legale di Wall Street, un giorno decide di non obbedire più, di non scrivere e di non prestarsi ad alcun servigio. Bartleby, mostrandosi contrario ad ogni comune principio di ragionevolezza, dichiara di “avere preferenza di no”. Ed infatti, nella molteplicità di interpretazioni che di tale figura sono state date, la più sincera e vicina al vero resta quella dell’avvocato, che lo definisce “uomo di preferenze e non di assunti”. La frase che Bartleby usa ripetere, e che rimane indelebile nella mente del lettore, quel “preferirei di no”, è spiazzante, rivoluzionaria nella sua veste apparentemente dimessa. Il “preferirei di no” di Bartleby inibisce ogni reazione, porta istintivamente a conformarsi a lui, impedisce persino la comminazione di una punizione. Quando un uomo oppone alle ragioni del sentire comune una sua preferenza negativa, non resta che soccombere.

A mio avviso proprio la sua insubordinazione rende Bartleby un personaggio diverso dai vari “inetti” della letteratura, spesso incarnati dalla figura dell’impiegato. Il personaggio di Melville non è Alfonso Nitti di Svevo, né il Demetrio Pianelli di De Marchi o il signor K. di Kafka: laddove questi ultimi soccombono miseramente al sistema, travolti dalle loro inquietudini e debolezze, Bartleby sovverte il sistema, pone le sue preferenze davanti alla logica spietata ed apparentemente razionale di Wall Street. L’eroe dell’inazione diventa così di colpo un potente simbolo anticapitalista.
La sua forma di ribellione civile è molto simile a quella di Thoreau, con la differenza che, mentre quest’ultimo sperimenta una forma di allontanamento fisico dalla società cosiddetta civile, Bartleby invece erode criticamente le regole del sistema pur non allontanandosi fisicamente da esso.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Bartleby lo scrivano

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