Togliamo il disturbo
- Autore: Paola Mastrocola
- Genere: Scuola
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2011
Paola Mastrocola torna in libreria nel 2011 con "Togliamo il disturbo", pubblicato da Guanda. Con sottotitolo "Un saggio sulla libertà di non studiare", il libro nasce da una provocazione dell’autrice, professoressa di lettere: "Siamo sicuri che serva ancora andare a scuola?"
Seguiamo la sua presentazione durante l’intervista a Che tempo che fa:
Questo libro è una battaglia, perché la cultura non abbandoni la nostra vita e prima di ogni altro luogo la nostra scuola, rendendo il futuro di tutti noi un deserto. È anche un atto di accusa alla mia generazione, che ha compiuto alcune scelte disastrose e non manifesta oggi il minimo pentimento. Infine, è la mia personale preghiera ai giovani, perché scelgano loro, in prima persona, la vita che vorranno, ignorando ogni pressione, sociale e soprattutto famigliare. E perché, in un mondo che li vezzeggia, li compatisce, e ne alimenta ogni giorno il vittimismo, essi con un gesto coraggioso e rivoluzionario si riprendano la libertà di scegliere se studiare o no, sovvertendo tutti gli insopportabili luoghi comuni che da almeno quarant’anni ci governano e ci opprimono. (Note di copertina)
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Togliamo il disturbo
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La prof Mastrocola vende libri che vengono graditi da un pubblico che ha della scuola un’idea molto particolare; una delle affermazioni più provocatorie è che nessuno studente deve essere obbligato a studiare Kant, può benissimo scegliere di fare il falegname. Io suggerisco di leggere sul tema della scuola libri diversi da quelli della Mastrocola, dalla cui impostazione dissento. "Cuanta pasiòn" di Giulia Alberico; "Lettera da una professoressa" di Norma Stramucci, e poi Lodoli, Mazzocchini, Silvia Dal Pra, Eraldo Affinati.
Anche io dissento dalla tesi proposta in questo libro.
Perché?
Perché credo che la cultura sia fondamentale.
Chi l’ha detto che un falegname non debba conoscere Kant?
Io dissento profondamente da questa mentalità, invero alquanto CLASSISTA, che vorrebbe escludere dalla cultura coloro che non vogliono o non possono intraprendere un percorso professionale specialistico.
La cultura deve essere diffusa, come ha fatto Bertrand Russell, perché solo con l’aumento della stessa si può raggiungere la civiltà.
Un ragazzo non vuole studiare? Bene, allora è compito degli insegnanti e dei genitori fargli comprendere che la cultura è fondamentale per la formazione della coscienza dell’individuo, e non solo per esercitare una specifica professione.
E questo è vero qualsiasi sia il lavoro che il giovane vorrà un domani svolgere.
Sono entusiasta dopo la lettura del libro. Ho condiviso ogni pensiero della scrittrice. Finalmente una visione della scuola realistica in controtendenza rispetto ai luoghi comuni e ipocriti della scuola per tutti che finisce per non dar niente a nessuno. Non è affatto classista l’idea della scuola della professoressa anzi semmai è interclassista perchè basata sull’idea che la cultura non vada imposta ma scaturisca dall’amore e dalla passione per lo studio. Un falegname leggerà Kant senza essere obbligato a farlo e se deciderà di mettersi a fare il filosofo lo farà con consapevolezza e senza imposizione. Grazie prof. Mastrocola per il contributo attento e meticoloso che ha dato alla scuola italiana e alla nazione con il suo meraviglioso testo.
A scuola si deve studiare. Chi non ha voglia di studiare impari un mestiere. Duecentosettanta pagine di luoghi comuni per arrivare a questa rassicurante ovvietà, sono veramente troppe. E’ comprensibile che il libro (pomposamente definito "saggio") piaccia ai molti insegnanti avviliti che si riconoscono nelle frustrazioni della prof. Mastrocola. Ma al di là di una demagogia di facciata, ovvero di un distillato dei lamenti che quotidiamente si levano dalle sale-professori delle scuole italiane, nel presunto "saggio" non c’è altro. Non c’è rigore scientifico. Non c’è contestualizzazione. Non c’è rispetto per Don Milani e per Gianni Rodari che, pur con i loro limiti, certamente hanno dato alla nostra scuola più di quanto la prof. Mastrocola sappia dare. C’è soltanto una operazione commerciale che, sfruttando il disagio del corpo docente, sicuramente consente e consentirà di vendere un bel po’ di copie. Tutto qui.
Ma perchè ogni volta che si dice la verità sulla scuola italiana arriva qualche famigerato pedagogista-buonista a dire che va tutto bene e che sono gli insegnanti ad essere frustrati? Sono insegnante e non mi sento affatto frustrata ma con tanta voglia di scoperchiare il vaso di Pandora e far emergere la verità che è dinanzi agli occhi di tutti. La prof Mastrocola lo ha fatto per me e si trattasse anche di un’operazione commerciale mi va bene lo stesso. Ogni giorno si pubblicano montagne di libri, molti dei quali scritti con un italiano pessimo e dai contenuti ridicoli. Una volta tanto che si legge qualcosa scritta bene, ironica al punto giusto e intelligente arriva il detrattore "pseudo educatore" a criticare e a mistificare la realtà. Ognuno ha il diritto di leggersi ciò che vuole e trarne le conclusioni. E’ possibile che il libro di Paola Mastrocola abbia colmato le mie presunte frustrazioni, in ogni caso sarà stato opera meritoria per aver assicurato qualche ora di benessere psico-fisico ai "frustrati" non ipocriti 🙂
Cara collega, sono d’accordo con te. Ma allora diamo a questo libro il nome appropriato, e non chiamiamolo "saggio": chiamiamolo un piacevole testo di intrattenimento. Le garbate ovvietà da salotto vanno benissimo, purchè si presentino come tali. La saggistica è un’altra cosa.
Io vorrei capire se le persone che hanno commentato qui sotto hanno letto o meno il libro, dal momento che sembrano non aver colto il messaggio fondamentale. Ho 27 anni e dunque una (abbastanza) recente esperienza scolastica.
Trovo che il libro dica cose ovvie e condivisibili, sì. Ma proprio il fatto che siano ovvie e tanto contestate ci dovrebbe far capire a che punto siamo arrivati. Forse un punto di non ritorno. Lo dimostra lo stato penoso in cui versa la nostra società.
Sono felice che finalmente qualcuno abbia avuto il coraggio e l’occasione di dire cose che in molti (pur se in minoranza) pensiamo più o meno in silenzio.
Qando un libro che ci squaderna davanti tante ovvietà ha tanto sapore di verità -come questo della Mastrocola - vuol dire che molti, troppi non riescono più a vedere la verità (della scuola italiana). Quindi sottolineare l’ovvio diventa indispensabile, quasi una profezia da disperati. O no?
Dopo 32 anni, penso di sapere un po’ insegnare e
quando sento che la colpa è dei docenti se i ragazzi non studiano, se permettete, divento verde dalla rabbia.
Dal ’68 in poi, lo studio serio, impegnato, fatto anche di sacrificio (sì, di SACRIFICIO, perchè la vita non è affatto puro divertimento...anzi) è diventato un tabù.
Oggi, lo studente, fin dal suo primo ingresso nella scuola, deve essere divertito, sollazzato, guai ad annoiarlo, guai a chiedergli una fatica in più, pertanto se un docente non sa fare da ANIMATORE da spiaggia, è ritenuto un fallito, è una nullità.
Personalmente sono ultrastufa di sentirmi scaricare addosso colpe che non ho, colpe che semmai scaturiscono da un pensiero buonista dilagante, da una pedagogia moderna che ha generato anche "piccoli mostri", come quelli di cui l’odierna cronaca è strapiena.
Non credo di essere l’unica insegnante di Lettere delle Scuole Medie, appassionata al proprio lavoro, a ritenere più di una volta offensivo ciò che la Mastrocola sostiene a proposito dell’incapacità di scrivere dei ragazzi, imputando implicitamente la colpa a chi, prima di lei, ha tentato con ogni sistema possibile, di insegnar loro l’ortografia, la sintassi del periodo complesso, la punteggiatura, l’etimologia delle parole, la loro bellezza, a scrivere insomma. Io ho smesso di imputare la colpa del loro "non saper scrivere" alle maestre che mi hanno preceduto, perché il problema è un altro e la Mastacola lo ha ben individuato, quindi oltre che offensiva, la ritengo contraddittoria. Sono un’insegnante di cinquantacinque anni, una di quelle "all’antica", che fa scrivere e insegna ai suoi alunni la letteratura, con passione e cercando sempre il modo di affascinarli e di coinvolgerli.
Il mondo in cui i ragazzi vivono ci rema contro, ma io insisto. Un piccolo particolare: mi ha non poco "disturbato", in una persona che ama le parole e il latino, l’errore di mancato congiuntivo (comune, appunto, nei testi dei ragazzi) a pagina 32: "...forse pensano che....sono solo parole", laddove la soggettività insita nel verbo pensare esigeva il congiuntivo.
Donata
Una donna arrogante. L’insegnante dovrebbe essere prima di tutto umile di fronte a tanta responsabilità...
Diffido di chi ha ricette troppo facili, veri e propri dogmi più o meno raccontati in modo "umoristico?". No, non riesco a sorridere... Ho in mente tante vite davanti a me che hanno bisogno di noi anche se mostrano la faccia aggressiva...
A lei potrebbero rispondere pagine di George Steiner, di Borges, di Maria Zambrano, e Bauman che a lei ha dedicato una bellissima pagina critica e tanti altri da cui forse dovrebbe imparare.
Io non sono nessuno per criticarla, ma loro sì...