Riccardin dal ciuffo
- Autore: Amélie Nothomb
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Voland
- Anno di pubblicazione: 2017
“Riccardin dal ciuffo” (Voland, 2017, titolo originale Riquet à la houppe, traduzione di Isabella Mattazzi) di Amélie Nothomb è una reinterpretazione in chiave moderna di Enrichetto dal ciuffo, favola di Charles Perrault (1628-1703), che parla dei misteri dell’amore e della natura umana.
“Incinta a quarantotto anni per la prima volta, Enide aspettava il parto come gli altri la roulette russa”.
C’era una volta a Parigi una donna, minuta e gracile che desiderava tanto avere un bambino. Ora dopo circa trent’anni di felice matrimonio con Onorato quel momento era giunto. Quando i genitori videro il neonato per la prima volta, trovarono l’aspetto del figlio ripugnante: grinzoso, gli occhi semichiusi, la bocca infossata. Il dottore aveva rassicurato entrambi che il neonato era sano come un pesce. Onorato ed Enide si dovettero rassegnare ad amare Deodato, come avevano deciso di chiamarlo, anche se la neomamma aveva pensato al nome di “Riccardin dal ciuffo”. Amici e parenti erano accorsi a conoscere il piccolo Deodato alla cui vista, dopo un silenzio atroce, azzardavano qualche commento dall’indelicatezza più o meno variabile. Il bambino non piangeva mai e sembrava intuire il ribrezzo che causava negli occhi di chi lo guardava. La mamma lo amava molto anche in virtù della sua bruttezza a cui corrispondeva altrettanta intelligenza che la fine mente di Deodato aveva dimostrato molto presto. La sua culla era il suo universo e il piccino, lasciato solo con se stesso, poteva abbandonarsi all’ebbrezza di esplorare il proprio cervello:
“Ci scopriva paesaggi così grandi e belli”.
Deodato a soli tredici mesi era in grado di pronunciare una frase di senso compiuto adatta a un adulto.
“Sull’altra riva della Senna, una giovane coppia, mise al mondo una bambina”.
Il padre Gelsomino e la madre Rosa l’avevano chiamata Altea.
“Un rampicante dai fiori di rosa è un’altea”.
La neonata era bellissima con i lineamenti di una bambola di porcellana. Altea era stata affidata alla nonna Malvarosa, che viveva in una bella tenuta fuori città perché Rosa era tornata a lavorare. Nonna e nipote si volevano molto bene. Come la piccola era giunta in quell’universo fiabesco, uno stupore incantato verso il mondo che la circondava era nato in lei. Altea, non possedendo una brillante intelligenza, era stata lenta a parlare.
“Riccardin dal ciuffo è una favola totalmente moderna, perché viviamo nel mondo delle apparenze. Barbablù e Riccardin dal ciuffo sono le fiabe che hanno più contato nella mia infanzia. Enrichetto dal ciuffo è una fiaba molto breve e riadattarla è stato più complicato rispetto a Barbablù dove ho cambiato molte cose rispetto alla fiaba originale, facendo in modo che l’orco diventasse immensamente affascinante. Nel mio Riccardin dal ciuffo il problema era dare corpo ai due personaggi, farli diventare veri”
ha recentemente rivelato la scrittrice belga durante il suo tour in Italia in occasione della presentazione del volume. La penna leggera ma vivace, a tratti ironica si diffonde tra le pagine del libro emozionando il lettore. La tenera storia d’amore di Deodato e Altea, entrambi emarginati uno per la bruttezza e l’altra per la bellezza fuori dal comune, illustra che la vera beltà dimora nell’anima.
“Altea non vedeva più la bruttezza di Deodato da quando lo amava”.
Riccardin dal ciuffo
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