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Premio Strega

Premio Strega Europeo 2022: vincono Amélie Nothomb e Mikhail Shishkin in ex aequo

Nella serata di ieri, domenica 22 maggio, è stato proclamato il vincitore del Premio Strega Europeo presso il Circolo dei Lettori di Torino. A sorpresa, vincono in ex aequo la nona edizione Amélie Nothomb e Mikhail Shishkin.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 23-05-2022
Premio Strega Europeo 2022: vincono Amélie Nothomb e Mikhail Shishkin in ex aequo

La nona edizione del Premio Strega Europeo ha riservato una sorpresa inaspettata, ma graditissima. Ieri sera al Circolo dei Lettori di Torino è stato proclamato non un solo vincitore: ma ben due, il premio quest’anno fa il bis e si sdoppia.
Vincono in ex aequo Amélie Nothomb con il romanzo dedicato al padre Primo sangue (Voland) e lo scrittore russo dissidente Mikhail Shishkin, con il libro epistolare Punto di fuga (21lettere) che racconta una storia di guerra e d’amore che oggi appare profetica.

Una vittoria che riflette drammaticamente i tempi in cui viviamo, segno che la guerra ha fatto irruzione anche al Premio Strega sotto forma di narrazione: il trionfo di Mikhail Shishkin è letterario, ma non solo, conferma la visione della scrittura come atto politico.
La vittoria della scrittrice belga Amélie Nothomb era invece attesa, come il coronamento supremo di una carriera letteraria sopraffina che ha già ricevuto il riconoscimento, e la benedizione, dei lettori di tutto il mondo. Nothomb vince con la sua storia più struggente e necessaria, nata dal dolore per la morte del padre: la scrittura, ha affermato l’autrice, ha agito come una forma di risarcimento, è stata un atto di sopravvivenza.

I due vincitori hanno ottenuto esattamente 6 voti ciascuno su un totale dei 25 espressi dalla giuria composta da scrittori vincitori e finalisti del Premio Strega. Il riconoscimento è stato assegnato di pari merito anche alle due traduttrici, Federica Di Lella e a Emanuela Bonacorsi, per ribadire l’importanza che hanno le traduzioni come strumento di dialogo e di conoscenza tra i popoli.

Ricordiamo cosa hanno raccontato i due autori vincitori sui rispettivi romanzi nel recente incontro con i cinque finalisti al Premio Strega Europeo che si è tenuto presso la Casa delle Letterature di Roma.

Amélie Nothomb, “Primo sangue” (Voland), tradotto da Federica Di Lella

È una storia straordinariamente intima quella che Amélie Nothomb narra in Primo sangue (Voland), libro vincitore del prestigioso Prix Renaudot, la storia di suo padre. Il trentesimo romanzo della grande scrittrice belga è anche quello più doloroso e necessario.
Nothomb descrive la scrittura del libro come un “atto di sopravvivenza”, la reazione istintiva al dolore terribile della perdita del padre. Il libro diventa un’occasione per rielaborare il lutto.
L’autrice ha ricordato la stretta somiglianza che la legava al padre, sin dall’infanzia, e ha ribadito la necessità che l’ha guidata alla scrittura:

Visto che sono Patrick Nothomb lascerò che mio padre parli attraverso di me. E ho scoperto che mio padre viveva in me, che non era morto. Era lì e chiedeva solo di esprimersi attraverso di me.

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Mikhail Shishkin, “Punto di fuga”, (21lettere), tradotto da Emanuela Bonacorsi

Il grande scrittore russo Mikhail Shishkin è autore di Punto di fuga edito dalla casa editrice modenese 21lettere. Un libro scritto nel lontano 2010, che tuttavia oggi suona profetico.
È un romanzo epistolare, strutturato come un compendio di lettere. La particolarità è che non c’è nessuna simmetria tra le lettere che non rispettano i tempi di risposta, ma diventano dei racconti fini a se stessi, asincroni. Sono le lettere di un soldato, Volodya, che ha combattuto in una guerra di cento anni fa in Cina. Una guerra lontana nel tempo, che tuttavia ricorda drammaticamente il nostro presente.

Mikhail Shishkin ha iniziato il suo discorso evadendo di proposito le domande sul libro per lanciare un messaggio toccante:

Volevo dire che mi duole il cuore essere russo. In questi giorni la lingua russa non si associa a Tolstoj, Dostoevskij, ma al massacro di Bucha.
E per me in questo momento è importante come non mai lottare per la mia madrelingua. Putin ha fatto sì che la mia lingua diventasse la lingua degli assassini, invece la mia lingua è la lingua della cultura.

Durante l’incontro presso la Casa delle letterature, le parole dello scrittore russo sono state accolte da un applauso scrosciante. Attraverso la storia del suo protagonista, il soldato Volodya, Shishkin ha voluto ribadire l’insensatezza e l’inutilità di ogni guerra che è per definizione contro-natura. Ogni combattente, ha ribadito Shishkin ricordando suo padre, vuole soltanto una cosa sopravvivere, e ha fame di vita, di amore e di calore umano.
Narrando una storia di guerra Mikhail Shishkin ha voluto raccontare il senso della vita. Il suo libro è senza dubbio una risposta preziosa ai fatti sconcertanti del nostro presente.

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