

Gli uomini pesce
- Autore: Wu Ming
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2024
Gli uomini pesce è un atto d’amore per il Po, la sua valle, il suo Delta, ma è anche un libro su ogni territorio afflitto, e sulle resistenze che conoscerne la storia può suscitare.
Così scrive Wu Ming 1 nei Titoli di coda del suo romanzo Gli uomini pesce (Einaudi Stile Libero, 2024) e ci dice con estrema precisione già tutto di questo suo potentissimo libro. Si tratta infatti di un “romanzo geografico” il cui protagonista è un territorio anomalo e paradossale perché apparentemente naturale, ma in realtà altamente tecnologico: sono le idrovore che incessantemente pompano acqua per mantenerlo una pianura coltivata così come lo conosciamo oggi, quando invece la vocazione del Delta del Po è solamente quella di ritornare a essere palude.
A una prima lettura potrebbe sembrare un romanzo storico, considerati i differenti piani temporali che si intersecano, ma in realtà la Storia si pone al servizio della geografia. Ed è proprio una geografa, Antonia, a far muovere la storia, una giovane donna che nell’estate del 2022 ritorna a Ferrara per il funerale dello zio e suo mentore, colui che ne ha plasmato la coscienza, l’intellettuale Ilario Nevi, morto all’età di novantanove anni per un colpo di calore. Ecco il piano temporale principale, l’estate più calda del secolo, ricordata come quella della grande siccità che ha costretto il Governo italiano a dichiarare lo stato d’emergenza: è l’anno dei razionamenti d’acqua, delle dolorose immagini al telegiornale del territorio in grave sofferenza, del cuneo salino che nel fiume Po raggiunge i 40 km dalla foce. L’Italia vive un momento difficile che è anche quello del post-pandemia che ha segnato i corpi e le coscienze.
Antonia scopre sullo zio Ilario cose sconvolgenti e misteriose e inizia il suo viaggio alla scoperta della vera identità dello zio e, in fondo, di sé stessa: lei come il Po, è in crisi, è “in secca”, soffre di “ansia climatica”. C’è una magica corrispondenza tra il territorio ed i personaggi: se Antonia è come il Grande fiume, Ilario è come le valli, ha una natura anfibia dai confini sfumati, terra e acqua. Antonia inizia ad indagare sul passato di Ilario e scava fino ad arrivare nel vecchio mondo della Resistenza, dove ritroviamo Erminio Squarzanti, già protagonista de La macchina del vento, il precedente romanzo di Wu Ming 1, che di ritorno da Ventotene si lega intellettualmente proprio ad Ilario. Sono compagni di lotta insieme anche a Renata Viganò proprio nelle valli, contro il nazifascismo. Ed ecco che il secondo piano temporale prende forma: la Resistenza con il bene e il male, le feroci torture e gli stretti legami vissuti in quei luoghi sperduti.
Alla Storia si intreccia a questo punto la dimensione fantastica, onirica, quella degli uomini pesce, creature misteriose del Po, metà uomo e metà pesce, avvistate secondo la cronaca negli anni Ottanta, che salvano Ilario. È un sogno? È realtà? Il confine è labile e poco importa scoprirlo, perché i confini tra realtà e finzione non esistono in un’opera che come questa sfugge a qualsiasi definizione ed etichetta certa. Seguendo il criterio dell’intersezionalità, pagina dopo pagina il lettore entra in contatto con tanti e diversi temi compresenti che appunto si sommano, si intersecano: la lotta ambientalista, la memoria, la Resistenza, il valore dell’arte e così via. In questo modo è fatta la realtà: mille cose compresenti che accadono nello stesso istante. La questione climatica, però può facilmente essere riconosciuta come il grande contenitore di tutti i temi del romanzo, il vero collante, se vogliamo. Ecco allora che il clima diviene uno sguardo, un punto di vista esterno all’uomo, il cosiddetto non-umano che sposta il punto di vista troppo antropocentrico su di uno sguardo esterno a quello umano, ecocentrico appunto. Queste sono le lenti anti-antropocentriche che dovremmo indossare per vedere il mondo nella sua immensa e bellissima complessità.
Nella sconfinata vastità dell’universo, questo pianeta è una particella di pulviscolo. Èun granello di sabbia sulla spiaggetta di un atollo relegato al margine di un immenso oceano. È una briciola di una briciolasu un pavimento che va da un orizzonte all’altro. […]
Su questa briciola vivono quasi nove milioni di specie viventi. L’Homo Sapiens si dà molte arie, si immagina al centro dell’interesse costante di dei e diavoli. Soltanto comprendendo e accettando tale condizione potrà avviare un processo che lo conduca a processi superiori di coscienza.
Wu Ming 1 ci invita a conoscere il territorio nel quale viviamo, a recuperarne la memoria che passa anche attraverso la fisicità, al rapporto fisico di un corpo che entra in un fiume a fare il bagno, ad esempio.
Un altro aspetto interessante riguarda la cosiddetta poetica del perturbante, che impone di leggere con le antenne dritte, con sguardo critico e problematico in un’epoca come la nostra in cui è facile credere alle notizie fake: all’interno di questo che è un racconto vero e realistico, dettagliatamente descritto, entra all’improvviso e senza preavviso un elemento fantastico e fantasioso che deflagra e cambia tutto. Il lettore rimane per un attimo spiazzato da questo elemento familiare ed estraneo allo stesso tempo: si pensi allo stesso personaggio di Ilario Nevi. Chiunque abbia letto Gli uomini pesce ha effettuato una ricerca su Google per verificarne l’identità. Questa è la scrittura di Wu Ming 1.
E allora, a che servono gli uomini pesce se non a metterci in guardia, ad osservare il territorio e le nostre sconsiderate azioni?
Dove potrebbero nuotare oggi i draghi, i basilischi, i serpenti cornuti? Il Po e i suoi affluenti puzzano di morte chimica, e dove un tempo c’erano paludi ci sono spianate di cemento o di terra avvelenata dal Ddt. Quei mostri avevano provato, ad avvisarci, a tenerci savi, ma non li abbiamo ascoltati.

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