Nel tempo della lontananza (1919-1936)
- Autore: Luigi Pirandello
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2008
Pirandello torna in Sicilia per conoscere la fidanzata Antonietta Portulano, ragazza di provincia dal carattere estremamente geloso, come suo padre. Quando si sposarono ed era stata un’unione d’amore, anche se avvenuta per motivi d’interessi, egli aveva ventisei anni e lei ventidue in un mattino di gennaio del 1894. Pirandello stabilisce definitivamente la propria abitazione a Roma.
Nel 1895 nasce il primo figlio Stefano (1895–1972) che rimane il più vicino al padre - futuro commediografo sotto lo pseudonimo di Stefano Landi - a cui seguirono due anni dopo, Rosalia (Lietta), trasferitasi con il marito in Cile (1897-1971) e nel 1899 Fausto (1899–1975), il futuro pittore che va in Francia.
Su molti giornali e riviste la sua collaborazione di saggista e narratore è intensa; dal 1909 scrive sul “Corriere della sera”. È il 1897 quando succede a Màntica nell’insegnamento della lingua italiana presso l’Istituto di Magistero di Roma. La pubblicazione de "Il fu Mattia Pascal" (1903-1904) gli apre le porte della notorietà, ma una grossa sciagura colpisce la famiglia. Nel 1903 una frana distrugge la miniera di zolfo nella quale erano stati impiegati i capitali del padre e la dote di Antonietta. La sopravvivenza di Pirandello viene assicurata con l’impegno degli ori di famiglia al Monte di Pietà. Fortunatamente gli introiti derivanti dalla collaborazione ai giornali, dallo stipendio e dalle lezioni private, nonché l’anticipo di mille lire per un romanzo ancora da scrivere alleviano il disagio e accantonano l’idea del suicidio balenata a Pirandello.
Ad aggravare la situazione, per il grosso dispiacere del dissesto finanziario, la moglie viene colpita da una leggera forma di paralisi. La malattia nervosa che la colpisce lo costringerà a internarla, nel 1919, in una clinica romana.
Matteo Collura nel suo pregevole libro "L’isola senza ponte" nel capitolo intitolato "Luigi e Antonietta nella vampa della follia", avvalendosi della testimonianza scritta dal nipote Andrea, figlio di Stefano, racconta la stagione conclusiva della vita di Pirandello, nel 1932 o ‘33, soffermandosi sull’incontro di Luigi con la moglie, avvenuto dopo tredici o quattordici anni da quando era stata ricoverata in quella clinica per malati di mente:
Lì, nello studio dell’appartamento del figlio, in via Piemonte a Roma, Luigi Pirandello rivide, dopo anni, la moglie, ormai un’estranea per lui. La rivide e le sorrise, sussurrandone turbato il nome, ma restando pietrificato accanto alla scrivania, la mano appoggiata alla sedia come chi non può andare oltre, o non può trattenersi oltre, in una casa di estranei.
Il destino beffardo e crudele si è preso gioco di loro, annientandoli come coppia, dopo essersi amati e odiati. Addirittura lei accusa la loro figlia di rapporti incestuosi con il padre, andando oltre la gelosia che prova per le alunne di Luigi. Molti i momenti di sconforto e di abbandono e anche con Marta Abba il rapporto non è tra i migliori.
Da narratore Pirandello è già affermato e dal 1910 s’impone come commediografo: al Teatro Metastasio di Roma si hanno le prime rappresentazioni con "Lumie di Sicilia" e "La morsa"; nel 1916 "Pensaci Giacomino!" è rappresentato al Teatro Nazionale di Roma e "Liolà" al Teatro Argentina anche a Roma. A Milano e Roma, nel 1917, si danno "Così è (se vi pare)", "Il berretto a sonagli" e "La giara" che lo fanno conoscere anche fuori dall’Europa. Stefano e Fausto tornano nel 1919 dalla guerra; "Berecche e la guerra" e "Il carnevale dei morti" escono prima che l’editore Bemporad stampa le novelle nel 1922.
A cominciare dal 1920 si hanno le versioni cinematografiche tratte dalle sue opere (Mario Camerini, Gennaro Righelli, Augusto Genina ed altri sono i registi che vi si coinvolgono); il 27 settembre del 1921 al Teatro Manzoni di Milano avviene il trionfo dei "Sei personaggi in cerca d’autore". Questo il contesto dello scambio epistolare, oltre la maschera, dei due Pirandello. "La vita o si vive o si scrive. Io non l’ho vissuta, se non scrivendola". Così scrive Luigi Pirandello il 10 ottobre del 1921 a Ugo Ojetti. È un’ammissione rivelatrice di un disagio esistenziale che può rilevarsi dall’epistolario con il figlio Stefano, nel periodo che va dal 1919 al 1936. Ne ha curato la pubblicazione Sarah Zappulla Muscarà col titolo "Nel tempo della lontananza" (Salvatore Sciascia editore, 2008). Il volume, che integra quello del figlio primogenito di Stefano, Andrea ("Il figlio prigioniero", Mondadori, Milano, 2005), mostra il complicato, intenso rapporto padre-figlio. Luigi non manca di confortarlo dei suoi insuccessi teatrali:
Tu hai, Stenù mio, il gran conforto della tua bella famigliola, con codesta gioia di Ninì e l’amore dei due maschietti e la compagnia sicura, la divina “due-tudine”, come dice il poeta Dehmel, con la tua Olinda. Se le cose del teatro ti vanno ancora male, ti puoi in qualche modo consolare.
L’introduzione è abbastanza circostanziata; ricchissime le note esplicative delle missive che fanno luce sia nella sfera privata che in quella artistica dei due interlocutori. Dense di significato le riflessioni della studiosa. Il carteggio, scrive, ricompone
le molteplici tessere della ricca, controversa, aggrovigliata biografia dei due dialoganti: il problematico ambiente famigliare, le dinamiche poetiche, l’interscambio tra letteratura, teatro, cinema, il clima socio-politico, lo spazio privato e quello pubblico, attraversato da profonde crisi e radicali trasformazioni con all’orizzonte una società in fermento. E si anima attraverso il tracciato sicuro della dialettica epistolare, che si tramuta in tessuto narrativo, un’affascinante storia, mentre sfilano, con i componenti della difficile e tormentata famiglia Pirandello, personaggi tra i più autorevoli dei primi decenni del Novecento.
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