La spiaggia
- Autore: Cesare Pavese
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Italiana
Il romanzo breve La spiaggia, che Cesare Pavese scrisse nel 1941, fu pubblicato da Einaudi una prima volta nel ’56, e in seguito ristampato a più riprese, fino all’ultima edizione del 2017.
Racconta del rapporto tra un professore trentenne e un ingegnere suo compagno di gioventù, Doro, che sposandosi con Clelia, aveva lasciato le colline piemontesi per trasferirsi a Genova. Chi scrive confessa sia il rancore per la mai perdonata fine dell’amicizia con Doro, sia la gelosia per la sua felicità coniugale.
“Doro è di quelli che la felicità rende taciturni, e a ritrovarlo sempre pacato e intento a Clelia, capivo quanto doveva godersi la nuova vita. Fu anzi Clelia che, quand’ebbe con me un po’ di confidenza, mi disse, un giorno che Doro ci lasciò soli: “Oh sì, è contento” e mi fissò con un sorriso furtivo e incontenibile”.
Quando l’amico gli propone inaspettatamente una gita di alcuni giorni sulle colline che li aveva visti condividere da ragazzi lunghe passeggiate, conversazioni impegnate, litigi, donne, bevute e canzoni (“Avevamo allora l’età che si ascolta parlare l’amico come se parlassimo noi”), intuisce che forse nelle attuali esistenze di entrambi non tutto è sereno e invidiabile come sembra. E il ritrovato affiatamento tra loro lo riempie di emozione:
“Ciò di cui sono certo è la gioia, l’improvvisa beatitudine, che provai tendendo la mano a toccare la spalla di Doro. Ne sentii il sussulto nel respiro, e improvvisamente gli volli bene perché dopo tanto tempo eravamo tornati insieme”.
Dopo aver raggiunto Doro e Clelia in vacanza sulla riviera ligure, il professore ha la conferma di una sofferta reciproca estraneità all’interno della coppia. Pur tentando qualche timida mediazione e incoraggiando la rivelazione di eventuali segreti, non riesce a comprendere i reali motivi del loro disaccordo. Inoltre, gli pesa l’atmosfera creatasi nel gruppo degli amici vacanzieri dei due sposi:
“Provavo il mio solito piacere scontroso a starmene in disparte, sapendo che a pochi passi fuori dell’ombra il prossimo si agitava, rideva e ballava…”
Clelia, affascinante ed enigmatica, finge spensieratezza tra bagni di sole, futili pettegolezzi e flirt appena accennati, cercando vanamente di nascondere un’evidente malinconia e un timore sempre sospeso; Doro, silenzioso ed evasivo, si apparta dagli altri nuotando per ore, o dipingendo acquerelli marini. I due, circondati da comparse vanesie, volgari o smaniose, mantengono una loro signorile riservatezza, che affascina e insieme inquieta l’amico professore, il quale solo nell’ultimo capitolo arriva a comprendere, di fronte a un’imprevista e decisiva svolta nel rapporto tra marito e moglie, che i sentimenti altrui sono imperscrutabili, e vanno rispettati nella loro indefinibile segretezza.
Pavese offre il meglio della sua scrittura sia nella caratterizzazione psicologica dei tre protagonisti e degli altri personaggi, sia nella descrizione del paesaggio:
“Andai in cerca di una stanza, e la trovai in una viuzza appartata, con la finestra che dava su un grosso ulivo contorto, cresciuto inspiegabilmente proprio nel mezzo dell’acciottolato. Tante volte in seguito, rientrando solo, mi capitò di guardarlo sovrappensiero, che è forse la cosa che meglio rivedo di tutta l’estate. Visto dal basso, era nodoso e scarno; ma dalla stanza, quando m’affacciavo, era un sodo blocco argenteo di foglioline secche accartocciate”.
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