Io sono vivo, voi siete morti
- Autore: Emmanuel Carrère
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2016
Philip Dick è stato uno scrittore ordinario: più dello stile, stra-ordinario è lo statuto preveggente dei suoi romanzi. Un tutt’uno con la sua vita (da) bipolare. Segnata dalla morte della quasi-gemella prematura, poi dal divorzio dei genitori. Contigua ai fili molteplici della paranoia, della psicoanalisi, del misticismo, dall’abuso di psicofarmaci. Aggrovigliata a tutto questo, la fantascienza. Letta e prodotta. Una miriade di romanzi: sui generis, distopici, filosofici, preconizzanti, allucinati (“La svastica sul sole”, “Le tre stimmate di Palmer Eldritch”, “Ubik” per fermami ad alcuni dei più noti), proiezioni/sublimazioni di una vita in diagonale - scissa, cupissima e fiammeggiante - com’è stata la vita di Philip Dick.
Il primo merito di “Io sono vivo, voi siete morti” (Adelphi, 2016), la biografia monstre che gli dedica Emmanuel Carrère è dato dal grado esatto di restituzione della dicotomia arte/vita, in Dick sovrapponibili/estensibili fino allo straniamento. Come in un’ideale apologia da rock star, l’autore ne (rin)traccia le molteplici declinazioni: le mogli collezionate, le droghe divorate, la misantropia, la rivelazione dell’I Ching, il convincimento di vivere una vita parallela, le notti bianche immolate a una scrittura compulsiva, il desiderio pressante di essere considerato come scrittore tout court e non soltanto un “grande della fantascienza”, l’assoluta incapacità di aderire al piano del reale. In un andirivieni continuo dal vissuto alla trama dei bestseller a venire, Emmanuel Carrère accompagna il lettore in un labirinto caleidoscopico e inquietante al contempo, redigendo la biografia romanzata più avvincente/convincente che sia stata scritta sul genio “sciatto” e inarrivabile di Philip K. Dick. Per chiudere con uno dei tratteggi personologici sparpagliati tra le pagine del libro, a p. 291:
“Dick esaminava con lo stesso zelo le argomentazioni a sostegno dell’ipotesi che fosse impazzito e quelle tese a provare che era ispirato dal Dio vivente. Perfino questo sforzo di imparzialità poteva essere interpretato sia in un senso sia nell’altro. Un giorno ci vedeva un incoraggiante segno di equilibrio, poiché è tipico dei pazzi credersi sani di mente, e il giorno dopo si lasciava prendere dal terrore: uno dei primi sintomi della psicosi non è proprio la paura di diventare psicotici?”
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