Il mio cuore cattivo
- Autore: Wulf Dorn
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2013
Psico-thriller è una fede narrativa e Wolf Dorn è il suo profeta. Da che “La psichiatra” è stata “La psichiatra” (Corbaccio, 2010) il nipotino teutonico di Robert Bloch in pratica non perde un colpo, inanellando bestseller su bestseller (“Il superstite”, “Follia profonda”). C’è anche da dire che in fatto di brividi, il Nostro ha poco da invidiare ai venerati maestri, capace com’è di dosare gli ingredienti al punto giusto, secondo i canoni pedissequi del genere.
“Il mio cuore cattivo” (Corbaccio, 2013) è intriso fino all’osso di succulenti rimandi: inizia come un romanzo kinghiano sul legame adolescenza-follia (un romanzo alla "Carrie", per intenderci), continua come un horror paranormale alla Shyamalan de “Il sesto senso” e approda, infine, al giallo-thriller, con tanto di cambi di prospettiva e conti che quadrano tutti al momento giusto: bravo, bravissimo Dorn, malgrado la sostanza letteraria senza pretese.
Vi somministro la trama in pillole, quel poco che basta per l’acquolina in bocca e a non rovinarvi le sorprese. C’è un buco nero nella memoria della quindicenne Doro, un vuoto di memoria che ha a che vedere con la sera in cui niente è andato come doveva: i genitori fuori casa, una festa mancata, il fratellino che strepita come un ossesso nella sua culla e che alla fine nella culla muore persino. Arresto cardiaco sentenziano i medici, se non che quella è la sera in cui niente è andato come doveva andare, la sera in cui Doro ha dovuto vedersela col suo cuore cattivo che potrebbe averla indotta a qualunque azione e la ragazza non si dà pace. Dopo un ricovero in ospedale psichiatrico, proprio quando pensa di essere scampata alle visioni deliranti (si è trasferita con la mamma in una nuova abitazione), si accorge di un ragazzo in preda a fifa blu nascosto in cantina, un ragazzo che vede solo lei e che - puff - quasi subito svanisce nel nulla, un ragazzo che forse è già morto suicida (come il resto del mondo parrebbe sostenere) e che dunque, forse, è un fantasma o la comprova della sua pazzia. Da qui il contro-plot de "Il mio cuore cattivo", quasi in un romanzo di formazione, non fosse per il contorno di visioni di morte, filtrate da un focus perennemente sbilenco in cui niente è come appare o forse sì.
“Il mio cuore cattivo” è un romanzo mozzafiato in cui convivono aure da ghost story e suggestioni stevensoniane sul tema del doppio, fantasmi d’amore e altri della mente, dove la tensione la fa da padrona e non perde un colpo. Messa così, mi pare che gli elementi per un giudizio finale più che lusinghiero ci siano tutti.
Il mio cuore cattivo
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Avevo già "assaporato" la fluida dialettica di Wulf Dorn in "Follia profonda" e ne ero rimasta avvolta e conquistata. Ma nulla al confronto con questa nuova psicoavventura dal titolo evocativo "Il mio cuore cattivo", che rappresenta una inconfutabile e triste verità, cioè l’ esistenza in ognuno di noi di un lato oscuro.
Qui una sedicenne possiede la capacità di associare le personalità e le realtà delle cose a dei colori. A seguito della morte del fratellino Kai, di cui lei era responsabile e baby-sitter, Doro, questo è il nome della ragazza, uscita da cure e ospedali psichiatrici, si trasferisce con la madre in un piccolo villaggio vicino Berlino.
Al di là di ciò che sembrerebbe un pacifico trasloco e invece si trasformerà in un incubo, questo romanzo ha la rara capacità di proiettarsi, davanti agli occhi del lettore, come un cinematografo e di catapultarti in immagini da brivido, in cui, come anche nel precedente romanzo, l’ ansia la fa da padrone.
Inevitabilmente il lettore non può fare a meno di smettere di andare avanti per saperne di più, esattamente come fa la protagonista per arrivare alla verità seppure già a un centinaio di pagine dalla fine cominci a intuire qualcosa!
Aggiungo infine che lo scrittore ben inquadra le sue ispirazioni nei comuni mali di questo secolo che troppo tristemente invadono le pagine dei nostri giornali e i servizi dei nostri TG. Almeno per me 4 meritatissime stelline.
Volevo solo sapere una cosa lei alla fine del libro ricorda di averlo soffocato con un cuscino ma dici ke lui era ancora vivo ma alla fine kail e morto per la paura o per altre cose
Ma perché non accontentarsi del finale aperto? Personalmente li trovo più stimolanti. Nei film come nei romanzi...
Maria tieni solo presente che Kai aveva un aneurisma congenito, una dilatazione di un vaso sanguigno nel cervello, che di solito è innocua ma che, sotto sforzo o stress, può provocare un’emorragia cerebrale; indubbiamente l’aver urlato tanto e tanto a lungo ha provocato l’aneurisma.
Sarebbe successo se Doro l’avesse calmato? Il dubbio rimane...