Il fantasma di Canterville
- Autore: Oscar Wilde
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2014
Dopo tre secoli di onorata carriera sovrannaturale, il fantasma di Sir Simon mai si sarebbe aspettato dalla famiglia Otis una reazione tanto cinica e distaccata. Hiram Otis, politico statunitense, decide, infatti, di acquistare il castello e la tenuta di Canterville, in Inghilterra, e di trasferirvisi con moglie e figli, nonostante i ripetuti avvertimenti sulla scomoda presenza di uno spettro terrificante. La campagna inglese dell’Ottocento è il luogo migliore per cadere vittima di superstizioni e l’americano decide di non dare peso a simili sciocchezze. Da subito Sir Simon, impone la sua presenza spettrale, ma la reazione dei nuovi inquilini va al di là di ogni immaginazione. Gli Otis, infatti, non solo non sono terrorizzati, ma addirittura si prendono gioco del fantasma e vanificano ogni suo travestimento o espediente grazie a dei moderni ritrovati statunitensi. Tutto ciò getta Sir Simon in uno stato di profonda depressione e solo la secondogenita, Virginia Otis, sembra poter entrare in relazione empatica con lui e permettergli, finalmente, di guadagnare il meritato riposo. “Il fantasma di Canterville” (1887)è un esilarante racconto del giovane Oscar Wilde, entrato nell’immaginario collettivo di ognuno di noi, e che deve la sua fortuna anche alle sue innumerevoli trasposizioni cinematografiche e teatrali. Il talento di Oscar Wilde è innegabile, a partire anche dalle sue prime opere, ma in questo racconto non vi è racchiuso solo il modo passato di pensare, ma anche quello presente e futuro. Il cinismo, la disillusione della famiglia Otis e la tradizione rappresentata da Sir Simon sono le due facce della stessa moneta che ognuno di noi porta sempre in tasca.
Un classico, un capolavoro di modernità che l’autore irlandese ha generosamente donato alle generazioni del suo presente e del futuro, in grado di far ridere fino alle lacrime e velare gli occhi di commozione.
“Quando una fanciulla bionda strapperà La preghiera dalle labbra del peccato: Quando il mandorlo inaridito rifiorirà E un’innocente creatura verserà lacrime, Ritornerà tranquilla la dimora E la pace scenderà su Canterville.”
Il fantasma di Canterville
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Il fantasma di Canterville. Recensione di Graziella Atzori
Per chi ama le storie di fantasmi eccone una deliziosa di Oscar Wilde (1854-1900). Lo scrittore dandy anticonvenzionale amò la bellezza e la vita sfarzosa; in seguito fece tragicamente e ingiustamente l’esperienza del carcere ai lavori forzati, con le catene alle caviglie. Venne condannato per omosessualità, da lui vissuta secondo l’ideale greco. Soggetto al pubblico ludibrio, cadde in povertà, fu privato dell’affetto dei figli. Wilde è stato veramente un crocifisso, socialmente perseguitato e "ucciso", per poi risorgere nella luce della fede cristiana.
Il suo racconto Il fantasma di Canterville, pubblicato da Garzanti nella collana “I piccoli grandi libri”, tradotto da Albertine Cerutti (pp.75, 2020) ha il sapore di una fiaba noir. A tratti è esilarante, quando per esempio lo scheletro mette in scena i suoi numerosi travestimenti e vuole sfoderare la perfidia assassina, ma viene sgominato da... una secchiata d’acqua in testa, che inonda i suoi occhi rosso fuoco e il ghigno perenne. Infatti in questa nostra terza dimensione i fantasmi, secondo Wilde, acquistano corpo e possono buscarsi un raffreddore.
Da trecento anni (la storia si svolge intorno al 1890 in Inghilterra, ma ha origine nel 1575) lo spettro abita il castello di Canterville, destinato a non poter dormire mai. Certo i rimorsi tolgono il sonno, ma sir Simon non mostra di essersi pentito, se non nel finale, per aver assassinato la moglie nel XVI secolo. I motivi? Non era una buona cuoca, non inamidava a dovere la gorgiera. Sir Simon venne lasciato morire di fame dai fratelli della sposa. Violento, arrogante, sadico e vendicativo, ha trascorso i secoli dedito a terrorizzare, uccidere o a indurre al suicidio i suoi parenti nel tempo. Fino a che il castello viene acquistato, fantasma compreso, dell’ambasciatore americano Hiram B. Otis, il quale non crede alla sua esistenza e neppure sua moglie e i quattro figli vi credono. Si ricrederanno ben presto, dovranno ammettere l’esistenza dell’invisibile e dei suoi abitanti, accettare:
I ragazzi escogitano diversi espedienti per spaventare e umiliare l’ospite sgradevole e indesiderato. Soltanto Virginia:
Ultima figlia quindicenne di Otis, prova pietà per la presenza perversa. Pietà per un assassino? Quest’ultimo può cambiare e dimorare in pace nell’altrove? Si crea un’amicizia particolare tra il vecchio e la ragazzina. È il fantasma a credere nella sua redenzione, quando afferma:
Sir Simon chiede a Virginia di accompagnarlo nell’oltre, nella "quarta dimensione", Wilde usa questa espressione, anticipando letterariamente Einstein.
I due passano fantasticamente per un’apertura segreta nascosta in un pannello della sala degli arazzi. Nel luogo occulto accadono le trasformazioni dello spettro diabolico. L’adolescente accetta, a suo rischio e pericolo, dicendo che chiederà aiuto all’Angelo.
Tutto si concluderà bene. Lasciamo al lettore il piacere di scoprire come.
Virginia vive il suo primo grande e assoluto amore con il giovane sir Cecil Cheshire, ospite nel castello, innamoratissimo di lei. A lui confida di essere riconoscente al fantasma:
Tale la poetica del racconto, che ha una valenza metafisica.
Se vogliamo darne una chiave di lettura in senso junghiamo, possiamo vedere nel fantasma la rappresentazione teatrale e poetica dell’Ombra, il contenuto psichico del male che è tale finché non viene riconosciuto, ammesso e integrato nella coscienza.
È un processo di consapevolezza. Solo allora può avvenire la sua alchemica trasformazione, l’oscurità viene penetrata dalla luce. La fanciulla compie lo stesso viaggio di Dante negli abissi dell’anima, abissi che tutti teniamo in noi. Ma dall’inferno si può uscire vincenti e arricchiti, portando con sé un cofanetto di gioielli antichi di grande valore, anche questa è metafora, come accade alla ragazzina dal nome simbolico, Virginia.
Origene (185-253 d. C.) padre della Chiesa, teorizzava la salvezza finale di Satana, una sua posizione eretica mai sottolineata abbastanza.