Fairy Tale
- Autore: Stephen King
- Genere: Fantasy
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2022
Esistono degli autori che è impossibile non riconoscere, quando ci si mette a leggere inconsapevolmente uno dei loro libri. Tra questi esistono scrittori bravi nel ricamare la loro trama a partire dalla prima frase introduttiva del loro libro. Altri sono capaci di esprimersi in un linguaggio aulico e distogliere l’attenzione dal reale contenuto dei primi capitoli, tutto a favore della forma con cui i personaggi vengono per la prima volta descritti. Esistono poi abili tessitori che riescono a creare lunghi antefatti, che hanno lo scopo di affascinare e al contempo confondere il lettore, per indurre suspense e stupore. Infine ci sono gli scrittori che prediligono la semplicità e l’azione a tutto il resto, facendo partire la trama dei loro romanzi con scene molto dinamiche e coinvolgenti.
Stephen King sicuramente è tra gli autori più di successo della nostra epoca, uno dei pochi che più volte, nel corso della sua lunga carriera, ha deciso di interpretare in maniera differente il ruolo dello scrittore, assumendo gli stili descritti sopra. King è autore di più di cinquanta romanzi, centinaia di racconti e moltissime sceneggiature, tra cui quelli di alcuni film che traevano spunto dalle sue storie. L’autore del Maine nella sua lunga carriera ha scritto di tutto: dalle storie dell’orrore ai thriller, dal genere post apocalittico al fantasy per adulti e per ragazzi. In breve, King è tra gli scrittori che più di altri è riuscito a definire il concetto di successo letterario e, per quanto i suoi incipit non siano forse equiparabili alle famose prime righe della Divina Commedia o dei Promessi sposi, attualmente è difficile scovare un autore che abbia introdotto più di lui generazioni di ragazzi e giovani alla lettura. E se è vero quello che dicono gli scrittori – ovvero che la parte più difficile di scrivere un libro è sempre definire la prima pagina di un’opera – chissà quante volte King si è ritrovato a riflettere su come iniziare un buon romanzo? Su come fosse difficile trovare le parole che avrebbero avuto il compito di traghettare un potenziale acquirente dall’interesse di un acquisto alla concreta lettura di una delle sue opere, a partire dalle prime righe?
Lo scorso settembre è uscito l’ultimo romanzo del Re dell’orrore. Fairy Tale (Sperling&Kupfer, 2022, trad. di Luca Briasco) è un romanzo diverso rispetto ai classici stilemi dell’autore statunitense, che per una volta ha scelto di far riposare i suoi fantomatici mostri, proponendo qualcosa di inedito per la letteratura kinghiana.
Sia chiaro: Fairy Tale non è un libro privo di scene che potrebbero impressionare persone più o meno sensibili. È un libro di King, perciò, per quanto l’orrore in questo romanzo non sia il tema portante, l’inquietudine è comunque presente nelle 677 pagine dell’opera, che è stata pensata più per intrattenere young adult rispetto alla classica platea di riferimento dell’autore del brivido. Nel suo ultimo libro ci sono alcune scene claustrofobiche verso il finale che ricordano le pagine de Il castello di Kafka o de Il ritorno di Cthulhu di Lovercraft, che potrebbero dare parecchio fastidio ai lettori meno avvezzi a tali letture.
Fairy Tale rimane però principalmente un fantasy, in tutto e per tutto. E se questo potrebbe far storcere il naso di coloro che da King esigono solamente storie di fantasmi e sbudellamenti, questa è l’opera perfetta per coloro che vogliono ricredersi sulla sua ampia valenza letteraria.
Non è la prima volta che chi apprezza King solo per le sue storie dell’orrore si trovi infatti davanti a un esperimento che cerca di rimescolare i generi e di inserire forzatamente tutti i mondi partoriti dalla mente del Re – come viene definito dai fan - all’interno di un unico universo letterario condiviso. E Fairy Tale non fa altro che questo: narrare una storia, attraverso le lenti di un ragazzo di nemmeno diciassette anni, che si ritrova a vivere l’avventura della sua vita, perdendosi in un universo fantastico in cui non è necessario sviluppare una morale per adempiere al proprio destino.
King anche questa volta descrive un mondo e lo decostruisce, come spesso fa all’interno dei suoi romanzi, cercando così di smontare il mito stesso della narrativa e d’insegnarci quanto nobile e folle possa apparire il nostro mondo, privo di alieni o di qualsiasi altro espediente che possa nobilitare la sua esplorazione.
Il mondo di Fairy Tale, come la Derry di IT o il continente della saga de La Torre nera al contempo esistono e non esistono sul nostro stesso piano spaziale e temporale. E la realtà stessa diventa in questo libro il contenitore di differenti versioni del creato, che fungono solo come nutrimento/scenario per le storie.
Non importa se King decide di collocare le sue avventure a New York, in un altro universo o nel pianerottolo sotto casa: la storia e la trama sono il principio di tutto, per l’autore. Ed è forse per questo che spesso noi lettori ricordiamo di più gli eventi rispetto ai protagonisti, nelle opere di King.
Non che i suoi personaggi siano privi di dimensione morale o di caratterizzazione, sono però gli eventi, gli obiettivi, ciò che si nasconde sotto ad un tombino o dietro le sbarre ad aver maggior risalto nelle sue opere, permettendo al lettore di immedesimarsi di più rispetto ad altre storie in cui il narratore si limita esclusivamente ad elencare le vicende dei protagonisti, in maniera pedissequa e distaccata.
Molti criticano King, anche in quest’opera, per non avere la pazienza di eliminare il superfluo, il non indispensabile. Spesso nelle scuole di scrittura si critica questo scrittore, riguardo ai suoi più lunghi capitoli e agli ultimi romanzi, a causa della sua propensione nel descrivere tutto, anche quello che all’occhio del professionista potrebbe sembrare inutile.
In verità, sono molti gli studiosi americani che hanno risposto a queste critiche, asserendo che lo stile ultra descrittivo di King è il mezzo con cui lo scrittore cerca di far (vivere) appassionare il pubblico a ogni vicenda della storia. Non conta se il gabinetto lercio incontrato ad inizio libro non ricomparirà più, durante il corso della trama. Conta la sensazione che vive il protagonista nell’esplorare una casa sconosciuta o il tunnel misterioso, portando il lettore a porsi allo stesso livello del personaggio che ignora il segreto celato del suo futuro. E questo stile descrittivo, per alcuni problematico, è molto presente all’interno dell’ultima opera di King, in quanto mezzo per l’immedesimazione del lettore nel protagonista ignaro del proprio destino.
Fairy Tale forse è il miglior compendio delle passate opere kinghiane. Come romanzo infatti cambia notevoli volte registro, scenario e contesto. Se nella prima parte può sembrare un inizio classico di un libro di formazione e avventura, a partire da pagina duecento, dopo la lunga introduzione, l’opera cambia pelle. Diventa un fantasy alla Mago di Oz, per poi divenire un survival alla Hunger Games e infine un classico romanzo gotico, simile a Dracula di Stoker. In esso possiamo rivedere tutte le opere maggiori del vecchio Stephen, da IT al più recente Later, e questo ci permette di comprendere come funzioni la mente del vecchio King, forse fin troppo legato alle idee delle sue prime inquietanti storie.
Leggere per la prima volta Fairy Tale di certo non colpirà come fu leggere per la prima volta IT, né il fantasy che ha immaginato per quest’opera possiede lo stesso carisma dei mondi creati da Tolkien o da G.R.R. Martin, forse fin troppo citati nel corso delle sue pagine. Perfino nei confronti degli altri romanzi fantasy di King, Fairy Tale rischia di apparire meno coraggioso. È pur vero però che è stato piacevole ritornare a leggere un King diverso, insospettabile, non schiacciato dalla sua nomea di autore di romanzi horror.
Nei capitoli finali, l’autore avrebbe forse dovuto spingersi ancora di più verso il gotico e descrivere meglio le scene della risoluzione finale, rendendole più epiche e dense di imprevisti significati. Quello che lega molte persone al finale di It è proprio la risoluzione epica e completamente folle che King inventò per sconfiggere Pennywise e in questo romanzo manca invece un po’ dello stesso mordente che ebbe il Re per concludere altre opere.
Fairy Tale resta comunque un ottimo romanzo di ingresso per l’intricato mondo che King ha sviluppato nel corso degli ultimi cinquant’anni. I neofiti possono prendere in mano questo libro in maniera sicura: il Re saprà ricompensare la loro fiducia.
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...Ho iniziato a leggere King ancora al liceo, naturalmente "IT", per poi andare a ritroso e seguirlo successivamente, trepitando ogni volta per l’attesa della sua prossima creatura. Non per questo mi reputo " un esperto" anche se ho appreso tantissimo dal suo saggio " Dance Macabre" come da quello scritto da Lovecraft :" L’orrore del soprannaturale nella letteratura " e che proprio in " Fayre Tale" , il Re, fa riferimento più volte.
Comunque. Pur apprezzando la camaleontica, incredibile, capacità di King di cambiare stile come i soggetti, quest’ultimo lavoro mi ha lasciato deluso: ai miei miopi ed ignoranti occhi, mi e’ apparsa una storia scontata , con un inizio molto simile al romanzo che per la Pay per view è interpretato da un grande James Franco e che richiama vagamente il mondo di Roland e della magistrale saga de" La torre nera" che in maniera assolutamente geniale e mai vista, almeno per me, prima, interseca tante altre opere di King, da " Cuori in Atlantide" a " La casa nel buio" scritto a quattro mani con Straub...Mi ripeto: mi aspettavo comunque qualcosa di più di un semplice fantasy neanche tanto strutturato...Parere personalissimo ovviamente...
"Non importa se King decide di collocare le sue avventure a New York, in un altro universo o nel pianerottolo sotto casa: la storia e la trama sono il principio di tutto, per l’autore. Ed è forse per questo che spesso noi lettori ricordiamo di più gli eventi rispetto ai protagonisti, nelle opere di King."
Avendo letteralmente "assorbito" lo stile di King, (sono scrittrice horror per merito suo), dissento totalmente da questo assunto: in King sono i personaggi ad acquistare vita, a restare impressi per sempre nonostante trame povere di eventi principali e piene di flashback e digressioni (la famosa verbosità di King), atti a renderli persone reali. Non a caso non c’è nemmeno mezza pagina scritta attraverso il narratore esterno, mai un infodump (la storia viene scoperta dal lettore insieme a chi la vive), ed è possibile racchiudere interi suoi romanzi in una sola frase. Un esempio? "La figlia sedicenne di una fanatica religiosa viene bullizzata pesantemente al ballo della scuola e si vendica usando per la prima volta senza freni i poteri telecinetici che teneva nascosti".