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Recensioni di libri

Del buon uso della cattiva salute. Lettere di un malato immaginifico di Marcel Proust

L’orma editore, 2022 - Queste lettere in cui Marcel Proust, intramontabile autore della Recherche, spiega il suo stato di salute sono al contempo deliziose e orribili per il malessere dello scrittore, belle e ironiche.

Vincenzo Mazzaccaro
Vincenzo Mazzaccaro Pubblicato il 18-11-2022
Del buon uso della cattiva salute. Lettere di un malato immaginifico

Del buon uso della cattiva salute. Lettere di un malato immaginifico

  • Autore: Marcel Proust
  • Genere: Classici
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: L’orma editore
  • Anno di pubblicazione: 2022

In questo preciso periodo temporale, L’orma editore è diventata di culto per la pubblicazione di Annie Ernaux, la scrittrice insignita del premio Nobel per la Letteratura 2022. Ma non c’è solo Ernaux nell’ampio catalogo de L’orma editore, vi è anche lo scrittore da molti considerato il più grande del Novecento europeo: Marcel Proust.

In un miracoloso librino intitolato Del buon uso della cattiva salute. Lettere di un malato immaginifico (L’orma editore, 2022), tradotto con perizia da Giuseppe Girimonti Greco e Federico Musardo, sono racchiuse alcune lettere di Proust ad amici e a signore alto borghesi. In questi scritti l’immenso romanziere scrive delle sue notti insonni, del suo strano modo di mangiare, di vivere, mentre la malattia organica vera da lui patita sembra essere soprattutto una micidiale asma, di cui il malato immaginifico scrive in abbondanza.
Fino all’ultimo, lo scrittore sottotraccia resta vigile, ironizzando e quasi ridendo, a volte, della sua vita cosiddetta "amputata".

Del resto, in famiglia i pareri medici non mancano: il padre Adrien Proust fu un encomiabile epidemiologo, titolare della cattedra di igiene a Parigi, e il fratello, Robert, fu urologo e oncologo. Non stupisce se lo stesso Marcel scrivesse ai suoi amici che se hai un medico nella tua famiglia (due veramente, Ndr), non puoi che essere medico a tua volta.

Ebbene, padre e fratello, pur riconoscendo i malanni del figlio/fratello come una sciagura immedicabile, ritennero doveroso anche ammettere che le nevrosi di Marcel gli diedero la spallata finale. Una vita più attiva, un lavoro che lo costringesse ad alzarsi presto la mattina e soprattutto smettere di scrivere quel libro infinito che nessuno avrebbe mai letto, se non altro per la lunghezza, avrebbero reso la vita dello scrittore meno infelice di quella che si stava profilando.

E sia: tanta scienza medica, dove non c’era posto per le nevrosi, dovette pesare inizialmente, quando dopo gli studi universitari il giovane Marcel prediligeva feste e occasioni mondane, i primi amori segreti con altri ragazzi, senza per questo trascurare la giovinezza delle ragazze, in un percorso identitario e sessuale che forse finì solamente con la morte dell’autista, poi segretario Alfred Agostinelli. La morte di Agostinelli fu il suo inferno privato, che doveva dividere con la vedova dell’uomo.

Chi scrive dovrebbe darvi contezza delle lettere spedite da Marcel Proust, così belle, ironiche e in cui lo stesso scrittore si prende in giro, quando non è afflitto da pensieri melanconici o da notti insonni piene di dolori, ed è giusto accennare a esse, pur con la convinzione di spifferare dei segreti che lo scrittore forse voleva rimanessero tali.
Della vita delle persone famose, scrittori inclusi, si vuole sapere tutto, soprattutto in questo millennio, in cui l’accesso ai social network diventa un modo per far conoscere la propria scrittura, sì, ma anche le abitudini della propria vita di fatto “non più privata”.

La vita di Proust fu felice e regolare (nel senso che non dovette sopportare crisi asmatiche che lo costringevano a letto) fino ai ventisei anni; del periodo successivo ci restano le lettere scritte a letto. Ai pochi eventi mondani dove non era possibile per lo scrittore non presenziare, andava pieno di calmanti e di un potente sedativo, il veronal.

A questo proposito Madame de Noailles, poetessa e amica cui giunsero le lettere di Proust più belle e sincere, lesse:

7 maggio 1901

Signora,
La ringrazio infinitamente per la sua lettera... Il signor de Noailles mi ha detto che è stata veramente molto male, con un tono che, come si suol dire, non ammetteva repliche e che non lasciava adito a dubbi. Immaginarla così sofferente, l’altra sera, mi ha rattristato molto.
Ma non bisogna rammaricarsi troppo per la cattiva salute. Spesso è proprio il fardello di un animo troppo grande a piegare il corpo. Stati nervosi e poesie incantevoli possono benissimo essere manifestazioni inscindibili di una stessa potenza tumultuosa
La primavera si manifesta sia con le punture delle zanzare sia nel profumo delle rose.
Verrò tra un giorno o due a restituirle la visita che non mi ha fatto ieri sera e le porterò i miei più rispettosi omaggi. Marcel Proust".

Certo, a una prima lettura sembra piena di educazione e di savoir-faire, ma lo scrittore replica a un’amica che è stata male con una lettera che può essere intercettata dal marito che può leggere la lettera alla moglie ad alta voce.
Piuttosto il "verrò a trovarla" ci dice che alla soglia dei trent’anni Proust esce ancora, anche se di rado.

Vent’anni dopo, nel 1922, Proust morirà all’età di cinquantuno anni, senza sapere nulla degli effetti de la Recherche sui lettori. Solo dieci anni prima, la madre di Proust si lamentava della vita scombussolata del figlio, che mangiava ogni ventiquattro ore, che riusciva a chiudere gli occhi solo con l’aiuto del veronal. Proust scriveva ininterrottamente, con la paura costante di non farcela a finire la sua maestosa opera di cui la madre tuttavia sapeva pochissimo, convinta ancora che un sano lavoro in banca avrebbe bloccato le "cattive" abitudini del figlio.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Del buon uso della cattiva salute. Lettere di un malato immaginifico

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