Corrispondenza
- Autore: Nelly Sachs Paul Celan
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Giuntina
- Anno di pubblicazione: 2018
Trent’anni di differenza dividevano i due poeti ebrei Nelly Sachs (1891-1970) e Paul Celan (1920-1970), accomunati però da un’uguale tragica sofferenza patita durante le persecuzioni naziste, nell’esilio e nella malattia mentale. L’editrice Giuntina pubblica ora per la prima volta integralmente, (con illustrazioni, un ricco apparato di note e un puntuale confronto biografico), la loro Corrispondenza, così come è andata svolgendosi tra il 1954 e il 1969.
Nelly Sachs, premio Nobel per la letteratura nel 1968, si era rifugiata con la madre a Stoccolma, scampando così fortunosamente dal trasferimento in un lager. Nella città svedese aveva trovato una certa solidarietà intellettuale, riuscendo a pubblicare alcuni volumi di versi: la notorietà non l’aveva tuttavia messa al riparo da frequenti crisi psichiche e dagli internamenti in diverse cliniche.
Celan, abbandonata la Romania, aveva trovato ospitalità nella capitale francese: “Tra Parigi e Stoccolma passa il meridiano del dolore e della consolazione”, scriveva in un messaggio Nelly, sottolineando con forza il legame affettivo, di reciproca confidenza, ammirazione e sostegno, nato tra i due poeti.
Che risulta evidente già dalle intestazioni delle lettere:
Caro poeta, caro essere umano… Caro amico… Caro fratello… Caro poeta dalle profondità meravigliose… Poeta benedetto… Paul caro… Caro Paul Celan, benedetto da Bach e da Hölderlin… Mia amata famiglia…
esordiva Nelly.
Gentile, stimatissima signora… Cara, sinceramente ammirata… Mia cara, mia buona Nelly!... Cara, buona, felice Nelly…
le faceva eco Paul.
I due si scambiavano poesie, giudizi critici, incoraggiamenti, confidandosi speranze, paure e delusioni. L’incubo della guerra e della Shoah era ancora per entrambi vivissimo e straziante, così come il timore per l’antisemitismo sempre manifesto e minaccioso:
Questo spettrale e muto non-ancora, questo ancor più spettrale, più muto, non-più, e di-nuovo, e nel frattempo l’imprevedibile, già domani, già oggi… O mondo / Noi ti accusiamo!... Sento che il demone che ti funesta – che funesta anche me… La rete oscura…
denunciava Celan.
Ma quante morti dobbiamo morire, finché non viene quella giusta… Io sono fuori, inginocchiata sulla soglia, carica di lacrime e di polvere… Ogni giorno la perfidia entra nella mia casa, ogni giorno, mi creda. Cos’altro dovremo affrontare, noi ebrei?... Spero di superare tutta la sofferenza che ancora mi aspetta, oppure di trovare una quieta morte liberatrice, desidero tanto raggiungere i miei cari defunti… questo mio periodo buio… nella mia disperazione, nel pieno di quel viaggio agli inferi…
rispondeva Nelly Sachs, sprofondando lentamente nell’abisso psicotico.
Eppure, pur nella comune disperazione e nel delirio persecutorio, tutti e due riuscivano ad aggrapparsi alla certezza salvifica e consolatoria della parola poetica, al
segreto che sommessamente si dischiude… un mezzo per salvare il respiro dal soffocamento… Vive in me con ogni mio respiro la fede in un’attività cui siamo stati chiamati: impregnare di dolore la polvere, darle un’anima… Sento l’energia della luce che fa scaturire la musica dalle pietre… Questi sono i raggi invisibili che ci sostengono…
(Nelly)
C’è chi cerca il tuo sguardo – mandalo, quello sguardo, mandalo ancora all’aperto, consegnagli le tue parole vere, le tue parole liberatrici, affidati a lui, affida a noi, tuoi compagni di vita, della tua vita, questo sguardo, fai in modo che noi, già liberi, diventiamo i più liberi in assoluto, facci stare ritti, con te, nella luce!
(Paul).
I due poeti arrivarono finalmente ad incontrarsi, nel 1960, prima a Zurigo e poi a Parigi, parlando “del troppo, del troppo poco… della luce che offusca, di cose ebraiche, di Dio”.
Sopravvissero in qualche modo a se stessi e al dolore per un ulteriore decennio. La morte li colse lontani, lui nella Senna a Parigi, lei in un letto di ospedale a Stoccolma, nel 1970.
L’ultimo biglietto di Paul Celan augurava: “Tante cose liete, cara Nelly, tanta luce!”
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