

Una data sul calendario, un nodo al fazzoletto, un obbligo per molti a dovere ricordare; è un cerchio rosso nel mese di gennaio, la prima ricorrenza dell’anno nuovo in fondo. Un gesto propiziatorio che si deve fare. Perché è importante ricordare. Tutto questo è il 27 gennaio, la Giornata della Memoria.
Anche se molti si domandano: perché ricordare qualcosa accaduta oramai 80 anni fa?
I ricordi sbiadiscono, perdono i contorni. Alle volte si trasformano dilatando profumi e concretezza. Ma questa giornata sembra non perdere mai intensità, colore, sentimento né dolore. Anno dopo anno.
Le persecuzioni si fanno reali nella contemporanea violenza verso l’altro in mille declinazioni diverse, palesi, reali e riconoscibili. E quel pericolo ideologico diventa rischio ciclico e reale di riproporsi. Edulcorato, nascosto, motivato, ma che ha sempre gli stessi connotati e obiettivi: lo sfregio all’umanità.
Memoria e Ricordo: dimensioni del vivere umano
Ci si interroga se davvero la storia sia “maestra di vita” o sia solo vita vissuta che si ripropone ciclicamente diversa, immutata e immutabile, dove la violenza continua a sapere di disuguaglianza e desiderio di supremazia.
La disattenzione di molti si fa sovrana, quasi “abituata”. Impermeabile a eventi di quell’altro, che è altro. Che non sono “io”. Che non siamo “noi”.
La testimonianza sulla pelle viva degli ultimi superstiti, presto, si farà muta leggenda. Lontana. Fino a perdere lo spessore delle vite spentesi tra Auschwitz, Birkenau e Dachau.
Il racconto non sarà più “io c’ero, ho visto, ho vissuto…” ma sarà “c’era una volta…” diventando uno spazio temporale insipido, grigio, lontano dai nostri sentire. Il ricordo da vivido diventerà polvere parallela alla memoria.
Ma memoria e ricordo non sono e non possono mai ridursi a “semplice polvere” che nell’aria di disgrega e si perde senza lasciare traccia.
Ricordo e memoria sono dimensioni del vivere del passato dell’uomo, necessario all’uomo per ogni suo atto. L’uomo con la memoria cresce, apprende, si fa adulto divenendo essere umano.
Il 27 gennaio significa questo: Memoria e Ricordo. Due parole che diventano facce di una stessa medaglia. Parole simili ma diverse, uguali e complementari, necessarie e obbligatorie.
Alle volte possono spingere alla fuga e alla paura di rivivere violenze accadute, sperando che l’oblio ne abbia sopravvento. Ma oblio, ricordo memoria non possono e non devono portare alla fuga. Perché sarebbe una fuga di morte.
Fuga di morte (Todesfuge), come descritta in modo crudo e diretto nella poesia omonima da Paul Celan, uno dei poeti più complessi e intensi del XX secolo.
“Fuga di morte”: testo della poesia di Celan
Nero latte dell’alba lo beviamo la sera
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo di notte
beviamo e beviamo
scaviamo una tomba nell’aria là non si giace stretti
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
lo scrive ed esce dinanzi a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi mastini
fischia ai suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda ora suonate alla danzaNero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo al mattino e a mezzogiorno ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
I tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una tomba nell’aria là non si giace strettiLui grida vangate più a fondo il terreno e voi e voi cantate e suonate
impugna il ferro alla cintura lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
spingete più a fondo le vanghe voi e voi continuate a suonare alla danzaNero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno e al mattino ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith lui gioca con i serpenti
Lui grida suonate più dolce la morte la morte è un maestro tedesco
lui grida suonate più cupo i violini e salirete come fumo nell’aria
e avrete una tomba nelle nubi là non si giace strettiNero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un maestro tedesco
ti beviamo la sera e la mattina e beviamo e beviamo
la morte è un maestro tedesco il suo occhio è azzurro
ti colpisce con palla di piombo ti colpisce preciso
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
aizza i suoi mastini contro di noi ci regala una tomba nell’aria
gioca con i serpenti e sogna la morte è un maestro tedescoi tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith.
“Fuga di morte”: una testimonianza della Shoah


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Paul Celan (pseudonimo di Paul Antschel) nacque nel 1920 in una famiglia ebrea di lingua tedesca nella Bucovina (oggi parte della Romania) e visse direttamente la deportazione e la perdita (i suoi genitori furono deportati e uccisi in un campo di concentramento, mentre lui sopravvisse lavorando in un campo di lavoro forzato) e arrivò (non sopportando più la pesantezza di questa memoria vissuta e percepita sulla sua pelle) fino al gesto estremo nel 1970, togliendosi la vita gettandosi nella Senna.
Celan, in Fuga dalla morte, ci rappresenta e testimonia la Shoah, contemporaneo monito attuale all’umanità.
Celan non edulcora o minimizza, ma con immagini potenti che solo la poesia può accettare dà immagini immediate, reali, crude e dirette, quasi imposte al lettore. In una struttura ritmica e ripetitiva che sa di quadri musicali, ripropone immagini potenti di dolore e realtà vissuta.
Il testo racconta la distruzione dell’umanità, che non è solo genocidio degli ebrei ma potenziale distruzione del “diverso” da un perfetto ipotetico, la brutalità verso l’altro che diventa evocativa e simbolica di una violenza gratuita che porta a una rievocazione e che si fa contrasto tra il carnefice e le vittime, che sfugge al tempo e allo spazio, in un silenzio che si fa ritmo ossessivo, musica macabra, fino a un canto di morte effettiva e reale, vissuta dall’uomo. Che deve essere condivisa dall’uomo per l’uomo. In un “concerto” che è metafora e musica, che descrive la quotidianità e ha “rumore” silenzioso. Dove il latte ha perso vita e purezza, diventando un “veleno nero”.
Un “latte nero dell’alba” diventa ossimoro di vita, unisce vita e morte sovrapponendone i perimetri che non si distinguono, ma si compenetrano. Che annunciano non la sopravvivenza, ma l’eliminazione dell’altro, dell’imperfetto, del non voluto.
“Fuga di morte”: il grido universale che deve farsi opposizione
L’oblio, nemico della memoria, è un terreno fertile in cui il male può rigenerarsi e risorgere incombente. La violenza si fa abitudine disattenta, l’orrore viene metabolizzato, dimenticato e da qui nasce la paura che in questo latte nero si condensa. Si fa abitudine incalzante e monito.
Ci invita a scavare. A dare spazio a una speranza di redenzione, che costringe al ricordo della vittime e dei carnefici. A non metabolizzare l’accaduto.
Ma è un imperativo per non dimenticare il tempo e gli avvenimenti, che rendono il ricordo vivo attraverso la memoria.
Non è un dovere personale, ma un grido universale che si fa opposizione, denunzia, senza spirito di vendetta, che da ricordo di uno si fa memoria di molti, dove la vittima e il carnefice, raccontandosi, perdono lo spessore dell’umanità vera acquistando la materia di ciò che è accaduto facendolo reale, non immaginato.
Perché la distruzione di un popolo non è solo singola di “quel popolo” ma universale, ripetitiva, ripetuta, ripetibile. Perché il passato non si ripeta. Perché il passato non diventi oblio. Perché il passato si deve fare ricordo e memoria globale.
Perché Shoah non è solo sterminio del popolo ebreo, ma è la perdita di identità di qualsiasi popolo o persona, e non ha colore o religione, non ha valore economico o territoriale.
Latte nero dell’alba lo beviamo la sera
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo di notte
beviamo e beviamo.
E nel berlo nero, l’uomo si fa muto e cieco. L’indifferenza si fa l’oblio, l’oblio dubbio e perdita di memoria. Memoria che non ha tempo o luogo, ma è sempre solo contemporanea realtà: la realtà di un uomo e di un’umanità che in sé stessa deve trovare le risposte alle violenze su cui sembra addormentata e vigile, distratta e disattenta, ma che solo la Memoria e il Ricordo può far tornare vigile.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Giornata della Memoria: una poesia testimonianza di Celan per non dimenticare
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