Coordinate d’Oriente
- Autore: Alessandro Perissinotto
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2014
Il professore torinese di Teorie e Tecniche della scrittura Alessandro Perissinotto, ormai soprattutto narratore di romanzi intriganti, in questo ultimo libro ci immette con forza in una realtà di cui crediamo di sapere molto, ma che in fondo ignoriamo davvero: Coordinate d’oriente (Piemme, 2014) è un romanzo sul tema del raccontare, ma soprattutto obbliga i lettori a fare i conti con globalizzazione, delocalizzazione delle aziende, ecologia trascurata, responsabilità, diritti.
Sono tutte parole che troviamo continuamente sui giornali, che ascoltiamo distrattamente nello sciatto lessico televisivo ma che la maggioranza di noi non ha approfondito nelle conseguenze che per ognuna delle nostre vite avrà lo spostamento ad oriente di una grande parte della produzione industriale dell’occidente.
L’io narrante è il professore torinese (alter ego dell’autore?) che a lezione impartisce ai suoi studenti il compito di intervistare e documentare le esperienze di quelli che nelle aziende vengono chiamati “risorse umane”:
“Armatevi di registratore e andate a intervistare qualcuno che abbia un’esperienza lavorativa interessante. Fatevi portatori di storie. Il titolo del lavoro è preso in prestito da Carrère: Vite che non sono la mia.”
La sorpresa arriva alla consegna dei lavori: sulla cattedra del professore un fascicolo più alto degli altri porta sul frontespizio il nome della studentessa, Annarita Dionisio, il suo numero di matricola, il titolo della ricerca, “Intervista biografica a Pietro Fogliatti”: per immediata curiosità il docente-narratore legge tutto il testo, scopre che studentessa e numero di iscrizione non esistono. Decide, allora, di partire per Shanghai, il luogo dove si è svolto il dramma di Fogliatti, l’ingegnere torinese che aveva sognato di costruire lì un’automobile elettrica non inquinante, la GS, il Grande Sogno, fuggendo da Torino e da una situazione familiare drammatica: dopo la morte della appena diciottenne Giorgia, la figlia della sua compagna Francesca che lui aveva amato come e più di una figlia, schiantata contro un albero in un incidente di moto insieme al ragazzo, figlio del suo migliore amico.
Francesca non aveva retto alla depressione cupa di Pietro, ossessionato dall’albero contro cui era morta Giorgia, che aveva trasformato in un altarino metropolitano con fiori e biglietti, come se ne vedono tanti, e l’aveva lasciato per fuggire in America. Pietro Fogliatti dunque era approdato a Shanghai, aveva lavorato per lungo tempo al progetto dell’auto avveniristica, e improvvisamente era scomparso senza lasciare tracce dietro di sé.
Il professore amante delle storie, si pone alla ricerca di quest’uomo la cui vicenda umana appare subito misteriosa e drammatica, mescolando insieme fatti privati e una condizione economico/sociologica che nell’attuale Cina, il colosso industriale di cui i mass media riempiono le pagine economiche, appare estremamente preoccupante.
Nella ricerca spasmodica di Fogliatti, il professore italiano va a scavare in meandri sconosciuti alla nostra percezione: i rapporti aziendali improntati alla massima ingiustizia, i luoghi dove in totale disprezzo di diritti e norme elementari di salvaguardia della salute lavorano migliaia di moderni schiavi, la distanza siderale fra i quartieri per i turisti, opulenti come e più delle città occidentali, e i tuguri in cui si ammassano milioni di persone poverissime, prive di speranza, destinate alla sopravvivenza attraverso lavori umilissimi svolti per lo più lontani dai luoghi d’origine. Ovunque aleggia un puzzo irrespirabile, cibi difficilmente commestibili per palati non abituati vengono cucinati per strada in condizioni igieniche inesistenti, le stesse che si trovano nei mercati popolari, nelle case alveare, nei bagni pubblici dall’aria irrespirabile.
La ricerca è lunga e laboriosa, ma le tracce lasciate da Fogliatti parlano di un tentativo di inserimento in una città spaventosamente estesa nella quale l’ingegnere italiano si è imbattuto in una storia simile alla sua: anche Jing, una madre cinese, ha perso l’unico figlio in un incidente causato dal rampollo arrogante di un potente che non si è neppure fermato. Anche lei mette un cartello e dei fiori sul palo del semaforo in ricordo del ragazzo, che viene regolarmente rimosso: in Cina non si guarda, né si rimpiange il passato. Jing, vestita poveramente, fa le pulizie in un negozio di strumenti musicali, ma poi, finito il lavoro, si siede al pianoforte e suona con grande perizia e sensibilità.
La storia raccontata da Perissinotto è ancora lunga e densa, c’è tanto nel libro, ci sono riflessioni sul desiderio di umanizzare il lavoro in fabbrica, sul senso di responsabilità del tecnico italiano che si scontra con il muro del sistema politico ancora potente in Cina, sistema che non si cura dei lavoratori, della loro salute, dei loro diritti, della loro sopravvivenza, ma punta al solo profitto. Un pugno nello stomaco per noi occidentali, impantanati sui problemi del lavoro (sempre meno), delle tutele alle quali eravamo abituati, del sistema sanitario, dei diritti sindacali: in quella parte del pianeta si vive o meglio si sopravvive in modo radicalmente diverso.
Nel viaggio di ricerca di Fogliatti, il narratore arriva a Chongqing:
“una città normale, ma con un cattivo odore. E se Shanghai è un grande magazzino di lusso, Chongqing è un hard discount: trovi tutto quello che ti serve, ma in sottomarca, in confezione più grezza, in formati per persone non troppo esigenti”.
Nel viaggio in un luogo che per certi versi somiglia all’inferno, il professore ha la compagnia dei libri: Le città invisibili di Calvino, che fanno da contrasto e da metafora con la sterminata moderna città cinese, e ancora il classico di Conrad “Cuore di tenebra”... La cultura occidentale delle letture e delle tradizioni contro una Cina che sembra aver dimenticato e rimosso la grande civiltà di cui è stata portatrice nei secoli, per diventare un orrendo bazar dove Santa Claus/Babbo Natale canta i jingle americani ad ogni angolo, dove nei giganteschi mall si abbordano i turisti italiani in cerca di Fake, falsi dei grandi brand occidentali, dove schiavi bambini, donne denutrite e vecchi solitari trascinano una vita ai limiti della decenza.
Libro pieno di tutto quello che turba i sonni di chi è sensibile, quello di Perissinotto, da leggere e soprattutto da meditare a lungo, grazie ad una scrittura precisa e rigorosa, senza sentimentalismi o moralismi, ma non per questo meno efficace nella sua denuncia della deriva verso cui ci stiamo fatalmente incamminando. Fogliatti appare un eroe sconfitto, capace di conservare un sogno, e di darci una speranza:
“Ho usato la parola ‘comunità’ perché vogliamo trasformare il quartiere in una comunità solidale. L’età media qui è molto alta, senza solidarietà tra generazioni non so cosa possa accadere”: l’ultima utopia, un suggerimento anche per le nostre sconcertanti e degradate periferie?
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