

A Roma non ci sono le montagne
- Autore: Ritanna Armeni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Ponte alle Grazie
- Anno di pubblicazione: 2025
A Roma non ci sono le montagne (Ponte alle Grazie, 2025) è il nuovo romanzo della giornalista e scrittrice Ritanna Armeni, dal sottotitolo Il romanzo di via Rasella: lotta, amore e libertà.
Agivano nel cuore di Roma in un perimetro di non più di qualche chilometro. Per nascondersi, non c’erano le montagne ma solo i portoni.
L’autrice, con mano felice e piglio da cronista, descrive in una Roma assediata dai nazisti l’audacia di un gruppo di giovani che sceglie di vivere, amare e combattere per costruire la pace. Una delle pagine più discusse e meno conosciute della Resistenza è sicuramente l’attentato di via Rasella del 23 marzo 1944, quando un gruppo di giovani appartenenti ai Gap (Gruppi di Azione Patriottica) centrali aveva organizzato e condotto un’azione militare perfetta. Con bombe artigianali e qualche rivoltella aveva attaccato una compagnia del reggimento di polizia Bozen. In nessuna delle capitali europee, occupate e sottomesse ai tedeschi, i nazisti avevano subito uno scacco come quello registrato nella piccola e nascosta via romana.
In via Rasella di quei ragazzi borghesi, intellettuali, che leggevano poesie, amavano Proust e Montale, andavano a teatro, frequentavano l’università, le biblioteche, ma avevano messo in conto di perdere la vita pur di colpire il nemico nazista e avevano colpito il nemico dove si sentiva sicuro, non c’è segno di una memoria, come una targa commemorativa. Una guerriglia cittadina, rigorosa e disciplinata, organizzata in ogni particolare e con una noncuranza per la propria sorte, che derivava da una fede indiscutibile, dall’odio per un nemico che opprimeva e uccideva, dall’amore per la libertà che neppure il fascismo aveva sopito, dall’audacia che si possiede solo quando si è giovani impegnati e motivati.
All’attentato, perfettamente riuscito, era seguito l’orrore. I tedeschi avevano preso 330 innocenti, dieci per ogni soldato ammazzato, ne avevano aggiunti altri cinque e li avevano uccisi con un colpo di pistola alla nuca nelle cave di pozzolana di via Ardeatina. Poi avevano sepolto i loro corpi sotto un’esplosione. La rappresaglia doveva essere feroce e immediata per cancellare un’umiliazione cocente. L’importante era obbedire all’ordine di Berlino e dimostrare ai romani che gli occupanti non perdonavano. I nazisti, che dominavano l’Europa, erano stati colpiti a morte da un manipolo di “Banditen” con bombe fabbricate in una cantina.
Le vittime delle Fosse Ardeatine sono una ferita che ancora non si è rimarginata. Il simbolo dell’orrore dei nove mesi di occupazione. A loro è stato dedicato un mausoleo, che rimane un importante punto di incontro e di memoria. Orrore e dolore per gli innocenti uccisi sono i due sentimenti sui quali la memoria si unisce. Si infrange e si divide invece sul giudizio su via Rasella, sull’operazione partigiana, sui giovani che colpirono i nazisti e che gradualmente sono diventati sempre più scomodi e inopportuni. Vittime di un’opinione che ritiene i 335 innocenti uccisi alle Fosse Ardeatine la conseguenza, l’esito inevitabile dell’azione partigiana contro la compagnia tedesca. Se i Gap non avessero agito, se 33 soldati tedeschi non fossero morti, non ci sarebbe stata alcuna rappresaglia. Dalla consequenzialità alla corresponsabilità, il passo può essere molto breve. E così è stato. Le donne e gli uomini di via Rasella sono diventati gradualmente responsabili dell’eccidio delle Fosse Ardeatine quanto chi l’ha commesso. Si ritiene che in via Rasella abbia agito un gruppo di una dozzina di partigiani comunisti, incuranti della vita delle persone e impegnati in una lotta senza quartiere e senza mediazioni per avere il controllo sulla città. Giovani sconsiderati la cui azione era stata pagata da 335 innocenti, come si arriva a dire dei 33 morti della compagnia Bozen, quasi dimenticando l’occupazione nazista della capitale; quindi, visti come vittime di una guerra che non li riguardava.
È certo che l’attentato di via Rasella, ancora dopo tanti decenni, resta uno degli emblemi più evidenti della discordia che c’è nel nostro Paese in materia di memoria storica. Il romanzo di Ritanna Armeni contribuisce in materia determinante a risvegliare nella memoria di ognuno un momento cardine della Resistenza.

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