
La festa del papà si avvicina e regalare un libro è sempre una saggia decisione. Per restare in tema, abbiamo selezionato per voi alcuni titoli in cui il rapporto padre-figlio (o padre-figlia) assume un ruolo centrale. Scopriamoli insieme.
Lettera al padre, Franz Kafka


Se si parla di rapporto padre-figlio in letteratura, non si può certo non partire che dalla famosa Lettera al padre di Kafka. Le pagine che la compongono sono caratterizzate da un sentimento complesso e ambivalente e costituiscono un lungo atto di accusa che l’autore rivolge al padre, colpevole di avergli inferto un’educazione autoritaria e averlo lasciato crescere nel timore della punizione e nel più totale senso di inferiorità.
Si tratta di un’opera di finzione o di una lettera effettiva? In ogni caso, il testo non ha mai raggiunto il suo destinatario.
Tu hai influito su di me come dovevi influire, solo dovresti smettere di considerare come una particolare cattiveria da parte mia il fatto che, sottoposto a questa influenza, io abbia finito per soccombere.
La strada, Cormac McCarthy


Pubblicato nel 2006 e trasposto cinematograficamente nel 2009, La strada di Cormac McCarthy ruota intorno al rapporto padre-figlio in un mondo reso deserto da una catastrofe non meglio identificata. L’unica umanità accettabile è quella ridotta al loro nucleo biunivoco, che procede verso sud, in fuga dal clima invernale sempre più rigido e dagli altri pochi uomini superstiti, caratterizzati da una ferocia animalesca; il bagaglio più prezioso che il padre ha con sé è una pistola con due colpi.
E adesso che facciamo, papà?, disse l’uomo.
Appunto, dimmelo tu, disse il bambino.
Incendi, Richard Ford


Nell’estate del 1960 il fuoco circonda Great Falls, nel Montana. Nello stesso periodo, Jerry, per approfittare del boom petrolifero, decide di trasferirsi lì con la moglie e il figlio Joe e, dopo aver perso il lavoro, si ritroverà a domare incendi.
Ma quello che divora la provincia americana non è l’unico incendio a cui i protagonisti devono far fronte: il sedicenne Joe si trova ben presto invischiato nella crisi tra i genitori, che si rivelano “qualcosa di inesplicabile”, e a riflettere su quanto siamo disposti a sacrificare e scavalcare in nome della felicità.
Quando si hanno sedici anni non si sa quello che sanno i propri genitori, né si sa molto di quello che capiscono, e ancor meno cosa si agita nei loro cuori.
Molto forte, incredibilmente vicino, Jonathan Safran Foer


Oskar ha nove anni quando il padre Thomas muore, l’11 settembre 2001, durante l’attentato alle Torri Gemelle. Di suo padre sa quello che si può capire da bambini: tutto è ancora un mistero. Come la chiave con la scritta “Black” trovata per caso un giorno, frugando nel ripostiglio. A chi porterà?
O come, ancora, l’identità del nonno paterno, mai conosciuto nemmeno da Thomas. Safran Foer guiderà il lettore attraverso questo secondo, più complesso mistero, in cui si riaffacciano la morte violenta, il terrore di vivere e la scelta di escludersi volontariamente dalla comunicazione e dal contatto umani.
C’erano cose che volevo dirgli. Ma sapevo che gli avrebbero fatto male. Così le seppellii e lasciai che facessero male a me.
Le avventure di Pinocchio, Carlo Collodi


Chi non conosce Mastro Geppetto? Geppetto non concepisce Pinocchio, lo crea dal legno, per superare la solitudine e la miseria: vuole diventare burattinaio, anziché essere un sempre più povero falegname.
Ma Pinocchio è il figlio più ribelle che si potesse avere e Geppetto è un padre intransigente: volersi bene non basta, serve scrivere la propria storia, cercarsi, ferirsi, salvarsi. Le avventure di Pinocchio è anche l’evoluzione del rapporto padre-figlio o, ancora, l’indagine di come si diventa padri e di come si diventa figli.
Come siamo disgraziati noialtri poveri ragazzi! Tutti ci sgridano, tutti ci ammoniscono, tutti ci dànno consigli. A lasciarli dire, tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i nostri maestri.
Harry Potter, J.K. Rowling


La saga di Harry Potter ha cresciuto non pochi ragazzi, ma quante diverse figure paterne conta al suo interno?
James Potter, pur non potendo crescere Harry perché ucciso da Voldemort nel tentativo di salvare moglie e figlio, è un padre sempre pronto a correre in soccorso del figlio.
Eppure, anche se sono sicuramente da citare l’amore eccentrico e devoto di Xenophilius Lovegood o quello manipolatore di Lucius Malfoy, il grande modello paterno a cui tutti pensiamo con Harry Potter è Arthur Weasley. Arthur non è solo il padre di Ron, Ginny, Fred e George, e Bill, Charlie e Percy, ma è anche un padre per Harry e per tutti i lettori.
La porta della cucina si aprì e apparve l’intera Famiglia Weasley più Hermione, tutti molto felici, con il signor Weasley che avanzava orgoglioso in mezzo al gruppo, vestito con un pigiama a righe e un impermeabile.
Emma, Jane Austen


Tra i più famosi padri letterari non può certo mancare Mr. Henry Woodhouse. Ipocondriaco, bonario, protettivo, Mr. Woodhouse è stato visto da generazioni di lettori come un simbolo paterno affascinante e positivo, nella sua infantile semplicità. Esiste tuttavia parte della critica che lo considera, a tutti gli effetti, una minaccia per la protagonista: nel suo strenuo opporsi al matrimonio, rappresenta comunque un ostacolo per lo svolgersi del romanzo.
In ogni caso, l’uomo si colloca a buon diritto nel nostro elenco: a voi decidere se si tratti di un padre dall’amore incondizionato o di un narcisista.
“Credo sia vero, cara” disse Mr. Woodhouse con un sospiro. “Ho paura di essere molto capriccioso e difficile a volte”.
Prima di perderti, Tommaso Giagni


Giuseppe si getta da un balcone e il figlio Fausto classifica il padre come un povero inetto e frustrato, contento di adagiarsi per godere i privilegi che l’ambiente gli offre, mai un rischio o una scommessa.
Quando Fausto sceglie però di disperderne le ceneri, Giuseppe improvvisamente gli riappare davanti: è il momento per potersi finalmente dire tutto ciò che pensano l’uno dell’altro.
L’ultima volta insieme tra padre e figlio non è stata commovente, non ha avuto nulla di quello che dovrebbe avere un’ultima volta.
I fratelli Karamazov, Fedor Dostoevskij


I fratelli Karamazov è considerata l’opera più complessa e compiuta di Dostoevskij; sicuramente, si tratta del parricidio più celebre della storia della letteratura.
I quattro fratelli che animano il romanzo sono diversissimi e il padre, Fedor Pavlovic, non è certo un modello pacifico, anzi invita al conflitto. A complicare il quadro, Dimitrij, Ivan, Alesa e Smerdjakov sono tutti figli di donne diverse: ciascuno incarna un diverso modello d’amore e ciascuno è chiamato a rovesciare il modello di Fedor, amandolo e odiandolo allo stesso tempo.
Signori giurati, voi vi ricordate di quella terribile notte della quale anche oggi si è tanto parlato, quando il figlio, scavalcato il recinto, penetrò in casa del padre e si trovò finalmente faccia a faccia con l’uomo che, pur avendolo generato, era il suo nemico e il suo offensore.
Aspetta primavera, Bandini, John Fante


Aspetta primavera, Bandini è il primo (in ordine di pubblicazione, ma secondo in ordine di stesura) romanzo che John Fante dedica ad Arturo Bandini.
Arturo ha quattordici anni ed è un immigrato italiano in Colorado. Decide di superare la propria condizione tramite lo sport (il baseball) e l’amore per una compagna di scuola, mentre il padre Sevo, operaio, sprofonda ogni giorno di più nell’alcol e nel gioco d’azzardo. Ancora una volta, il sentimento che caratterizza il rapporto padre-figlio è un rapporto all’insegna dell’ambiguità: Svevo, agli occhi di Arturo, è al tempo stesso una figura da ammirare, ma anche da temere e da odiare.
Il problema era che quella di Fante era una vita straordinaria. Viveva in America, era un immigrato italiano figlio di un muratore pazzo, con al posto di una madre uno strano ibrido tra una tigre e una suora.
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Conoscete altri libri che parlano del rapporto padre-figlio che vi sentite di consigliare?
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Padri e figli in letteratura: 10 libri da leggere
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“La bambina ovunque”, Stefano Sgambati, Mondadori
Sul tema “padre e figlio” non si può prescindere, nel Novecento italiano, dal capolavoro di Giuseppe Berto, “Il male oscuro”.