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Premio Pulitzer

5 cose che forse non sai su Philip Roth

Oggi ricorre l'anniversario della nascita di Philip Roth, maestro della letteratura americana del secondo Novecento. Scopriamo insieme 5 curiosità che lo riguardano.

Federica Privitera
Federica Privitera Pubblicato il 19-03-2022
5 cose che forse non sai su Philip Roth

Il 19 marzo del 1933 nasceva Philip Roth, uno scrittore che ha inciso profondamente sulla cultura e sul modo di conoscere l’America nel resto del mondo.

Oggi scopriamo 5 curiosità sulla sua vita, includendone una che molto probabilmente saprete già se siete suoi appassionati lettori.

1. Philip Roth è lo scrittore senza Nobel

A partire dagli anni Duemila a ogni edizione del premio Nobel il totonomi includeva sempre quello di Philip Roth. Eppure lo scrittore, cha ha vinto moltissimi altri premi, come il premio Pulitzer nel 1998 per Pastorale Americana, non ha mai ricevuto un premio Nobel. Quando nel 2018 lo scrittore è scomparso, per molti suoi estimatori l’assenza del premio Nobel ha rappresentato una triste mancanza a coronamento della sua attività letteraria.

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2. Philip Roth ebbe diversi alter ego

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Nei suoi romanzi Philip Roth sceglie di volta in volta diverse strategie per presentare la voce narrante delle storie; talvolta è una prima persona, altre volte un narratore onnisciente che non interviene nel racconto. Spesso, tuttavia, con i suoi romanzi presenta anche diverse facce della sua individualità con svariati alter ego: una prima volta è a Alexander Portnoy, a volte si presenta come Philip Roth stesso, un’altra è Natahan Zuckerman (protagonista di Zuckerman scatenato), un’altra volta ancora è Peter Tarnapol (nel romanzo La mia vita di uomo), successivamente Roth si cela dietro David Kepesh (dell’ Animale morente). Il mondo ebreo degli Stati Uniti ha così presentato diverse voci e punti di vista.

3. Philip Roth ha debuttato con un libro scandaloso

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Il successo di Philip Roth coincide con la pubblicazione nel 1969 del Lamento di Portnoy che suscitò non poco scalpore al momento della sua uscita.
Il romanzo racconta infatti, in sette capitoli, delle sedute psicoanalitiche di Alexander Portnoy, un uomo nevrotico ed erotomane (alcuni capitoli si intitolano, per esempio, Seghe e Figomania).
Possiamo solo immaginare l’accoglienza di un romanzo del genere negli anni della sua pubblicazione.

4. Nei romanzi di Philip Roth gli eroi non hanno nulla di eroico

Gli eroi di Roth non sono dei looser, i perdenti di tanta fiction made in Usa, ma dietro il loro successo si annida la trappola della caduta: il tanto osannato sogno americano è eroso da crepe, contraddizioni, angosce. E soprattutto fantasmi: fantasmi ebraici (e nello Scrittore fantasma compare anche quello di Anna Frank), politici e naturalmente sessuali: l’eros è intimamente connesso alla catastrofe e il cuore, a differenza del corpo, non conosce nessuna liberazione sessuale, solo vincoli e ambivalenze insanabili.

5. Philip Roth ha pensato più volte di smettere di scrivere (per poi farlo davvero solo una volta)

Nel 2008 Philip Roth decise di smettere di scrivere: gli sembrava di essere arrivato al capolinea, di non avere più storie da raccontare. In un’intervista ha poi dichiarato che poco dopo la sua decisione andò a vedere una mostra la Met e di aver fatto lo stesso anche il giorno dopo. Il terzo, cosa avrebbe fatto? E così riprese a scrivere. Altre volte dichiarò di non avere più intenzione di scrivere, ma la decisione finale di dire addio alla letteratura arrivò solo nel 2012, quando decise di ritirarsi nella sua casa in Connecticut.

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