Un caso maledetto. Un’avventura del commissario Bordelli
- Autore: Marco Vichi
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2020
Un caso maledetto. Un’avventura del commissario Bordelli (Guanda, 2020) è la nona avventura del commissario Franco Bordelli scritta da Marco Vichi, autore toscano nato a Firenze nel 1957 e residente nel Chianti.
“Per chiudere la sua carriera di sbirro il destino gli aveva riservato un omicidio davvero odioso”.
Gennaio 1970. A due mesi dalla pensione il commissario capo di Pubblica Sicurezza Franco Bordelli non poteva subire proprio adesso una sconfitta. Alderigo Bonsanti Della Spada, nobile, ricco, “con le sue stranezze”, era stato brutalmente seviziato e ucciso nel suo lussuoso appartamento. Il nobile possedeva quel “vizio fiorentino”, come lo chiamavano al tempo del Rinascimento, che lo aveva allontanato dalla sua famiglia e che era stato causa della derisione e del disprezzo della gente cosiddetta “normale”.
Il povero Alderigo non si era meritato una morte così violenta e trovare l’assassino sarebbe potuto essere difficile, rifletteva Bordelli. Ma il poliziotto, in un lavoro in cui conta molto l’intuito, possedeva un asso nella manica, che aveva un nome e un cognome: Pietrino Piras. Il giovane Piras, nominato vice commissario in prova, dopo aver superato il concorso con il massimo punteggio, durante un’attenta perquisizione all’interno dell’abitazione del defunto conte, aveva fatto una fondamentale scoperta, rivelatrice per il prosieguo dell’indagine.
“Hanno ammazzato i’ Conte... Tutto per aria, tutto sfasciato… Sangue dappertutto... Che macello... che macello...”
Un sessantenne che si sente ancora un giovanotto, dalla malinconia dolce e nostalgica che assale Bordelli quando si avventura nei boschi dell’Impruneta, dove ha acquistato una grande casa di contadini alle porte del Chianti. È questo il personaggio letterario, ma diventato reale nel corso degli anni, brillantemente descritto fin dal primo romanzo da Vichi, che il lettore ritrova con piacere.
A casa, in campagna, tra querce e castagni il vento sembra sussurrare qualcosa al commissario, parole portate da lontano, mormorii di gente che se n’è andata da anni, decenni, secoli, che lo chiamano e gli raccontano vecchie storie, cercando conforto. Se la grande casa di contadini è il luogo dove ritirarsi per leggere, ad esempio gli adorati romanzi di Alba de Céspedes, e per meditare, “la casina” in Via del Campuccio, al terzo piano nel quartiere di San Frediano, rappresenta quel futuro che il quasi pensionato Bordelli vorrebbe condividere con Eleonora, l’amore della maturità, molto più giovane di lui.
“Bordelli è passionale, ma anche razionale, e cerca sempre di difendersi dagli insidiosi pregiudizi che si annidano nella coscienza a nostra insaputa… dunque è perplesso, curioso, e usa l’immaginazione per esplorare il futuro. Cerca di capire come prenderà la pensione, che si avvicina senza pietà, ma alla fine sa che non potrà scoprire la sua reazione se non quando arriverà quel giorno”.
Così ci rivela Vichi, quando gli domandiamo come descriverebbe l’umore di Bordelli.
Il suo intuito di sbirro lo porta a pensare che a commettere l’omicidio del Conte non sia stata una persona sola, questo “caso maledetto” è stata un’impresa da compiere in gruppo, con spavalderia, dopo aver bevuto. Il pensiero va all’omicidio di Pier Paolo Pasolini, anche se le dinamiche dell’assassinio del grande intellettuale italiano non sono ancora chiare a distanza di tanti anni.
Chiediamo a Vichi se per la trama del romanzo si è vagamente ispirato a questo tragico episodio:
"Può darsi, Marco - ci risponde - ma non era voluto, così come non ero consapevole di aver evocato in Morte a Firenze l’omicidio di Ermanno Lavorini1. Ma l’assassinio di Pasolini ormai è chiaro, lo si potrebbe trattare con la stessa “formula” che ci ha insegnato proprio lui… Io so, non ho le prove ma io so".
Conosciamo talmente bene Franco Bordelli per definirlo un uomo d’azione, tutto d’un pezzo, con un alto senso della giustizia, che non perde tempo in chiacchiere inutili. Ecco perché non potevamo non domandare a Marco Vichi quale sarebbe l’opinione del commissario capo riguardo alla pandemia da Covid-19, nemico invisibile ma insidiosissimo, che sta tenendo l’intero Pianeta con il fiato sospeso, lui che è abituato a lottare contro assassini in carne e ossa.
“Cercherebbe di chiudere la bocca a quei politicanti – e tutti sanno a chi mi riferisco – che sfruttano anche questo flagello mondiale per sparare le loro coglionate e cercare di abbattere il governo, e forse proporrebbe di ripristinare la gogna”, conclude l’autore toscano.
1 L’omicidio di Ermanno Lavorini venne commesso a Vecchiano il 31 gennaio 1969; la vittima era un bambino di appena dodici anni rapito per chiedere un riscatto e poi ucciso.
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