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Recensioni di libri

Il console di Marco Vichi

Guanda, 2015 - Marco Vichi, creatore del commissario Bordelli, da oggi in libreria con un romanzo storico, che racconta l’esperienza di un console durante gli anni di potere del folle Nerone.

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 11-06-2015

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Il console

Il console

  • Autore: Marco Vichi
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Guanda
  • Anno di pubblicazione: 2015

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Il console è il romanzo storico di Marco Vichi, creatore del commissario Bordelli, da oggi 11 giugno in libreria, edito da Guanda.

“Ti racconterò, dolce Drusilla, di una lunga notte che vissi molti anni fa, e che mi appare, adesso che sono vecchio, il ricordo più intenso della mia vita”.

Inizia così la lettera che un patrizio romano, consapevole di essere arrivato alla fine della sua esistenza, scrive alla sua amata sorella Drusilla che vive nelle nebbie della Britannia, per svelarle quel segreto che l’anziano uomo non aveva finora raccontato a nessuno. La missiva inoltre contiene il bilancio di una vita spesa al servizio dell’Imperatore Tiberio, lontano parente del console.

Dopo una rapida ascesa agli onori dell’Impero, console per tre anni consecutivi, il patrizio era diventato Governatore della Samaria, provincia romana difficile. Per dare solidità a un Impero immenso come quello di Roma, non si deve mai calpestare la dignità dei popoli conquistati ma lasciare loro la libertà delle usanze e dei costumi, cioè quel giusto livello di autonomia indispensabile per non farli sentire unicamente dei sottomessi, se non addirittura schiavi. Così aveva fatto Roma seguendo l’esempio di Alessandro il Grande e in questo modo si era comportato il console, consapevole del fatto che “se vogliamo che il potere sia stabile e duraturo, chi obbedisce deve necessariamente rispettare colui che lo comanda, piegandosi alla sua volontà con l’impressione di sottomettersi a una legge divina e non alla volontà di un uomo”. Ogni tre o quattro anni il console tornava a Roma per riferire di persona a Tiberio gli avvenimenti più importanti, per discutere con l’Imperatore di eventuali preoccupazioni o per chiedere nuovi soldati e armi. L’Urbe era allora il cuore di quell’Impero capace di seguire ogni sua piccola propaggine, per questo motivo tra gli amministratori di qualunque sperduta terra si diffondeva un sempre rinnovato rispetto per la propria patria, per Roma.

Per molti anni i rientri a Roma del console erano stati piacevoli e interessanti e quando “mi accinsi a intraprendere quel nuovo viaggio, mi aspettavo di trovare la stessa piacevolezza”. Da qualche tempo Tiberio si era ritirato a vivere sulla bella e rocciosa isola di Capri (acquistata da Augusto), dopo aver abbandonato “con amaro piacere” la Capitale, portando con sé numerosi studiosi, letterati, giuristi e qualche astrologo. A Capri Tiberio aveva fatto edificare più di dieci ville ma la preferita del malinconico Imperatore, nella quale, di fatto, risiedeva, era l’immensa Villa Jovis, “alta sul mare”. Qui sarebbe avvenuto quel memorabile incontro tra il console e Lena, schiava bruna proveniente “dalle lontane sabbie” della Giudea che sarebbe rimasto impresso nell’animo del console per sempre. Impossibile dimenticare “... il ricordo di quella notte lontana che per tutti questi anni ho custodito nel sarcofago della mia memoria”. Una notte davvero straordinaria “capace di ingarbugliare i miei pensieri”, che spalanca all’uomo una Verità tanto rivoluzionaria quanto pericolosa.

“Lena, il mio nome è Gesù: sono venuto sulla Terra affinché sia compiuto il volere del Padre mio, che sta nei Cieli”.

L’autore toscano attraverso la bella descrizione di un mondo lontano (gli ultimi anni di vita del console si svolgono durante il potere del folle Nerone) fa comprendere al lettore come quel periodo di transizione assomigli a quello attuale.

“Affogavo nel silenzio dei ricordi, mentre il tempo non aveva più senso. Mi accorsi però che nonostante i miei lunghi viaggi nella sconfinata memoria, anche nelle sue terre più lontane, non avevo mai smesso di pensare alla bella schiava”.

Il console

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il console

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Commenti: 1

  • Patrizia
    27 dicembre 2016, 17:36

    Marco Vichi è un buon giallista, ma dio ci scampi dai giallisti che tentano di fare i letterari. E questo libro purtroppo non fa eccezione. Torniamo ai Commissari che è meglio.

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