L’estate è il periodo ideale per le letture: i libri che hanno atteso invano la nostra attenzione durante il resto dell’anno ora posso vivere il loro degno momento di gloria. Per tanto tempo - e forse in fondo anche ora - l’estate è stata il tempo delle mie letture migliori, quelle a cui finalmente potevo dedicarmi senza obblighi né doveri ed evitando di correre il rischio di incorrere in distrazioni.
Nel dolce smarrimento delle ferie agostane, che ci dà l’illusione di potersi estendere all’infinito, la lettura sembra dilatare l’immaginazione: possiamo davvero naufragare dentro una storia, senza sospensioni o interruzioni inopportune.
Leggere d’estate è un’esperienza a sé stante, perché prevede una vera interiorizzazione della lettura e anche una sorta di placida dimenticanza del reale. Premesso che è il periodo ideale per recuperare i grandi classici della letteratura, da Thomas Mann a Proust a Tolstoj, in questo articolo ci concentreremo su delle proposte che tengano conto del vasto e diversificato universo delle narrazioni.
Proponiamo quindi una lista variegata, includendo solo libri belli - testati e approvati dall’autrice dell’articolo - che possano farvi riscoprire il piacere della lettura.
10 libri da leggere in estate
Ecco dunque il decalogo di letture estive: ce n’è davvero per tutti i gusti e di certo, qualsiasi libro scegliate tra quelli nella lista, non ve ne pentirete affatto.
- “L’isola di Arturo” di Elsa Morante
È il libro estivo per eccellenza, sin dal titolo; ma questo libro deve essere letto d’estate, altrimenti si guasta un po’, come se non potesse esprimere tutto il suo potenziale. Le pagine della mia copia de L’isola di Arturo sembrano conservare ancora qualche granello di sabbia, in ricordo di quando lo lessi in riva al mare. Elsa Morante ci trasporta nell’atmosfera quasi mitica di Procida, che ricorda una specie di Eden, dove il giovane Arturo si aggira libero e selvatico pronto ad attraversare la soglia tra la giovinezza e la maturità. Ci sono vicoli senza sole dove vivono i pescatori, lo stridio roco dei gabbiani e segreti racchiusi in una fortezza a picco sul mare. Naturalmente è un libro da leggere soprattutto per le riflessioni profonde che vi sono contenute, ma anche l’ambientazione fa la differenza, per questo vale la pena leggerlo d’estate.
L’isola di Arturo è un libro che narra i moti più segreti del cuore umano e ci parla anche della giovinezza mantenendo intatto il suo stupore e il suo splendore; è intriso di luce e di rimpianto e ci consegna un luogo letterario indimenticabile dal quale, forse, non si fa mai veramente ritorno.
L'isola di Arturo
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- “Furore” di John Steinbeck
L’estate è il periodo perfetto per conoscere la famiglia Joad e il suo esodo lungo la Route 66 alla volta della California. Furore di John Steinbeck è un libro potente che ci consegna un nitido spaccato sociale e anche la denuncia della condizione di vita disumana delle classi subalterne, ma è, in fondo, anche un romanzo di viaggio e di avventura. L’odissea dei Joad ci trasporta in una terra assolata, in balia delle tempeste di sabbia e dell’arsura: anziché attraversare mari impetuosi, come Ulisse, i nostri protagonisti viaggiano via terra, sostenuti da una speranza costantemente minacciata da disagi, dolori, conflitti. Steinbeck fa spesso riferimento al calore e all’arsura, come ostacolo all’impresa dei temerari contadini dell’Oklahoma che sognano una vita migliore: la vicenda romanzata si innestava sulla vera vicenda dei contadini che migravano verso ovest negli anni della Grande Depressione, testimoniata dai reportage di Dorothea Lange. Una storia impossibile da abbandonare che vi terrà letteralmente incollati alle pagine per conoscere la sorte dei protagonisti: vi sentirete accanto a loro, vi arrabbierete con loro e proverete lo stesso desiderio impetuoso di rivalsa.
E nei loro occhi cresce il furore. Nell’anima degli affamati i semi del furore sono diventati acini, e gli acini ormai grappoli maturi per la vendemmia.
Furore
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- “La casa del sonno” di Jonathan Coe
Atmosfere surreali e allucinatorie fanno da sfondo a La casa del sonno di Jonathan Coe, un libro che vi trasporterà in una sorta di incubo a occhi aperti. Al centro della trama troviamo un gruppo di ragazzi che vivono in un pensionato studentesco sulla scogliera di Ashdown, tra loro si intrecciano relazioni pericolose e ambigue, mentre tutti patiscono degli strani disturbi del sonno. Il soggetto attorno a cui gravitano gli interessi principali di tutti i protagonisti è Sarah, una ragazza affetta da narcolessia. Quattordici anni dopo scopriamo che uno di loro, Gregory, proprio nel luogo in cui un tempo c’era il pensionato, sulla scogliera di Ashdown, ha fondato una clinica per il sonno dove si svolgono degli strani esperimenti. Jonathan Coe procede attraverso salti temporali - i capitoli dispari sono ambientati nel passato, quelli pari nel presente - intrecciando a doppio filo le vicende dei protagonisti, sino a un finale imprevedibile: ma sono numerosi i leitmotiv che accompagnano la narrazione, tra cui la fugacità della giovinezza, l’imprevedibilità del destino e, soprattutto, quanto quello che abbiamo vissuto in passato influenzi il nostro presente.
La casa del sonno
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- “A sangue freddo” di Truman Capote
L’estate è il momento migliore per sprofondare nella lettura di uno dei libri più brillanti e sottovalutati di Truman Capote: A sangue freddo. L’autore è ricordato per Colazione da Tiffany, spesso si tralascia il suo vero capolavoro, ovvero questo poderoso resoconto ispirato a un reale caso di cronaca avvenuto il 15 novembre 1959 in Kansas. Un’intera famiglia di quattro persone, madre, padre e i due figli, fu sterminata da due rapinatori entrati in casa per derubarli.
Si tratta del primo esempio di reportage giornalistico che diventa opera narrativa: Capote lo pubblicò inizialmente a puntate sul New Yorker, in seguito vi si dedicò in una fitta operazione riscrittura traendone un romanzo. Questo libro non assomiglierà a nulla che voi abbiate già letto: c’è un’indagine minuziosa, una capacità di drammatizzazione che non indugia mai nel patetico eppure racconta ogni dettaglio con una capacità impressionante, e poi c’è l’indagine nel cuore del male. Sembra che Capote voglia spiegare le ragioni del male in questo libro, in bilico tra opera narrativa e reportage giornalistico, pur sapendo di non poter giungere ad alcuna conclusione certa. L’autore narra lo strazio della famiglia Clutter, ma anche il punto di vista dei due killer, Dick e Perry, che lui stesso andò a trovare in carcere. Una piccola storia di provincia che diventa emblema della banalità del male e vi lascerà i brividi sulla pelle, anche se vi trovate sotto il soffocante sole estivo.
A sangue freddo
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- “Benedizione” di Kent Haruf
Il volume imperdibile della cosiddetta “Trilogia della pianura” di Kent Haruf. In Benedizione farete la conoscenza di Dad Lewis, un personaggio impossibile da dimenticare, e della cittadina di Holt, in Colorado nella quale sono ambientate le altre storie di Haruf.
Questo romanzo è ambientato d’estate: sin dal principio sappiamo che sarà l’ultima estate di Dad Lewis, che l’uomo sta per morire. Viene accudito dalla moglie e dalla figlia, mentre ripercorre tutta la sua vita attraverso i dialoghi con le persone che vengono a fargli visita. Nella casa accanto viene a vivere Alice, una bambina rimasta orfana, accudita dalla nonna Berta May. Il dolore di Dad e quello di Alice si confrontano nella luce morente di fine estate, dove ogni cosa sembra essere vicina a svelare il suo più intimo segreto. Un romanzo tenero, lento e feroce, come solo i grandi romanzi sanno essere.
Benedizione
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- “La custode di mia sorella” di Jodi Picoult
Un libro indimenticabile, dal finale sorprendente e lacerante, del tutto diverso dal film. Consiglio spassionato: non guardate il film, leggete il libro che è davvero un ottimo romanzo. La custode di mia sorella di Jodi Picoult narra la storia di Kate, una bambina malata di leucemia mieloide ma nel dare voce alla sua storia racconta anche la vicenda di tutta la sua famiglia e di chi se ne prende cura: la madre Sarah, il padre Brian, il fratello Jesse e, infine, sua sorella Anna. Sarà proprio Anna a iniziare la storia intentando una causa legale per sottrarsi alla custodia dei genitori: la ragazza afferma di essere venuta al mondo solamente per essere la donatrice che tiene in vita sua sorella Kate. A questo punto Picoult dà voce anche ad altri due personaggi, l’avvocato Campbell Alexander e la tutrice Julia, nominata dal legale per tenere in custodia Anna. La narrazione copre l’arco di dieci giorni in cui si svolge il processo, sino all’udienza conclusiva.
L’autrice è abile nell’esprimere le ragioni e i torti di tutti i personaggi della storia, costringendo il lettore a porsi numerose domande e a mettere in dubbio le proprie certezze, sino a un finale imprevedibile.
La custode di mia sorella
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- “La storia di un matrimonio” di Andrew Sean Greer
Eccoci nella vita dei coniugi Cook, la tipica coppia americana della borghesia anni Cinquanta. La storia di un matrimonio ci immerge da subito in una atmosfera claustrofobica, dove nulla è come sembra. Pearlie Cook - l’io narrante - cerca di capire chi sia veramente suo marito Holland, ne svela i segreti e così, pagina dopo pagina, in una scrittura magistrale, una storia sentimentale prende un’ineffabile piega thriller. Un romanzo appassionante che affronta numerose tematiche scottanti - la guerra, l’omossessualità, la segregazione razziale - e solleva altrettante domande sul rapporto di coppia: è possibile davvero conoscere l’altro? Quanti non detti ci sono tra due persone? “L’oggetto del nostro amore esiste soltanto per frammenti”, così teorizza splendidamente Andrew Sean Greer.
La storia di un matrimonio
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- “L’idiota” di Dostoevskij
Non si è un vero lettore se in spiaggia non si legge Dostoevskij, si sa. Io un anno l’ho fatto davvero e la mia lettura prescelta è stata L’idiota. Da quel momento l’estate mi porta sempre il ricordo del Principe Miskyn e delle sue mirabili sentenze: questo personaggio viene descritto come un uomo buono, troppo buono, una sorta di “angelo”, ed è uno dei personaggi più interessanti della storia della letteratura. Myskin infatti è malato di epilessia, un male incomprensibile dal quale sta cercando da anni di curarsi; ma è un malessere costante da cui si risveglia ogni volta sconfitto. Lui rappresenta la morale in un mondo che non conosce morale e, come tutti i“ candidi di spirito”, è destinato a perire.
Un romanzo poderoso che propone un’indagine non sul male - come in Delitto e castigo - ma sul concetto di morale e ci costringe a interrogarci, a metterci in discussione e, naturalmente, a continuare a leggere. “La bellezza salverà il mondo?”
L'idiota
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- “Vite che non sono la mia” di Emmanuel Carrère
Uno dei migliori libri di Carrère che ci costringe a confrontarci con le nostre paure segrete, le angosce, le nevrosi latenti in ciascuno di noi. Vite che non sono la mia inizia narrando il terribile tsunami, avvenuto in Sri Lanka nel dicembre 2004, e da qui dipana una narrazione che prende la forma di un’indagine del destino: a quel terribile evento Carrère sopravvive, ma altre persone muoiono, tra le quali una bambina.
In queste pagine lo scrittore attraversa il dolore della perdita e, con esso, anche i cortocircuiti insiti nella vita: nella seconda parte narra del tumore che uccide la sorella della moglie e dello smarrimento dei suoi figli. Si mescolano esperienze, punti di vista, sentimenti, tentando di dare una forma alla materia scomposta, oscura del dolore.
Emmanuel Carrère dà voce all’impotenza umana, quella che a volte ci coglie in certi momenti dell’esistenza e ci lascia sconfitti; riesce a farlo con una penna sublime capace di dare senso persino alla materia più inenarrabile e renderla comprensibile, consegnandoci infine una forma di serenità consolatoria.
Vite che non sono la mia
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- “Troppa felicità” di Alice Munro
Una delle raccolte di racconti più formidabili di Alice Munro, se volete leggere o riscoprire questa autrice premio Nobel recentemente scomparsa.
Troppa felicità mette in luce, in maniera quasi paradossale, la meschinità e la cattiveria degli esseri umani. Lo chiarisco subito: la felicità non è l’argomento di questi racconti. Il titolo fa riferimento all’ultima frase pronunciata da Sofia Kovalevskaja, matematica e scrittrice, in uno stato di delirio in punto di morte: questo episodio incuriosì Munro e la spinse a narrare i racconti di questa raccolta, che appunto si concludono con la storia di Sof’ja. La felicità è un barlume, un barbaglio, non è mai completa: ci sono molte ferite, alcune sanguinanti, altre riemarginate.
“Che pensieri orrendi e incresciosi affioravano senza tenerci sopra il coperchio” fa dire Munro a una dei suoi protagonisti, immmergendoci nel vivo più pungente della coscienza. Troppa felicità ci narra tante storie, ma c’è sempre un filo conduttore di fondo: la certezza della banalità del male, la responsabilità inconfessabile e, soprattutto, la durata effimera della felicità che sembra sempre morire troppo presto, prima che si riesca a credere di averla provata. I racconti sono travolgenti, spesso presentano un colpo di scena inatteso e lasciano sempre il presentimento di aver colto, tra le righe, una verità profonda, bianca e tonda come una perla rara.
Troppa felicità
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 10 libri da leggere in riva al mare: un decalogo per l’estate
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