Tutti i giornali annunciano l’addio alla regina del racconto breve, come se non ci fosse altra definizione possibile per onorare Alice Munro. Nella motivazione del Premio Nobel per la Letteratura, nel 2013, la scrittrice canadese fu definita “master of the contemporary short story”, era la più breve e stringata “Nobel motivation” della storia del premio.
Sono parole che, in realtà, non definiscono affatto il lavoro di Munro, o perlomeno, non sono sufficienti a onorarlo. La sua scrittura è caratterizzata da una perfezione formale assoluta, da un continuo cesello della parola che trasforma ogni frase in una rivelazione epifanica e anche in un abisso capace di inghiottirti senza scampo. La scrittura di Munro veleggiava leggera, dotata di una luminosità capace di avvolgerti come un’aura, arrivava dritta al punto spalancando voragini nella mente del lettore.
Non solo racconti, l’autrice scrisse anche un romanzo dal titolo La vita delle ragazze e delle donne, forse la sua opera più sottovalutata. Pare che si trattasse di un libro scritto a tavolino, dopo che numerosi editori avevano rifiutato la prima raccolta di Munro, Danza delle ombre felici. Lei comunque quella raccolta l’avrebbe pubblicata lo stesso, nel 1968, e proprio quel libro, contro ogni aspettativa, avrebbe segnato il suo trionfo sulla scena letteraria.
“La vita delle ragazze e delle donne”: un’autobiografia mascherata
Link affiliato
Un famoso editore, Jack McClelland, all’inizio della sua carriera letteraria le disse che non si sarebbe mai potuta affermare nel mondo editoriale scrivendo soltanto racconti, ma che era necessario si dedicasse a un’opera di più ampio respiro: non poteva immaginare che Alice Munro avrebbe sfidato ogni pronostico divenendo celebre a livello mondiale come la “regina del racconto breve”.
Quell’unico romanzo La vita delle ragazze e delle donne, tuttavia, ci dice molto riguardo la vita e il talento di Munro: nei capitoli che lo compongono, che si susseguono a incastro come a creare un ampio mosaico, è racchiusa l’evoluzione dall’infanzia all’età adulta, il punto di vista dell’autrice sul mondo delle relazioni e la vita delle ragazze nell’America conservatrice degli anni Quaranta. In quelle righe palpitava già, pulsante, indomita, la voce di Alice Munro: nitida, scanzonata e al contempo affilata nell’indagare la verità oltre la superficie dell’apparenza, capace di operare una forma di rivoluzione silenziosa.
Quel libro era anche l’autobiografia mascherata di Alice Munro: nata Alice Ann Laidlaw, nella cittadina di Wingham, in Ontario, figlia di un allevatore di volpi e visoni e di un’insegnante. Nelle tappe di crescita della protagonista Del Jordan, che osserva con occhi spalancati e irriverenti tutto ciò che la circonda, possiamo scorgere Alice e il suo mondo: la provincia canadese immersa nei boschi al confine con le paludi e le piccole vite che la compongono. Quello sfondo sarebbe ritornato come una costante in tutti i racconti di Munro, capaci di narrare una quotidianità spicciola, sempre uguale, eppure sempre diversa. Le pagine de La vita delle ragazze e delle donne erano un susseguirsi di intuizioni, al contempo tenere e spietate, che ponevano il lettore nel mezzo di una verità. Lì c’era anche la vita umile e tuttavia piena di grazia di Alice sino alle soglie dell’età adulta.
La vita di Alice Munro
Prima di essere consacrata sulla scena letteraria mondiale dal successo di Danza delle ombre felici, Alice Munro era stata parte dell’anonimato tranquillo della vita di provincia: aveva lavorato come cameriera, impiegata in una biblioteca e persino raccoglitrice di tabacco mentre studiava lingua e letteratura inglese all’Università dell’Ontario. In seguito aveva lasciato gli studi specialistici in giornalismo nel 1951 per sposare il compagno di studi James Munro, un matrimonio non dal lieto fine. Insieme a James, da cui avrebbe adottato il cognome che l’avrebbe poi resa celebre, Alice fondò una libreria, la Munro Books, tuttora in attività nella città di Victoria. Il matrimonio con James sarebbe finito nel 1972, dopo la nascita di quattro bambine, di cui una, la piccola Catherine, morta pochi giorni dopo il parto.
Dopo la fine del suo matrimonio, Alice Munro sarebbe tornata stabilmente in Ontario per dedicarsi alla sua attività di scrittrice. È morta nella sua casa di Port Hope, dal nome immaginifico “Porto Speranza”, dove viveva da tempo lontana dalla scena pubblica a causa della demenza senile.
La provincia canadese e i suoi abitanti avrebbero fatto da sfondo a tutti i suoi racconti: vite semplici della quale Munro, con la consueta maestria, avrebbe rivelato gli aspetti più intimi e segreti.
Ogni vita è a suo modo speciale, questa è stata la grande rivelazione della narrativa di Munro - ingiustamente ridotta all’appellativo di short stories. La forza letteraria di Alice Munro è stata la capacità di portare sulla pagina tutta la complessità della vita, con le sue fratture, le sue amarezze, i suoi tormenti e le sue sfide.
No, i suoi non erano semplicemente racconti, erano universi che spingevano il lettore a scrutare nelle pieghe insondabili del cuore.
“Danza delle ombre felici”: il racconto rivelazione di Alice Munro
Link affiliato
Con Danza delle ombre felici, la sua prima raccolta di racconti, Munro avrebbe vinto il Governor General’s Award, il più prestigioso premio letterario canadese. Contrariamente al parere del famoso editore, si sarebbe affermata con i racconti e non grazie alla forma romanzo. Il titolo della raccolta era la citazione di una sinfonia di Gluck. Per comprendere il talento di Alice Munro basterebbe prendere in analisi questo unico racconto, posto nel finale del libro, che dà il titolo all’intera opera.
Si apre con Miss Marsalles che ha invitato le madri dei suoi allievi al saggio musicale di fine anno nel suo nuovo villino di Bala Street.
“Miss Marsalles darà un’altra festa. (Forse per ragioni di onestà musicale, o forse per autentico desiderio di festeggiare, non le chiama mai saggi).”
Queste le parole d’apertura del testo che già rivelano l’atteggiamento annoiato con il quale le madri si apprestano a partecipare all’evento. Stanchi riti di provincia, ricorrenze annuali ormai divenute tristi rituali da svolgere per obbligo sociale. La madre della protagonista inventa una scusa per risparmiarsi l’ennesima tortura; ma con Miss Marsalles nessuna scusa può reggere, così sa già che sarà costretta ad andarci. Cordialità di circostanza, una tavola imbandita di tramezzini, caldo e disagio sono gli ingredienti principali della festa in giardino. Il chiacchiericcio basso e monotono è interrotto dalle solite esecuzioni stentate dei bambini. Finché nella stanca ritualità dell’evento non si fa strada, inatteso, un cambiamento: appaiono dei bambini che non sono figli delle madri presenti al saggio. Sono gli allievi di Miss Marsalles alla Greenhill School, una scuola che ospita bambini affetti da handicap fisici e mentali.
Nella cordialità gelida del pubblico si insinua una crepa, come una scheggiatura su un vetro tirato a lucido. Alice Munro riesce a dare voce al contrasto stridente tra apparenza e realtà: gli applausi scroscianti fanno a pugni con i reali pensieri delle madri presenti, “Che razza di festa è questa?”, continuano ad applaudire mentre non vedono l’ora di andarsene e fuggire da quella situazione nella quale si trovano come intrappolate. Finché sullo sgabello destinato all’esecutore non arriva una bambina di nome Dolores Boyle. Anche lei è un’allieva della Greenhill School. Le madri si preparano a un altro applauso di circostanza, ma la piccola suona in modo divino trasformando la musica in una sensazione, in una forza capace di superare ogni barriera. Mentre la bambina suona con la testa ciondoloni sul pianoforte, gli spettatori trattengono il respiro. Alice Munro lascia che sia la musica a parlare e, con la forza delle parole, riesce a farcela sentire in una maniera commovente. Il brano eseguito da Dolores è La danza delle ombre felici di Gluck. Quando la musica si interrompe l’incanto si spezza: la talentuosa Dolores torna a essere una bambina disabile agli occhi della gente cosiddetta “normale” che non riesce ad ammettere di essere stata sfiorata dal miracolo. Si torna alla cordialità di circostanza, solo Miss Marsalles sorride fiera, perché per lei “nessun dono è imprevedibile”. Terminata la festa, le madri riprendono per mano i loro figli per fare ritorno a casa; eppure i soliti commenti malevoli sulle orride feste di Miss Marsalles tacciono. Nelle orecchie degli invitati risuona ancora la melodia straordinaria della Danza delle ombre felici. Quel brano ha fatto la differenza, e ha insegnato loro qualcosa, nonostante tutto.
Come mai non riusciamo a pronunciare la frase che ci saremmo aspettate di dire: “Povera Miss Marsalles?” È la Danza delle ombre felici a impedircelo, quell’unico dispaccio proveniente dal paese diverso nel quale lei vive.
Ecco, forse dovremmo leggere l’intera produzione di Alice Munro come la musica di “danza delle ombre felici”: un miracolo capace di dire l’indicibile, di far udire l’inudibile, che proveniva da un “paese diverso” al quale solo le anime sensibili e pure possono accedere, oltre lo schermo vano dell’apparenza e del pregiudizio. La scrittura alata di Alice Munro riusciva a dissolvere il velo increspato dell’apparenza ponendoci nel cuore delle cose, lì dove risiedono bellezza e orrore, tenerezza e pietà.
Recensione del libro
Danza delle ombre felici
di Alice Munro
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Addio a Alice Munro, la scrittrice che ha narrato la danza delle ombre felici
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Einaudi Libri da leggere e regalare Alice Munro
Lascia il tuo commento