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Recensioni di libri

La grande estate di Elizabeth Winder

Guanda, 2015 - Elizabeth Winder, attraverso i diari della poetessa e le testimonianze delle altre stagiste, ricostruisce un breve e finora poco conosciuto capitolo della vita di Sylvia Plath ottenendo un ritratto veritiero.

Antonella Stoppini
Antonella Stoppini Pubblicato il 16-03-2015

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La grande estate

La grande estate

  • Autore: Sylvia Plath
  • Genere: Storie vere
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: Guanda
  • Anno di pubblicazione: 2015

All’inizio dell’estate del 1953, un’attraente ragazza di circa venti anni, alta, dai bei capelli ondulati castano chiaro faceva i bagagli per andare quattro settimane a New York.

“Ho sognato New York e sto per andarci”.

Era la prima volta che la giovane si allontanava dal Massachusetts, dove risiedeva e frequentava lo Smith College, aveva vinto una borsa di studio come guest editor (redattore) nella redazione di Mademoiselle, prestigiosa rivista femminile di moda che ogni anno selezionava venti studentesse come praticanti per la stesura del numero dedicato al college.

La ragazza, prima della partenza, aveva acquistato, tra le varie cose, due tubini, uno nero e l’altro bianco e blu con giacca coordinata. Gli abiti nuovi “le davano una vertigine di felicità”. Nella sua valigia la studentessa aveva riposto, oltre ai vestiti, grandi speranze e la consapevolezza di volere ottenere il meglio che la vita le poteva riservare. Il 31 maggio le ragazze erano ormai tutte giunte nella Grande Mela e avevano iniziato a fare amicizia. Nessuna avrebbe mai potuto immaginare che Sylvia Plath, nata a Boston il 27 ottobre 1932 e morta suicida a Londra l’11 febbraio 1963, che era tra di loro, sarebbe diventata poetessa e scrittrice, icona letteraria. Le praticanti risiedevano al Barbizon Hotel “ventitré piani di mattoni color rosa caldo” che si trovava all’angolo fra la Lexington Avenue e la 63esima strada. La stanza di Sylvia era grande come una cabina armadio ma dalla sua finestra poteva avere una vista che arrivava fino all’East River.

“Quella stanzetta angusta rappresentava la libertà”.

La mansione della Plath era di caporedattrice praticante “leggo continuamente manoscritti affascinanti e compilo promemoria con i miei commenti”. La rivista, situata nella 79esima strada, era nata nel 1935, la cui lettrice tipo era raffinata, ambiziosa e mondana, pubblicava short stories di autori tipo Truman Capote e Tennessee Williams.

Sylvia Plath nel 1952 aveva vinto cinquecento dollari in seguito alla pubblicazione del suo racconto “Domenica dai Milton”. Negli anni Cinquanta New York fu testimone di un notevole afflusso di donne single che lavoravano come segretarie, modelle, giornaliste. Sylvia e la maggior parte delle sue compagne si sentivano elettrizzate da questa atmosfera di cambiamento e novità perché queste straordinarie quattro settimane in un’altra città rappresentavano l’opportunità di una vita diversa. Il praticantato consisteva anche nel partecipare a sfilate di moda, musei, balletti, parties, cocktail, visite a quotidiani e agenzie di pubblicità. Sylvia era a New York non solo per lavorare ma “per vivere”.

Elizabeth Winder, attraverso i diari della poetessa e le testimonianze delle altre stagiste, ricostruisce un breve e finora poco conosciuto capitolo della vita di Sylvia ottenendo un ritratto veritiero. Anne Shawber, ex compagna di praticantato della Plath, ricorda Sylvia:

“Ripenso a lei, con la sua risata troppo vivace e il sorriso sempre sulle labbra”.

Nell’Introduzione al testo Elizabeth Winder scrive che

“questo libro è un tentativo di smontare il cliché della Plath artista maledetta. Abiti, riviste e cibo le davano un autentico piacere, in contrasto con le crude riduzioni della poetessa ad artista tormentata”.

Quindi una giovane donna che amava prendere il sole perché le dava “una grande pace radiosa” e che adorava truccarsi “usava il rossetto di Revlon Cherries in the Snow, sulle labbra carnose”.

Tra le pagine de La grande estate si avverte l’emozione e le speranze di Sylvia Plath e il suo genuino entusiasmo per il lavoro e i ragazzi che incontra. Questo periodo è stato ricordato nella sua semi autobiografia e unico romanzo “La campana di vetro”, “arde di una spietata luce fosforescente”, pubblicato nel 1963 sotto lo pseudonimo di Victoria Lucas. Resta impressa nella mente l’immagine di questa fragile e geniale donna dall’incredibile talento che portava spesso una fascia nei suoi capelli del suo colore preferito, il rosso, e aveva pubblicato la sua prima poesia a soli otto anni.

La grande estate. Sylvia Plath a New York, 1953

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La grande estate

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