La confraternita delle ossa
- Autore: Paolo Roversi
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2016
Una confraternita millenaria che persegue obiettivi occulti. Una catena di delitti e di cadaveri eccellenti a Milano. Una bella donna che seduce giovani maschi, li uccide e occulta i corpi. Fruste e segreti inconfessabili, riti orgiastici, corpi sciolti nell’acido. C’è tanta "roba" nel nuovo romanzo di Paolo Roversi, “La confraternita delle ossa”, pubblicato a settembre 2016 da Marsilio e uscito ad ottobre già in seconda edizione (pp. 394, euro 18,50), nella collana Farfalle I Gialli.
È il prequel di una serie di titoli fortunati, che vedono alle prime mosse, in quel di Milano, un allora acerbo freelance ed hacker Enrico Radeschi, col suo importante partner investigativo Loris Sebastiani, il vicequestore con l’eterno toscanello spento in bocca.
Un buon thriller all’italiana o, più correttamente, alla milanese. Un Roversi in spolvero, scrittore, giornalista, sceneggiatore, nato nel Mantovano e autore di numerosi romanzi, tradotti in quattro lingue (da ricordare, nei MAXI tascabili Marsilio, “Milano criminale” e “Solo il tempo di morire”, 2015).
Nelle pagine di questo primo titolo di una serie avviata dieci anni fa dal quarantenne suzzarese, c’è all’opera l’Enrico Radeschi del 2002, ragazzo di bell’aspetto, allora neo giornalista pubblicista ventiseienne, sbarcato dall’estrema provincia di Mantova al capoluogo meneghino per cercare fortuna in qualche TG, con una laurea in lettere faticosamente messa insieme da studente non frequentante. Ama polemizzare, ce l’ha nel dna e vuole sfondare a tutti i costi nel mondo dell’informazione. Gira con una Vespa 50 scassata, verniciata di giallo con le bombolette, "il Giallone", che riesce a mantenere in vita per miracolo.
Radeschi: con quel cognome è impossibile vivere sotto la Madunina senza essere oggetto di battute simpatiche o stupide, a scuola, al liceo, all’università, in qualsiasi posto in cui siano famigerate le imprese del feldmarescialo che comandava le armate austriache nel Lombardo Veneto. Non è che nel 1848 Radetzky abbia lasciato un buon ricorfo a Milano. Ma sono passati secoli!
“Però gli stronzi ricordano sempre di tutto”
obietta il caporedattore di Telecity, l’emittente milanese alla quale il giovane aspirante cronista televisivo si è rivolto per fare il salto nel giornalismo che conta.
Guarneri offre ad Enrico un incarico da assistente tuttofare, con rimborsi spese, senza uno stipendio vero. In pratica, l’intera gamma lavorativa tra lo schiavo e il telereporter, a salario zero.
Nemmeno il tempo di arrivare sul luogo del primo "servizio" (un principe del foro ucciso a coltellate in pieno centro, a Piazza dei Mercanti) e il cinico giornalista è colto da infarto.
Tutto da rifare per Radeschi, ma intanto ha potuto avvicinarsi al cadavere e ha conosciuto Sebastiani, incaricato dal questore di “risolvere la rogna” del selvaggio assassinio di un avvocato di grido, l’ultrasessantenne Sommese. Da notare che la vittima, prima di spirare tra atroci dolori, ha scritto qualcosa per terra col suo sangue. Un messaggio? Solo un simbolo, un candelabro rovesciato, come una Menorah.
Con l’aiuto del coinquilino Fabio, uno studente calabrese geniaccio del computer, Enrico mette su un blog, "Milanonera", sul quale pubblica le sue auto-corrispondenze. Sta di fatto che il sito attira l’attenzione di una setta segreta. I vertici celano la propria identità facendosi chiamare "il Maestro" e "il Sublime", ogni adepto è sconosciuto agli altri. Li vediamo riunirsi in un ossario, sotto una chiesa famosa, tutti incappucciati, convocati con un’insolita procedura d’urgenza, proprio perché la confraternita è messa in pericolo da un blogger molto informato. I confratelli passano al contrattacco. Il sito di Enrico viene hackerato e i testi cancellati (ma questo non sfugge a qualcuno in Polizia). Un poco di buono si autoaccusa del delitto dell’avvocato: una banale rapina malriuscita. Sebastiani riceve perfino i complimenti del questore: si chiama Lamberto Duca, omaggio al grande Scerbanenco: una citazione del suo Duca Lamberti, l’investigatore ex medico. Loris fa di tutto per convincersi che il balordo è il colpevole perfetto, ma il suo migliore collaboratore continua a indagare sul reo confesso e sul caso. È l’ispettore capo Lonigro, un poliziotto coi fiocchi che si trova a suo agio in divisa.
Sembra risolto, nel frattempo, il caso del mostro che si accanisce sui giovani. I buttafuori di un locale fighetto hanno dovuto rivelare che l’ultimo degli scamparsi si è allontanato con una mora stratosferica, sui trentacinque. Ora hanno un identikit della “Mantide” assassina.
Tutto ok, si direbbe, a parte la lista dei morti che si allunga esponenzialmente. Tanto di guadagnato per Enrico, in sella al suo vespino e che per la prima volta racconta in prima persona nei romanzi di Paolo Roversi.
Tutto bene... fino al botto fortissimo, lassù in alto. Uno sbalordito Radeschi solleva la testa, come le persone intorno a lui. Tutti col naso in su, increduli, spaventati. C’è un palazzo in fiamme. Non uno qualsiasi: sta bruciando il grattacielo Pirelli, sede della Regione Lombardia e orgoglio urbanistico della città. Un aereo. Contro. L’11 settembre di Milano. Ma c’è di peggio sotto i piedi della città, di molto peggio.
La confraternita delle ossa. La serie di Radeschi (Vol. 1)
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