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Recensioni di libri

Milano criminale di Paolo Roversi

La mala milanese degli anni in bianco e nero, nel prequel di “Solo il tempo di morire”, dalla rapina di via Osoppo al 1970, passando per il colpo di via Monte Napoleone.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 13-05-2015

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Milano criminale

Milano criminale

  • Autore: Paolo Roversi
  • Casa editrice: Marsilio

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“Milano criminale” di Paolo Roversi racconta la Milano anni Sessanta, le carriere dissociate del re della mala e di un bravo poliziotto.

La sorpresa è completa, i tre nel furgone portavalori - l’autista, il poliziotto di scorta e l’impiegato di banca – sono sopraffatti senza sparare. I soldi arraffati in fretta davanti alla gente, distratta da un incidente simulato. Per confondersi nel quartiere operaio, gli uomini della banda indossano il toni, le tute blu dei lavoratori, tanto comuni a Milano nel 1958. Antonio, 14 anni, è davanti al portone di casa, la bici appoggiata al muro e assiste alla “rapina”, come verrà ricordato per anni il colpo di via Osoppo. E in quel momento decide: non sarà avvocato, come vorrebbe il padre e neanche medico, come sogna la madre, ma farà lo sbirro.
Dall’altra parte della strada, altri tre ragazzini hanno seguito tutto, con ammirazione. Realizzano piccoli furti pure loro, qualche oggetto via dalle case, distraggono l’edicolante e gli portano via pacchi di figurine. Uno dei bambini, Roberto, quella sera stessa passerà brevemente, per la prima volta, dal Beccaria, il carcere minorile meneghino, per avere liberato le tigri sonnolente del vicino circo Medini. Non ha che 8 anni, ma tra poco più di una dozzina diventerà il Vandelli, il bandito del Giambellino. L’altro sarà Antonio Santi, il poliziotto che non molla mai.

Benvenuti in “Milano criminale”, romanzo Marsilio (398 pagine 14 euro) dello scrittore, giornalista e sceneggiatore Paolo Roversi, prequel del noir milanese “Solo il tempo di morire”.
Un botto stratosferico quel colpo: 600 milioni di lire, più assegni circolari e titoli al portatore. Per guadagnare la stessa cifra, uno che il toni doveva indossarlo ogni santo giorno avrebbe dovuto lavorare duemila anni, con le sue 25mila lire al mese. La strada si popola di divise e il ragazzino con la bici resta a godersele. I tre più piccoli, i ligera, si dileguano.
La legge Merlin chiude i bordelli, intanto la mala cresce. Sono i tempi delle imprese del Barone, dell’Americano, rapine negli uffici postali, in banca, ai gioiellieri. Violenza minacciata, mai esercitata. Tanti danè per coprire tante donne di gioielli, pellicce e champagne.
Antonio concorre in Polizia. Corso a Piacenza, primo servizio a Roma, città che gli va a genio, altro clima del nebbiun di Milano. Quattordici mesi dopo, ritorno sotto la Madunina, destinazione sgradita per tanti: troppo lavoro e troppo rischio. Piazza difficile, ma serve personale. L’agente scelto Santi rientra dalle parti di casa.
Cresce anche Vandelli, smilzo, mingherlino, un fascio di nervi. Per tutti è Robertino. Al secondo soggiorno al Beccaria - quattro mesi per il furto di una radio a transistor - lo psicologo gli chiede della sua infanzia. La cosa migliore che posso dire è che sono sopravvissuto, risponde. Nel gabbio, fa squadra con un altro ligera del suo quartiere, Nicola Pinto, il figlio del calzolaio, più grande di un anno. Insieme si spalleggiano, danno una lezione ai prepotenti cagasotto, quelli che fanno la voce grossa solo coi pavidi, ma i più duri li ammazzano tutt’al più di parole.
Roberto, soprattutto, esce con la fama del duro che non perdona.

La facilità di scrittura e di racconto di Roversi rende agevole seguire le dinamiche della mala e, sull’altro fronte, l’attività delle Forze dell’Ordine per fronteggiarle, aspetti appena accennati negli altri libri e film, più che altro lasciati intuire, raramente illustrati lucidamente, come nelle pagine di questo volume, che si sviluppa seguendo parallelamente la fedina penale di uno e la carriera istituzionale dell’altro. Rotte divergenti, che finiscono per incrociarsi.
Si allunga anche il curriculum criminale di Nina, una biondina della Milano bene, che indossa l’eskimo e fa lavare venti volte i jeans nuovi prima di indossarli, per sembrare più vicina alla gente del popolo. La contestazione comincia a serpeggiare, ma quella della ragazzina con la coda di cavallo e le tette dure è una protesta individuale, lontana dalle piazze, a colpi di rapine con un coltellaccio da macellaio. Non a caso, diventerà la ragazza del capobanda.
Da qualche parte c’è Carla, un’ex compagna di liceo di Antonio. La rivede per caso, si è fatta carina, curata, bei capelli castani. Il commissario gli dice di non pensare solo al lavoro, anche a qualcos’altro, come quella ragazza. E la storia continua.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Milano criminale

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