

Il male che non c’è
- Autore: Giulia Caminito
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2024
Ha trent’anni, Loris, protagonista de Il male che non c’è di Giulia Caminito (Bompiani, 2024), un lavoro precario come stagista presso una casa editrice, vive in un appartamento in affitto pagato dal padre. La sua relazione con Jo procede tra alti e moltissimi bassi fin dall’adolescenza. Ma la sua vita non ingrana, non è in grado di spiccare il volo nonostante il suo essere brillante, intelligente e sostenuto dalla sua famiglia. Un male dentro lo divora, lo attanaglia, affonda i suoi artigli nella carne viva e, senza un motivo apparente, lo porta a vivere nell’angoscia dell’ipocondria: è alla perenne ricerca di un medico che gli diagnostichi una malattia, di un farmaco che allevi il suo male, di qualcuno che lo comprenda. Ma il mondo tutto gli è ostile: il mondo del lavoro, con Jo e i genitori che sono lontani da lui anni luce. Può contare soltanto su due amici: i social e la Rete e Catastrofe, una creatura invisibile al mondo, ma sempre al suo fianco. Il suo stesso male è la sua unica compagnia.
La storia si muove su due tempi: il presente con Loris adulto in preda alla sua angoscia e alle prese con il male che lo invade, e il passato mitico e fantastico di quando Loris era bambino, in campagna da nonno Tempesta. Un nonno presente, forte, che lo sa ascoltare e lo trascina in mille avventure fantastiche agli occhi adoranti di ogni bambino.
Il dolore è come un uovo dal guscio compatto, senti d’averlo ingoiato e scende giù - gola, esofago, stomaco -, trova il luogo in cui depositarsi, non si cura del giorno e del momento, ha sempre voglia di farsi ascoltare; è ovale, è cemento, è incredibile che esista e occupi spazio.
Così inizia questo romanzo, e ci trascina in un viaggio che attraversa il senso di precarietà e di inadeguatezza che ci paralizza e ci impedisce di vivere quando alberga in noi un male invisibile che sfugge agli accertamenti clinici, ma è presente più che mai e che, per esistere, si nutre della nostra stessa vita. Una bestia crudele la cui esistenza diviene difficile da mostrare e dimostrare a chi ci sta a fianco e non ci può capire. Ipocondria è il nome con cui il male di Loris viene definito, vittimismo il nome con cui si definisce l’atteggiamento apatico con il quale si muove nel mondo.
Giulia Caminito tratta con ferma delicatezza un tema difficilissimo e ci porta a realizzare che il male e il dolore sono cose assai differenti tra loro, ma comunemente e banalmente sovrapposte. Il male, ovvero quello che la scienza medica delle TAC e delle ecografie si mostra visibile, reale e concreto; il dolore, ovvero ciò che si prova nell’anima, in ogni centimetro del corpo, ma non si vede, non è concreto e concretizzabile. Il male che non c’è è appunto questo: nessuna patologia fisica, ma un dolore invisibile che la nostra epoca ancora ha difficoltà ad accettare e a riconoscere.
Esistono mali evidenti, le ferite, ma esistono anche i mali oscuri - si è detto - quelli che non li vedi ma sono i peggiori, sono i più crudeli.
Fin dalle prime pagine Loris suscita quasi rabbia e fastidio nel lettore, che segue i suoi ragionamenti, il suo scavo interiore e vede un giovane, potenzialmente brillante, essere vittima di sé stesso e del suo ipocondriaco immobilismo. Ma poi, pagina dopo pagina, l’autrice ci mostra che quel dolore, quelle crepe ci riguardano, sono il male di una società cresciuta lontana da problemi veri, come si definisce ad esempio la guerra, che ha avuto tutto, troppo, ma che è stata abbandonata alla solitudine degli schermi, della rete e dei social. E allora il lettore non può che seguire la penna chirurgica di Giulia Caminito che, in un finale spettacolare, va alla ricerca della bomba che ci ticchetta dentro, distrugge tutto per trovarla, scava e, dopo averla trovata, la disinnesca.
Il male che non c’è è un romanzo da leggere con il cuore, che ci mostra senza stereotipi o patetismi che il nostro mondo interiore vale, c’è, esiste anche se non si vede e va coltivato e amato. Ed è nel correlativo oggettivo di un agnellino indifeso che possiamo riconoscere il nostro essere più profondo, da curare con attenzione, senza distrarsi per evitare la catastrofe.

Il male che non c'è
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