La grande A
- Autore: Giulia Caminito
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2016
“La grande A” sta per Africa ma anche per Approdo. Altro e Altrove, mettiamola così. Un sogno bambino che trascende l’ossimoro: nonna, racconti, paese, scuola, Milano, bombe, camice nere, aerei, cantine, guerra, gioco, ancora bombe. E mamma lontana, una grande M dentro la grande A del continente nero di facce e divise. La A di Assab. La A di avventura. La A di amore e disamore ai tempi del fascismo. Di analfabetizzazione (semantica, geografica, relazionale) per aggrapparsi a eco difformi da quelli prodotti dai caccia bombardieri: il miraggio di un’Italia coloniale, di una mamma che si reinventa alla guida di camion da contrabbando, la storia minima e massima che qualcuno canterà che siamo sempre e solo noi.
Un esordio dirompente questo di Giulia Caminito. “La grande A” (Giunti, 2016) è un romanzo di formazione che si spinge oltre le stereotipie del genere, si spinge più in là, radente alla vita, incrociando lividi, sorrisi tenui, tracce di passato virate seppia, frantumi di illusioni e di epos familiare in minuscolo. Attraverso uno stile da tenere d’occhio: la scrittura di Giulia Caminito rivela tutta la sua forza, spiazza di continuo, ritmo + colore in sé e per sé: i periodi guizzano, prendono fiato, scattano e riprendono. C’è aria da amarcord ma non c’è l’enfasi, così non te ne accorgi che sei dentro al romanzo fino al collo. Una partitura in terza persona che ha taglio e passo da piano sequenza collettivo. Una vita, altre vite, sullo sfondo del sogno morto giovane del colonialismo fascista. “La grande A” è un libro che ti afferra per la collottola e non ti molla più, nemmeno fosse un thriller di qualità.
Finisce poi che Giada, la minuta “raganella” sognatrice di mamma e fantasie, un giorno in Africa ci va davvero. La sua Africa adesso la fiuta nel caldo afasico che avvolge paesaggi e passaggi di animali, negli afrori salati di Assab, nel bar di Adele (detta Adi) dove si tira tardi ogni notte, nelle vite in cui inciampa senza cadere: Orlando, intriso della tronfia retorica fascista (è il nuovo compagno della madre); Hamed che non sa leggere; Checco che misura le ore con le ombre di una casa abitata da animaletto in cattività. E poi, certo, la mamma - finalmente la mamma, la sua scorza che sembra di roccia e chissà se lo è per davvero - e poi Giacomo che ha la faccia di un divo del cinema e lo sa e se ne approfitta. Quel che si dice l’uomo del destino e quello che ciò significa fuori dalle favole, cioè fortuna e fatica, matrimonio, parole sputate e parole tra i denti, soldi, sudore. Tra viaggi nel deserto e il circolo Juventus di Adis Abeba che va a gonfie vele, e altro, tanto altro, tra le stelle e le ombre, le spianate e le stanze e i ritrovi africani. Vista da questo lembo di continente perduto, Milano è una geografia lontana e chissà se al capolinea dei sogni la vita di Giada tornerà a ripassare di là. Non vi svelo di più, il romanzo è di stazza grossa ma si legge d’un fiato e dunque va letto, assaporato e dopo anche pensato. Date queste premesse di Giulia Caminito sentiremo ancora parlare.
La Grande A
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Recensione ottima, per un romanzo notevole... sono d’accordo, di Giulia Caminito sentiremo ancora parlare, perché un esordio di questo livello è raro, e perché lei ha molte storie da raccontare e molta bravura da mettere in gioco