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Recensioni di libri

I sommersi e i salvati di Primo Levi

In questo saggio dal tono pacato e misurato, Primo Levi riflette sulla violenza organizzata dal regime nazista, sull’ideologia dello sterminio e soprattutto sulla memoria di quei truci fatti.

Valentino Appoloni Pubblicato il 27-10-2014

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I sommersi e i salvati

I sommersi e i salvati

  • Autore: Primo Levi
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: Einaudi

Tzvetan Todorov scrive nella prefazione:

“Levi e gli altri superstiti hanno uno stesso incubo ricorrente: in quell’incubo si vedono mentre stanno raccontando e il loro interlocutore si volta e se ne va in silenzio”.

Da qui il grande impegno dello scrittore e chimico torinese per ricordare l’Olocausto; dopo Se questo è un uomo e La tregua, ora, in questo saggio dal tono pacato e misurato, Primo Levi riflette sulla violenza organizzata dal regime nazista, sull’ideologia dello sterminio e soprattutto sulla memoria di quei truci fatti.

I sommersi e i salvati serve anche per rispondere a delle obiezioni. Ad esempio alcuni si sono chiesti perché gli ebrei non siano fuggiti prima di essere rinchiusi nei campi di concentramento. Levi risponde semplicemente che non avrebbero saputo dove andare, anche perché Stati come gli USA e l’Inghilterra stavano limitando gli ingressi degli stranieri; inoltre c’erano difficoltà psicologiche, oltre che pratiche. Si trattava di persone integrate nei loro Paesi in cui c’erano la loro vita e i loro beni, spesso appartenevano a ceti amanti dell’ordine; nel loro stato riconoscevano la propria Patria.

L’autore ricorda che la fuga dal Lager era quasi impossibile, oltre che inutile; i detenuti erano fisicamente prostrati e fuori dai campi non avrebbero trovato comunque appoggi o solidarietà dalle popolazioni influenzate dall’ideologia degli sterminatori. Ci furono peraltro dei tentativi di fuga e addirittura delle rivolte, eroiche ma disperate e votate al fallimento. Ma l’indagine di Levi non si limita agli aguzzini. Esamina con lucidità anche i comportamenti dei perseguitati che superficialmente si potrebbero facilmente considerare tutti delle vittime. In realtà, lo sguardo attento dello scrittore individua una linea grigia, non priva di doppiezze e malizie. C’erano prigionieri che si ponevano al servizio dei tedeschi. Il sistema concentrazionario aveva bisogno di collaboratori tra i detenuti; alcuni diventarono funzionari di discreto potere, molti ebbero vantaggi minimi in difesa dei quali non esitarono a opprimere ulteriormente gli altri prigionieri.
L’egoismo, inoltre, era la prima regola per sopravvivere e ciò creava barriere anche tra gli amici; lo scrittore cita un episodio autobiografico, quando ad Auschwitz scoprì un tubo che perdeva alcune preziosissime gocce d’acqua. Scelse di parlarne solo a un compagno, ma non a un altro amico che però poi capì la loro scoperta. Quel fatto, tenuto nascosto, anche a distanza di molto tempo si è venuto a frapporre tra gli ex-prigionieri, creando un divario difficilmente superabile.

Come spiegare gli abusi inenarrabili dei nazisti? Si trattava di una persecuzione accuratamente organizzata, metodica, spietata nel suo infliggere sofferenza, ma nel complesso non priva di irrazionalità; ad esempio, lo scrittore vide due donne novantenni moribonde, prelevate dall’infermeria di Fossoli e caricate con lui sul treno diretto verso il Lager. Che senso aveva sprecare risorse per deportarle? Ecco la risposta di Levi:

“Veramente si è indotti a pensare che, nel Terzo Reich, la scelta migliore, la scelta imposta dall’alto, fosse quella che comportava la massima afflizione, il massimo spreco di sofferenza fisica e morale”.

Il nemico doveva perire, ma solo dopo un lungo calvario.

Ciò che rende I sommersi e i salvati testimonianza preziosa è il fatto di essere scritto senza odio, con lucidità e razionalità, usando gli strumenti dell’intelligenza per affrontare l’inspiegabile.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I sommersi e i salvati

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