Giuliano Montaldo. Un regista contro l’intolleranza
- Autore: Alessandro Ticozzi
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Il poeta la cui memoria si estingue lentamente - azzerata dall’Alzheimer (in Tutto quello che vuoi, regia di Francesco Bruni, 2017) - resterà l’ultima interpretazione di Giuliano Montaldo (1930-2023). Un altro caposcuola che non c’è più: il regista "impegnato" di Sacco e Vanzetti (1971), Giordano Bruno (1973), L’Agnese va a morire (1976), Il giocattolo (1979), Gli occhiali d’oro (1987), del Marco Polo televisivo (1982), di tanto in tanto si cimentava anche come attore.
Qualche volta amici come Nanni Moretti, a cui voglio molto bene, la von Trotta, Michele Placido o Verdone mi hanno chiesto piccole partecipazioni nei loro film, che ho fatto con simpatia
minimizzava. L’ultima di queste volte gli è valsa il David di Donatello come migliore interprete non protagonista, riprova che Montaldo il cinema, come si dice, lo aveva nel sangue.
Ventisei film diretti e ventuno interpretati – tra piccoli e grandi ruoli, parti accreditate e non – in 93 anni di vita: un decano. Uno di quei registi-vanto del cinema di una volta; il cinema italiano, per intenderci, della commedia e della denuncia che Alessandro Ticozzi frequenta ed esplora, da storico e critico del genere, da anni. Si intitola Giuliano Montaldo. Un regista contro l’intolleranza l’ultimo suo quaderno monografico editato da Sensoinverso (2024), e proprio il focus di osservazione dello specifico montaldiano (esplicitato nel titolo) costituisce il motivo principale per plaudire a questo libro.
Giuliano Montaldo è infatti ascrivibile nel novero dei più efficaci filmaker di denuncia (Lizzani, Pontecorvo, Germi, Rosi, Taviani, Damiani, etc.). Non è un caso che alcune delle sue pellicole più significative vedano luce negli anni Settanta, gli anni in cui il cinema d’autore faceva della denuncia la sua cifra caratterizzante. Le parole dello stesso Montaldo che spiegano le motivazioni civili sottese al suo Giordano Brun o rafforzano la legittimità della scelta di Ticozzi:
Volevo raccontare l’ingiustizia e l’intolleranza, e di contro il coraggio e la forza di guardare oltre i limiti consentiti dalla Chiesa del periodo.
E ancora, a proposito di Sacco e Vanzetti:
La vicenda di Sacco e Vanzetti – i due lavoratori italiani condannati a morte con l’accusa di omicidio e rapina – fu un atto terribile di ingiustizia e di xenofobia. In quel caso l’intolleranza era esercitata dalla magistratura del Massachusetts, all’epoca uno degli stati più conservatori d’America.
Corredato da un’estesa e sapiente prefazione del critico cinematografico Alberto Crespi e da autorevoli testimonianze di colleghi e studiosi del regista, il saggio di Alessandro Ticozzi conferma quanto di buono è espresso nei quaderni precedenti. Pure se nella sua essenzialità, un libro accurato, da consultare, che attraverso lo specifico militante di Montaldo rievoca le pagine articolate di diverse stagioni del cinema italiano.
Giuliano Montaldo. Un regista contro l’intolleranza
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