Giudei
- Autore: Gaia Servadio
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2021
Giudei (Bompiani 2021) è il nuovo romanzo di Gaia Servadio, autrice nata a Padova che vive tra l’Umbria e Londra, che ha pubblicato una trentina di libri tra saggi, romanzi, tra i quali Un’infanzia diversa (Rizzoli 1988), e biografie, quasi tutti tradotti in varie lingue. L’autrice è stata insignita del titolo di Cavaliere Ufficiale dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini e poi nel 2013 di Commendatore al merito della Repubblica Italiana.
La raffinata copertina del testo, che ritrae un particolare dell’olio su tela di Anselmo Bucci L’Oden (1919-1920), introduce alla lettura di un romanzo dedicato alla Memoria e che esce simbolicamente il 27 gennaio.
“Raccontava mio nonno Zaccaria che quando con suo cugino Samuele andò in Lucchesia gli capitò una cosa che non avrebbe più dimenticato”.
In pieno inverno, in quel mese di febbraio del 1903 il paesaggio toscano era simile a un affresco di Simone Martini, rigato da viti, oliveti, cipressi e raggi del sole. Ondeggiando tra i filari lungo i colli, ogni curva svelava una sorpresa, una cappella al bivio, un casolare azzurro, una chiesetta. Zaccaria e Samuele Levi, cugini e amici, accomunati dalla medesima passione per la musica lirica, erano diversi l’uno dall’altro. Zaccaria lavorava in banca, era serio, posato, lettore appassionato, Samuele, scanzonato, ironico, spiritoso, appena laureato in ingegneria, aveva il sogno di diventare un celebre impresario.
L’idolo dei cugini era Giacomo Puccini, e come per magia, Samuele e Zaccaria avevano incontrato il celebre compositore sotto la sua automobile, una Isotta Fraschini, che gli si era ribaltata addosso. Puccini, famoso anche per essere un donnaiolo, si trovava insieme a una giovane donna, guai se l’accaduto fosse arrivato all’orecchio della gelosa moglie Elvira. Zaccaria, rimasto accanto a Puccini ferito e alla sua compagna priva di sensi, mentre Samuele era corso a chiedere aiuto, era rimasto colpito e ferito dai commenti antisemiti del musicista.
“Sei uguale a me… insomma, non si direbbe che sei un ebreo, neanche il naso storto hai”.
C’era da dire che Puccini, in seguito diventato amico di Samuele e pentito per la sua frase infelice, era cresciuto in una casa dove “tutti sparlavano dei giudei come se invece di esseri umani fossero demoni con la coda”. Del resto l’Europa dell’Ottocento era antisemita, e con l’apertura dei ghetti la società si era arricchita di persone che volevano raggiungere anche loro un migliore livello di vita. “I re montanari”, i Savoia, nella sofisticata Torino, grati dell’aiuto ebraico, avevano aperto i ghetti prima degli altri Stati italiani.
Proprio nella capitale sabauda viveva la futura sposa di Zaccaria, Rebecca Foà, figlia del maggior generale Moisè Foà, esponente di quella nuova borghesia ebraica, industriale, culturale e militare, che a Torino si stava sviluppando. Grande era la gratitudine ebraica ai Savoia, che avevano concesso i diritti civili agli ebrei fin dal 1848. E se non totalmente ben accolti, gli ebrei torinesi erano meno sgraditi nella capitale sabauda, che altrove. Dunque ben presto la famiglia Foà si sarebbe imparentata con i Levi di Ancona. Un matrimonio combinato, tra gli intellettuali Levi e i conservatori Foà.
È il “Secolo breve”, il Novecento, che viene magistralmente ripercorso in queste pagine mediante la storia di due nuclei familiari, che diventano uno solo. Un romanzo appassionante, con la dedica “A mio padre, a mia madre, ai miei morti”, pieno di personaggi dalle diverse sfaccettature, che assisteranno con occhi sgomenti e increduli alla discriminazione, alla persecuzione, giacché “per noi ebrei si preparava la caccia all’uomo”. Uomini, donne e bambini che con il susseguirsi dei decenni sarebbero stati definiti ebrei, giudei, israeliti, spesso non considerati come esseri umani. Appare dunque significativa la citazione tratta dal Talmud, esergo del volume:
“Chi non è mai stato perseguitato non è ebreo”.
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