La poetessa Cristina Campo moriva a Roma a soli cinquantatré anni il 10 gennaio 1977 a causa di una crisi cardiaca che, inaspettatamente, la strappò alla vita.
Di recente è stata riconosciuta come una delle figure poetiche più alte del Novecento letterario italiano. Ignorata dalla critica mentre era ancora in vita è stata ultimamente riscoperta e rivalutata, conquistando l’attenzione negatale un tempo.
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A partire dalla fine degli anni ’80, grazie alla ripubblicazione di alcuni suoi saggi e raccolte poetiche da parte della casa editrice Adelphi, l’opera letteraria di Cristina Campo ha acquisito un interesse crescente da parte di critica e pubblico.
La sua poetica era intrisa di una profonda spiritualità, di una costante ricerca stilistica della perfezione, di un elogio sofferto del bello e del vero, di un linguaggio ricercato ed elegante che pare particolarmente affine alla nostra epoca.
Guido Ceronetti nella nota introduttiva alla raccolta saggistica Gli imperdonabili (Milano, Adelphi, 1987) definì Cristina Campo con un’espressione particolarmente calzante: una “tessitrice d’inesprimibile”.
Ma chi era veramente Cristina Campo, questa poetessa del Novecento dimenticata? Scopriamo di più sulla sua vita e le sue opere.
Cristina Campo: la vita
Cristina Campo è il nome d’arte di Vittoria Guerrini, nata il 29 aprile 1923, a Bologna.
Era l’unica figlia del maestro compositore Guido Guerrini e di Emilia Putti, sorella del famoso ortopedico dell’ospedale “Rizzoli” di Bologna dove l’intera famiglia viveva e nel cui parco Cristina/Vittoria trascorse i primi anni di vita.
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Cristina Campo viene descritta come una donna di rara eleganza, minuta e intelligente, con “degli occhi bellissimi”, tuttavia minata nel fisico da una malattia che non le lasciò mai pace sino a portarla alla morte.
Nel saggio biografico di Cristina De Stefano dedicato alla poetessa Belinda e il mostro. Vita segreta di Cristina Campo (Adelphi, 2002) si legge:
Non aveva età, come spesso le persone malate.
Cristina nacque affetta da un grave problema al cuore, una malattia cardiaca congenita all’epoca inoperabile, che condizionò pesantemente tutta la sua esistenza.
Visse un’infanzia solitaria e segregata. Non poteva giocare con gli altri bambini né frequentare la scuola regolarmente. Costretta a una vita isolata a causa della sua malattia Cristina Campo iniziò ben presto a dedicarsi alla lettura e alla scrittura, l’unico svago a lei concesso.
Avevo nove o dieci anni… pregai mio padre di lasciarmi leggere qualche libro della sua biblioteca. Egli, con un gesto, l’escluse quasi tutta: ’Di tutto questo, nulla’ mi disse; poi, indicandomi una scansia separata: ’Questi sì, puoi leggerli tutti, sono i russi. Troverai molto da soffrire ma nulla che possa farti male’”.
Recensione del libro
Belinda e il mostro. Vita segreta di Cristina Campo
di Cristina De Stefano
Nel 1928 la famiglia Guerrini si trasferì a Firenze perché il padre era stato
chiamato a dirigere il Conservatorio Cherubini. La Campo continuò a vivere un’esistenza segregata, scoprendo vari classici della letteratura, tra cui William Shakespeare e le fiabe de Le Mille e una Notte.
Negli anni cinquanta maturò la sua prima formazione nella Firenze dei grandi poeti del tempo, dove conobbe Gianfranco Draghi che la convinse a pubblicare i suoi primi saggi e articoli su La Posta Letteraria del Corriere dell’Adda e del Ticino. In questo periodo Cristina Campo iniziò a dedicarsi anche alle sue prime traduzioni; tradusse le opere di Virginia Woolf, Emily Dickinson, Katherine Mansfield. Nel frattempo scopriva i libri di Simone Weil e Hoffmansthal ai quali in seguito dedicherà diversi saggi critici.
Il periodo romano di Cristina Campo
Nel 1955 si trasferì a Roma, ancora una volta per seguire il padre, nominato direttore del Conservatorio di Santa Cecilia e presidente del Collegio di Musica. Proprio nella capitale Cristina Campo pubblicò la sua prima raccolta poetica Passo d’addio per l’editore Scheiwiller; sarà l’unica raccolta di poesie che pubblicherà in vita.
In questi anni capitolini divenne la compagna di Elémire Zolla che la introdusse al mondo intellettuale romano, dove conobbe Bobi Bazlen, Ignazio Silone, Danilo Dolci e Corrado Alvaro.
Durante il periodo romano Cristina Campo continuò a dedicarsi all’attività di traduttrice e di critica letteraria.
La sua prima raccolta di saggi uscì nel 1962, con il titolo Fiaba e mistero per la casa editrice fiorentina Vallecchi.
Gli ultimi anni e la conversione religiosa
A partire dalla fine degli anni Sessanta, Cristina Campo trovò un nuovo sbocco spirituale con la conversione alla religione cattolica. Dedicò a questo ritrovato sentimento religioso uno degli ultimi saggi, Sensi soprannaturali, e delle poesie.
L’ultimo periodo della sua vita fu connotato da questo nuovo fervore religioso, forse dovuto alla perdita improvvisa di entrambi i genitori. Si trasferì sull’Aventino, vicino all’Abbazia benedettina di Sant’Anselmo, dove seguiva la messa in latino accompagnata dai canti gregoriani.
In questo periodo la Campo si batté strenuamente perché non fosse abolito il rito liturgico della messa in latino e aderì a diversi manifesti intellettuali sul tema.
Nel 1969 compilò di suo pugno un testo critico in risposta al nuovo schema per la messa in volgare, Novus Ordo Missae. A questo fervore religioso dedicò gli ultimi anni della sua vita, tutti penetrati in un appassionato culto spirituale. Iniziò a intravedere nel mondo fisico un punto di mediazione per raggiungere l’altrove, uno schema che si ritrova nella opera poetica connotata da un linguaggio simbolico.
In quegli anni vennero pubblicate sulla rivista Conoscenza religiosa, diretta da Zolla, alcune sue poesie connotate da una forte spiritualità Missa Romana e La Tigre Assenza.
Cristina Campo aveva solo cinquantatré anni quando una crisi cardiaca più violenta delle altre la strappò precocemente alla vita. Sembrava una di tante, invece si rivelò fatale. Era il 10 gennaio 1977, Cristina Campo si spense nella sua stanza, tra i mobili che aveva portato con sé da Firenze, nella pensione al numero 3 di piazza Sant’Anselmo, all’Aventino.
Il mondo letterario accolse la sua morte con un silenzio immeritato.
Nessuno aveva capito il ruolo di Cristina Campo nella tradizione poetica italiana né l’importanza della sua voce. Fatta eccezione per Roberto Calasso che ne scrisse un necrologio per Il Corriere della Sera:
Ha lasciato una traccia di poche pagine imperdonabilmente perfette, del tutto estranee a una società letteraria che non aveva occhi per leggerle. Ma sono pagine che troveranno in futuro i loro lettori – e allora appariranno come una sorpresa davvero sconcertante.
Le opere di Cristina Campo
Le sue raccolte poetiche furono pubblicate postume grazie all’affettuosa attenzione dell’amica Margherita Pieracci - la Mita a cui sono indirizzate le celebri lettere dell’epistolario Lettere a Mita (Adelphi, 1999).
Lettere a Mita
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Nel 1977, dopo la morte di Cristina Campo, fu edita la raccolta Diario bizantino e altre poesie.
Nel 1991 Adelphi pubblicherà La Tigre Assenza (a cura di M. Pieracci Harwell), la sua raccolta più famosa, che decreterà la riscoperta definitiva di questa poetessa dimenticata del Novecento letterario italiano.
La tigre assenza
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cristina Campo: vita e opere della poetessa dell’inesprimibile
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