Sciascia e il cinema. Conversazioni con Fabrizio
- Autore: a cura di Fabrizio Catalano e Vincenzo Aronica
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Rubbettino
- Anno di pubblicazione: 2021
Così lo scrittore di Racalmuto:
«Il film di Tornatore (Cinema Paradiso) pur riferendosi ad anni più al di qua, agli anni del ‘parlato’, mi ha toccato e commosso nella memoria di anni più lontani; quelli del mio cinema, del mio vero cinema: il cinema che direi silenzioso, piuttosto che muto.. Me ne sono nutrito fin da quando, già in quasi tutto il mondo, imperava il parlato… Il primo film parlato l’ho visto la volta che sono stato per il mio primo viaggio fuori del paese, a Palermo: nel 1933. Entrando nella sala ne ebbi un senso di frastornazione, di stordimento, addirittura non capivo… (fin oltre i vent’anni sognai di fare il regista, il soggettista, lo sceneggiatore)…Studiando a Caltanissetta, avevo modo di vedere più films: uno al giorno, e a volte anche due. Ogni anno riempivo un libretto di annotazioni sui films visti: avevo, prima che lo facessero giornali, inventato una specie di votazione con asterischi: cinque il massimo voto. La cosa curiosa, scoperta qualche anno fa, è che Gesualdo Bufalino, che non conoscevo, faceva allora la stessa cosa. Non molto curiosa, a pensarci bene: perché per lui, per me e per altri della nostra generazione e della nostra vocazione, il cinema era allora tutto. Tutto» ("C’era una volta il cinema" in “Fatti diversi di storia letteraria e civile”, Sellerio, Palermo 1989).
Sull’argomento ora fa luce il libro oltremodo interessante Sciascia e il cinema. Conversazioni con Fabrizio, a cura di Fabrizio Catalano e Vincenzo Aronica – Testimonianze di Roberto Andò, Beppe Cino, Giuseppe Tornatore (Rubbettino editore srl, Soveria Mannelli – Catanzaro, 2021).
Corredato da un pregevole apparato fotografico sui romanzi di Sciascia realizzati cinematograficamente, oltre alla felice prefazione di Felice Laudato, contiene preziose testimonianze a mo’ di conversazione da cui affiorano molteplici aspetti pressoché ignoti della personalità dello scrittore. Si legge nella prefazione:
“Il cinema resterà elemento fondante nella scrittura dei romanzi di Sciascia che hanno una struttura facilmente riconducibile al linguaggio e al montaggio cinematografico, come sottolineano nelle loro preziose testimonianze contenute in questo volume i tre registi qui coinvolti – Roberto Andò e Giuseppe Tornatore a confronto fra loro e Beppe Cino nel suo intervento finale – e in particolare il nipote dello scrittore siciliano, Fabrizio Catalano, a sua volta regista, sollecitato dalle puntuali domande poste dal nostro Vincenzo Aronica”.
Del resto, “vedere per scrivere” era il pensiero di Sciascia, rifacendosi ad una citazione di Antoine de Saint-Exupéry:
«Non bisogna imparare a scrivere ma a vedere».
La sua ‘vivezza visiva’ era stata compresa da Italo Calvino, leggendo “Il giorno della civetta” (1961). Difatti, il film di Damiano Damani apparirà sugli schermi nel 1968, dopo che l’anno prima era giunto il film di Elio Petri “A ciascuno il suo”, tratto dall’omonimo romanzo del 1966. Dai suoi romanzi e racconti sono stati desunti sedici film per il cinema o per la tv. Impegnato direttamente nella sceneggiatura del film “Bronte” di Florestano Vancini (pp. 74-86), Sciascia scriveva il discorso finale dell’avvocato Nicola Lombardo:
“Quel discorso l’avrebbe potuto pronunciare lui”
afferma Catalano. E non ha torto: c’è molto di lui, dal disincanto alla volontà di non arrendersi. Non discutono soltanto di cinema i registi, ma attraversano con competenza le opere di Sciascia, ed è Giuseppe Tornatore a riportare una riflessione di Moravia che vale la pena di trascrivere:
«Non bisogna scandalizzarsi troppo perché Sciascia non è solo un illuminista tout court, è soprattutto un illuminista al contrario, cioè parte da un mistero e lo investiga per arrivare alla soluzione, ma nel momento in cui vi giunge approda finalmente ancora più grande di quello da cui era partito»
Andando avanti nella lettura, si scopre, tra l’altro, la citazione di un libro poco noto di Sciascia: è “Il volto della maschera” (Mondadori, 1980), saggio dedicato all’attore Mojonskine, interprete per il regista Marcel l’Herbier nel film “Il fu Mattia Pascal”, visto da ragazzino (a dodici o tredici anni). Il mirabile episodio è poi quello riguardante la visione di “Nuovo cinema paradiso”: presenti alla proiezione privata, organizzata a Milano da Elvira Sellerio, Vincenzo Consolo, Matteo Collura, Ferdinando Scianna. Sciascia si commosse fino al pianto poiché le immagini filmiche lo avevano riportato all’infanzia; scrisse l’articolo che mandò a “La Stampa” e la prefazione fu curata da Vincenzo Consolo. In sostanza, il saggio è una “storia stupenda” in cui si possono cogliere segnali e sollecitazioni in cui si mescolano narrazioni biografiche e autobiografiche, nonché richiami all’attualità. E vi si assortiscono le considerazioni di Fabrizio Catalano che così delinea il rapporto del nonno con i registi:
“Nonostante la regia fosse stata per il giovane Leonardo vagheggiamento e aspirazione, egli intrattenne con le persone che realizzavano film tratti dalle sue opere, almeno durante le fasi di scrittura e di lavorazione, un rapporto piuttosto distaccato".
Si può senz’altro dire, come è stato detto, che affiora l’immagine dello scrittore di Regalpetra con l’atteggiamento critico riguardo ai film sulle sue opere, anche se finiva col farsene una ragione; Sciascia scriveva a Elio Petri:
«Uno scrittore fornisce al regista solo suggestioni o trame e quando cede un soggetto al cinema deve prepararsi a vedere un’altra cosa rispetto al suo libro. Ma io mi ritengo fortunato dal fatto che dai miei racconti siano venuti fuori dei buoni film».
Forse – ha evidenziato Tornatore – il film di Francesco Rosi, tratto dal “Contesto”, “Cadaveri eccellenti”, fu quello che gli piacque di più, avendovi intravisto il tentativo di aderire a quella dimensione metafisica presente nei suoi romanzi. Un libro da leggere questo, e in ciò consiste la novità: l’avere rivelato aspetti inediti e raccontato film per film un rapporto non sempre soddisfacente. La testimonianza incisiva di Beppe Cino fa ulteriore chiarezza sul cinema per Sciascia: una sorta di primo amore e fonte d’ispirazione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sciascia e il cinema. Conversazioni con Fabrizio
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