Puer aeternus
- Autore: James Hillman
- Genere: Psicologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
Anche solo nominare James Hillman, junghiano, scrutatore dell’interiorità, desta un senso di ammirazione e quasi reverenza in chi si è votato alla conoscenza di sé e segue quel cammino che Jung ha definito "fare anima".
Per anima, psiche, Jung e Hillman intendono quell’elemento femminile dell’essere che unisce materia e spirito, carico di emotività la quale, portata al suo più alto livello evolutivo, diventa carità, amore, agape. Ciò è possibile se si attua il processo cristico del perdono per i torti e gli scacchi subiti.
Il perdono è apice e completezza, svelamento del Sé atemporale, di cui il "puer aeternus", il fanciullo divino eterno, è simbolo. Tale, in sintesi, il bellissimo saggio di Hillman Puer aeternus che Adelphi ha pubblicato (pp.162, 1999) con la traduzione di Adriana Bottini.
Si tratta di due conferenze dell’autore, la prima è dedicata al tradimento, la seconda costituisce la parte più corposa del libro e si intitola appunto puer aeternus, ma contiene una lunga disamina del senex, il vecchio che diventa saggio e ritorna bambino, come è auspicato nei Vangeli e secondo la figura di Lao Tzu.
Si attua così la riunificazione dei contrari, l’armonia del mondo e la sua continua rinascita, di cui la resurrezione del Cristo è testimonianza.
La fusione dei contrari era già stata contemplata da Eraclito e definita come "enantiodromia", il corrersi incontro di due polarità, dunque l’inverso della famosa guerra eraclitea, pur vera ma solo una parte della verità.
Verità che è unione di coscienza ed inconscio, del maschile con il femminile, dell’impulso originario, sorgivo, "bambino" di Eros con l’autoconoscenza del vecchio Crono, il quale smette di divorare i suoi figli come accade nel mito greco e, dopo essere stato detronizzato, umiliato ed esiliato sulla terra, ne diviene custode, agricoltore, raccoglitore di messi, fautore di vita, padre buono. Ciò è possibile attraverso il pentimento e la richiesta del perdono (richiesta di Cristo in croce).
La richiesta non può sorgere dall’io razionale, questo non ne è capace, ma sorge dalle istanze guaritrici divine, simbolizzate dal latte, elargito dal femminile, dalla figura della Grande Madre.
Certo il bambino puer ha bisogno del padre per completarsi, del principio del Logos:
Dio e papà incarnano l’imago paterna: affidabile, salda, stabile, giusta, quella «Roccia dei tempi» la cui parola è vincolante. L’immagine paterna può essere espressa anche con il concetto di Logos, l’immutabile potenza e sacralità della parola maschile.
Eppure di ogni verità anche il suo contrario è vero, scopre Hermann Hesse alla fine del suo Siddharta. Il completamento con il femminile non può avvenire senza tragedia, paradossalmente, senza il tradimento del padre.
Hillman parte da qui, racconta fin dalla prima pagina una storiella ebraica atroce ma inevitabile: un padre fa salire il piccolo figlio sul primo scalino di un’alta scala, dicendogli: “Buttati, ti prendo” e ciò accade regolarmente, salendo i gradini, con la crescente fiducia e ardimento del figlio. Giunto molto in alto, il bambino si butta e il padre, intenzionalmente, non lo prende. Il piccolo cade disteso, ferito e sanguinante. Non viene raccolto e consolato, medicato, il padre invece elargisce un insegnamento che suona tremendo: "mai fidarsi di un ebreo".
Hillman ricorda i tradimenti di Dio, il comandamento ad Abramo di uccidere Isacco per esempio, fatto poi inattuato con l’intervento finale dell’angelo che blocca la mano paterna omicida. La vita è costellata di tradimenti, senza i quali il puer diverrebbe un "figlio di mamma" o un "figlio di papà", un Narciso inaffidabile, incapace di progettualità, di continuità e di ordine. Incapace di costruire un cosmo.
Il tradimento di Dio è messo in atto con l’azione della sua parte femminile, Anima, Hillman lo scrive con la maiuscola. Anima è quasi occultata nella Bibbia, ma esiste, il suo nome è Asherah e compare nel "Libro dei Re", fuggevolmente. Yahweh ha una sposa, all’inizio capricciosa, una dea emotiva deputata a sconvolgere il destino, come Eva la vivente. Così è giusto che sia. Anche Anima deve evolvere, ossia passare delle tenebre (inconscio) originarie alla luce, per mostrare ed esplicare tutta la sua tenerezza. In molti passi biblici Dio è mostrato come madre.
Con il suo intervento il fanciullo può superare il trauma. Incamerando in sé il femminile, l’imprevisto e l’incalcolato, l’uomo realizza l’androgino spirituale divino. In particolare il puer ha di fronte a sé quattro scogli da evitare: la vendetta, il rancore sordo e protratto, il cinismo e in fine il tradimento di sé, il peggiore, la sfiducia, la rinuncia ai suoi ideali, al finalismo per cui esiste, la propria realizzazione, staccandosi dai condizionamenti parentali.
E il senex? Se non sposa il femminile Anima evoluta e riconosciuta, può trasformarsi in despota, si sclerotizza in una rigidità legislativa intollerante, uccidendo il suo puer.
I personaggi dell’odissea umano-divina sono rappresentati dai miti. Uno dei grandi miti è l’astrologia, considerata da Hillman (anche da Jung) una vera scienza che attua la sincronicità universale.
Un’altra figura mitica da riscoprire è la scimmia, in occidente sempre disprezzata rispetto all’uomo, mentre in oriente no, la scimmia è stata rispettata e adorata. Esistono immagini orientali con scimmie alate, esseri super umani. E del resto anche lo Spirito Santo, sottolinea lo psicologo, è una colomba. Il Divino è teriomorfo. Picasso l’aveva intuito, riconosce l’autore, quando raffigurava la scimmia nei suoi ultimi anni di vita.
Elemento essenziale di ogni trasformazione è il cammino solitario che ognuno compie. Nessuno può realizzarlo in vece sua, non esistono deroghe, perché:
Ciascuno di noi è l’ago della bilancia della storia.
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