Poesia degli ultimi americani
- Autore: Fernanda Pivano
- Genere: Classici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Feltrinelli
“Eravamo alla Spaghetti House, una ex fabbrica di spaghetti attrezzata a ristorante e teatrino sperimentale e si parlava di Gregory Corso e di quella sua valigia piena di disperazione che gli ha fatto da bagaglio nei suoi viaggi in Europa: dei suoi torvi dolori, delle sue gioie di ragazzo, dei suoi rancori, delle sue passioni. Non aveva mai da pagarsi il taxi, ma c’era sempre qualcuno che lo pagava per lui…”
Era il 1943 quando la giovane Fernanda Pivano si laurea in Filosofia dopo aver conseguito la laurea in Lettere due anni prima con una tesi sulla Letteratura Americana, premiata dal Centro di Studi Americani di Roma. Inizierà la sua attività letteraria con la traduzione dell’“Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters accanto a Cesare Pavese, suo insegnante ai tempi del liceo.
Appassionata di autori americani dobbiamo solo a lei e al suo intuito letterario le pubblicazioni di scrittori grandi protagonisti del Novecento, dai ribelli e anarchici Allen Ginsberg, William Burroughs, Jack Kerouac, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, ai più attuali David Foster Wallace, Jay McInerney, Chuck Palahnjuk, Jonathan Safran Foer, Bret Easton Ellis.
Il decennio degli anni Cinquanta d’America si presentava - scriveva Fernanda Pivano in uno dei suoi scritti del 1971 - come un focolaio che ha caratterizzato il decennio successivo con la protesta politica, la protesta culturale, la protesta razziale e sessuale. Gli Stati Uniti erano i soli vincitori della guerra e in breve tempo furono modello culturale per tutto l’Occidente attraverso il sogno di miti cinematografici e musicali. Ma era anche una grande potenza in guerra con la Corea, poi con il Vietnam, e una società chiusa che professava la caccia alle streghe. Erano gli anni del Maccartismo e la maggior parte degli intellettuali, dei poeti reagirono a tutto ciò con manifestazioni di pace, di antiviolenza, di protesta e scrivendo degli orrori della guerra, del razzismo: erano Corso, Ferlinghetti, Dorn, Ginsberg, Ducan, Jones, Kaufman, Welch, Kerouac, Koch, Levertov, McClure, Mailer, Olson, Orlovsky, Sanders, e altri ancora.
Alcuni dei loro scritti sono raccolti in questa preziosa antologia come il celebre poema di Gregory Corso Bomb, un vero manifesto contro la minaccia della bomba atomica. Una poesia che recita le ragioni della pace contro l’ipotesi di un conflitto nucleare, della libertà contro la manipolazione del pensiero, la necessità di un’etica, di una morale che andasse oltre i bisogni e i confini di ogni Paese. Fernanda Pivano ci narra degli incontri, di alcuni momenti della loro vita come il matrimonio di Gregory Corso, pochi soldi, pochi amici e, terminata la funzione, due ore di anticamera dal suo editore perché conoscesse la moglie.
“Mi piace pensare che è stato il caso a farmi comportare bene.
La chiave, forse, è nella mia affermazione spavalda:
«sono un buon esempio dell’esistenza di una cosa chiamata anima».
Amo la poesia perché mi fa amare e mi dona la vita…”
O di Allen Ginsberg e della sua “stanza di povertà monacale”, con il suo zaino contenente tutti i suoi averi, un maglione, e nella quale amava raccogliere e accudire gatti randagi.
“Io perdono sia il bene che il male,
e non cerco niente, come un selvaggio dipinto con la
lancia segnata da strisce arancione e nere!
Ho trovato gli Jivaros e son rimasto
Intrappolato nel loro universo…”
E di Ferlinghetti, il più europeo tra gli esponenti della Beat Generation, la condivisione della vita, della politica, oggi l’unico sopravvissuto.
“Sto ancora cercando la mia poesia
Sto cercando un bel ritornello
Ho provato con i biscotti indovini
E li ho trovati vuoti
Nonostante i saggi cinesi…”
Un piccolo volume da considerarsi un classico “Poesia degli ultimi americani”: i poeti che ne diventano protagonisti continuano a rappresentare l’ultimo grande e autentico movimento letterario della cultura americana, una generazione spaventata dalla guerra, dalla droga, dalle discriminazioni razziali, che nella poesia aveva ritrovato la propria esistenza, i propri ideali, la propria patria.
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