Il 5 aprile 1997 Allen Ginsberg moriva a New York, circondato dall’affetto di amici e familiari. Aveva settantuno anni, appena una settimana prima gli era stato diagnosticato un cancro al fegato.
Dopo aver appreso l’esito fatale della diagnosi, il 31 marzo, Ginsberg aveva preso in mano la penna e scritto la sua ultima poesia che oggi può essere letta come il suo addio alla vita.
Quell’ultimo componimento aveva un titolo emblematico, Things I’ll Not Do (Nostalgias) : “Le cose che non farò, nostalgie”.
Il poema si configura come un lungo elenco di impegni che il poeta dovrà disattendere, di incontri che dovrà annullare e, in breve, di tutte le cose che una volta morto non potrà fare mai più. Non è una semplice lista, ma un testo denso che trasuda nostalgia e rimpianto nel costante e scandito ripetersi dei “not”, dei “nor” e degli “any” posti a ogni inizio paragrafo.
Solo un talento geniale come quello di Allen Ginsberg poteva trasformare un rapido elenco di azioni, simili a una lista della spesa, in un’opera di pura poesia.
In Things I’ll Not Do (Nostalgias) ritroviamo tutta la forza evocativa che Ginsberg riusciva a riporre nella parola. Parla delle cose che non potrà mai più fare e, così facendo, riempie la mente del lettore di viaggi, di desideri, di incontri. Era il suo congedo, carico di rimpianto all’esistenza, eppure trasudava di vita e di desiderio di vivere.
Ginsberg concludeva l’elenco con parole lapidarie, che erano già un presagio della fine:
Not myself except in an urn of ashes.
Che potremmo tradurre così: “Non più me stesso, se non in un’urna di ceneri”. Oggi Allen Ginsberg riposa nel cimitero ebraico di Newark, sua città natale.
Per raccontare certe storie è necessario partire dalla fine, perché solo il finale è in grado di esprimere appieno la parabola del genio. Ora, però, riavvolgiamo la pellicola e partiamo dal principio per capire chi era Allen Ginsberg, il poeta simbolo della Beat Generation.
Allen Ginsberg: la vita
Allen Ginsberg nacque a Newark, in New Jersey, il 3 giugno 1926, da una famiglia ebraica benestante. Il padre Louis era un poeta e docente di liceo, mentre la madre Naomi, donna fragile di nervi e di mente, era un’attivista politica impegnata nella militanza del partito comunista.
Fin dalla più tenera età Ginsberg crebbe in un mondo fatto di libri, poesie e impegno civile. La madre era solita portare il figlio con sé durante le riunioni di partito e il giovane Allen rimase profondamente colpito da quegli ideali. Presto iniziò a interessarsi alla sorte degli operai e delle classi sfruttate. Durante gli anni del liceo già scriveva lettere politiche sulle sorti dei lavoratori e la Seconda guerra mondiale che puntualmente inviava al New York Times.
La svolta nella vita di Allen Ginsberg arrivò nel 1943, con l’inizio degli studi universitari. Ottenne una borsa di studio per la Columbia University e di fronte a lui si spalancò un mondo ancora più vasto di quanto, fino ad allora, aveva soltanto immaginato.
Allen Ginsberg e la Beat Generation
Agli anni giovanili di Ginsberg è stato dedicato un bel film Giovani ribelli - Kill your darlings del 2013, con protagonista Daniel Radcliffe.
L’ingresso nel campus universitario aprì a Ginsberg nuove prospettive: alla Columbia il giovane poeta conobbe Lucien Carr, un compagno di università che lo presentò a un certo numero di scrittori “beat”, tra cui Jack Kerouac, William S. Burroughs e John Clellon Holmes. Il gruppo ammirava Arthur Rimbaud e in generale i poeti maledetti francesi, proponendosi di portare in America una nuova visione della poesia.
In quel periodo, anche a causa dell’abuso di droghe e sostanze stupefacenti, Ginsberg affermò di aver avuto la sua “visione Blake”: ossia di aver udito la voce di Dio mentre leggeva una poesia di William Blake.
Il movimento letterario creato da Ginsberg e dai suoi amici divenne noto con il nome di Beat Generation che identificava un collettivo di scrittori e letterati che rifiutavano le regole imposte dalla società, sperimentavano droghe e negavano ogni visione materialista del mondo. L’espressione fu coniata da Jack Kerouac nel 1948. L’aggettivo “beat” letteralmente vuol dire stanco, ma Kerouac fece riferimento alla sfera semantica musicale di “be on the beat”, dandogli quindi l’accezione di ottimista o beato.
Lo scrittore americano diede al termine questa precisa definizione:
The beatness of darkness that precede opening up to light.
Fu il movimento più rappresentativo della generazione degli anni 50, la cosiddetta “gioventù bruciata”. Allen Ginsberg ne fu, suo malgrado, un membro determinante.
L’urlo, il capolavoro di Allen Ginsberg
Fino ad allora Ginsberg aveva scritto numerose poesie, ma non ne aveva pubblicata nessuna. La svolta decisiva per lui arrivò quando lesse il poema L’urlo ("Howl", nell’originale) nella cornice leggendaria della Six Gallery poetry reading.
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Da quel momento la fama lo travolse, accompagnandolo per il resto della sua vita. Nel 1956 la casa editrice del poeta americano Lawrence Ferlinghetti, la City Lights Books, pubblicò Howl and Other Poems (L’urlo e altri poemi, Ndr). Il libro fu poi processato per oscenità, a causa dei frequenti rimandi all’omosessualità; tuttavia lo scandalo non gli impedì di diventare uno dei poemi più celebri della storia americana.
Allen Ginsberg fu paragonato a Walt Whitman, che del resto era stato il suo grande maestro sui banchi del liceo quando il giovane Allen leggeva di nascosto le sue opere sotto i libri di testo.
Il titolo del suo poema-capolavoro, non a caso, derivava proprio dal finale di Foglie d’erba nel quale Whitman diceva:
Emetto il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo.
Quel barbarico grido per Ginsberg si tradusse in “Howl”, L’urlo che divenne la voce di un’intera generazione.
Recensione del libro
Urlo & Kaddish
di Allen Ginsberg
Allen Ginsberg è stato un rivoluzionario, un innovatore della parola scritta e non solo. Fu proprio lui a creare l’usanza dei “reading”, le letture di poesie in pubblico. Ai suoi reading partecipavano migliaia di persone: era osannato dai giovani e considerato il simbolo di una generazione. Le sue letture pubbliche divennero un’istituzione, come un concerto popolare di parole che Ginsberg portava in ogni parte del mondo, persino in Italia.
La sua vena creativa non si esaurì mai, finché visse fu sempre un audace sperimentatore. Negli ultimi anni della sua vita si accostò al buddismo e alle religioni orientali nelle quali ritrovava un riflesso del proprio pensiero.
Tenne la sua ultima lettura pubblica a Booksmith, una libreria indipendente situata nel quartiere di Haight-Ashbury di San Francisco, pochi mesi prima della sua morte.
Riportiamo le indimenticabili parole di Ginsberg che furono il manifesto della Beat Generation degli anni 50 e possono essere lette, ancora oggi, come un grido volto a risvegliare le coscienze assonnate:
Ribellati contro i governi contro Dio, il cambiamento è assoluto, cogliti a pensare, ricorda il futuro, consiglia soltanto te stesso, l’universo è soggettivo, l’interno del cranio è vasto come l’esterno, la mente è spazio esterno, primo pensiero miglior pensiero, la schiettezza pone fine alla paranoia.
(Tratto da “L’urlo”, Il saggiatore, Milano, 2010, trad. a cura di Luca Fontana)
La frase di Ginsberg è un invito a essere liberi da ogni schema mentale precostituito, da norme autoimposte e regole sociali alienanti per poter vivere l’esistenza al massimo grado possibile.
Di seguito anche un estratto del film Giovani ribelli, che nel 2013 riportò sul grande schermo la vicenda di Allen Ginsberg con un grande successo di pubblico.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Allen Ginsberg, il poeta della Beat Generation
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