Poco a me stesso
- Autore: Alessandro Zaccuri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2022
Ha lavorato molto tempo Alessandro Zaccuri sull’idea di questo romanzo, come spiega nel congedo che pone a conclusione di Poco a me stesso (Marsilio, 2022). Già dagli anni Novanta gli era venuta quest’idea del tutto originale: come sarebbe stata la nostra storia letteraria se Giulia Beccaria non avesse accettato di sposare il conte Manzoni e avesse abbandonato il figlio illegittimo di Giovanni Verri alla ruota milanese dei trovatelli?
Nasce da quest’ispirazione fantasiosa la vicenda che lo scrittore ha ambientato a metà Ottocento, a Brera, a Palazzo Beccaria. Lì vive la ormai anziana Giulia, la “pauvre Juliette”, assistita da due domestiche, la vecchia Agnese e la piccante Bambina, e da un garzone, Menico, circondata da molto affetto. Molto avanti nell’età, Giulia Beccaria ha invitato a palazzo un sedicente conte francese, Jean Louis Aurélien Cerclefleury, allievo prediletto di Anton Mesmer, esperto guaritore, di aspetto aitante e giovanile malgrado l’età avanzata: lui sarà in grado con i suoi fluidi, la sua energia e i suoi alambicchi di ridare salute e giovinezza a Giulia e alle sue amiche, tra cui spicca la bella contessa Antonietta Sebregondi dalle braccia tornite e i seni prorompenti.
In casa si occupa dell’amministrazione uno strano individuo, tremante e balbuziente, Evaristo Tirinnanzi. Grazie alla generosità della marchesina Giulia, costui è stato beneficato, fatto studiare, levato dal collegio e preso in casa come contabile.
Un’apparente rivalità si instaura tra i due uomini, tanto più che il barone Cerclefleury, insospettito, insegue il piccolo Tirinnanzi in un quartiere malfamato di Milano, il Bottonuto, dove miseria, prostituzione, ribalderie albergano senza che le autorità possano intervenire. In realtà il capo di una banda di malfattori, il ridicolo e pericoloso Faggini, tiene in pugno la sorte del povero Tirinnanzi che ha contratto un enorme debito di gioco che può costargli la vita.
La vicenda si complica quando l’anziana marchesina si ammala gravemente, e a niente servono le finte cure del barone né i cataplasmi del medico di famiglia. L’esito della storia consiste in una serie di colpi di teatro molto appassionanti. Ma il grande pregio di questo libro così insolito è la ricostruzione della lingua manzoniana, piena di riferimenti a intere frasi tratte dal corpus dell’opera del grande autore: in un brogliaccio scritto a mano infatti il povero Tirinnanzi ha trascritto pensieri e idee che gli vengono in testa, all’improrvviso, come se “un altro” parlasse in sua vece…
"Di quel securo il fulmine / Tenea dietro al baleno”.
Un’operazione raffinata sul linguaggio, quella di Alessandro Zaccuri, che riesce a fare dare prova di creatività letteraria pur partendo da precise vicende storiche, trasformandole in una favola fantastica e piena di fascino che incuriosisce i lettori. Un’operazione audace dunque, di cui anche lui, come a suo tempo il grande omonimo Alessandro, si scusa:
“Volendo stornare equivoci e proteste, anch’io chiedo perdono: spero che nessuno s sia scandalizzato, ma nel caso si sappia che non l’ho fatto apposta”.
Speriamo che questo libro piaccia ai lettori, e che siano numerosi, più dei venticinque manzoniani.
Poco a me stesso
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