Piazza d’Italia
- Autore: Antonio Tabucchi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2012
Piazza d’Italia di Antonio Tabucchi (Feltrinelli, 2012), pubblicato nel 1975 e poi riproposto in diverse edizioni, è ambientato a Borgo, un paese immerso nella campagna toscana, un luogo immaginario che somiglia a tanti altri luoghi dove le famiglie sono aggrappate alla terra, il lavoro non permette di evitare la povertà, la fame, lo sfruttamento e dove è consueto il ricorso agli espedienti per poter sopravvivere.
Esser poveri, a Borgo, voleva dire tagliare cannelle di palude. Gli uomini partivano avanti giorno su carri lenti. Il paese era vago a quell’ora, con la torre indefinita che cercava la sua verità pratica nella nebbia.
I personaggi dai nomi pittoreschi - Garibaldo, Quarto, Volturno, Esperia, Asmara, Zelmira - appartengono a diverse generazioni della stessa famiglia e sono protagonisti di vicende che si incrociano e si rincorrono e attraversano eventi storici epocali come la spedizione del Mille, le guerre coloniali, il Fascismo, le guerre mondiali, le emigrazioni verso le Americhe, anche se al centro della vita resta sempre il loro piccolo paese.
Le vite e la quotidianità raccontate non rappresentano necessariamente l’immagine della lotta tra “chi fa la storia e chi la subisce”, secondo un’ espressione troppo abusata da certa critica. Questa visione della storia è ampiamente superata anche se viene ancora riproposta quando si parla della contrapposizione tra le masse povere contadine o il sottoproletariato urbano e i nobili o i ricchi o chi detiene il potere.
In tale dimensione lo Stato, il potere o comunque chi “comanda” è sempre il nemico da combattere. Lo è effettivamente per i personaggi raccontati da Tabucchi, ma non è importante o indispensabile rintracciarvi una metafora universale.
Don Milvio aveva capito che la miscredenza dei ricchi ha un altro valore della miscredenza dei poveri: per i primi è un lusso, per i secondi è disperazione.
Come struttura narrativa, lo stesso Autore ha voluto specificare che si tratta di una “favola popolare in tre tempi, un epilogo e un’appendice” e tale definizione apre il campo a interessanti invenzioni ibride.
Si tratta dunque di un testo disegnato in modo non lineare, con salti temporali che sorprendono, un testo costruito come se le vicende fossero una serie di tasselli collegati in modo logico ma non banale che richiama il linguaggio cinematografico.
Quando Garibaldo, quel giorno da chiodi, si beccò la pallottola in fronte (un forellino capocchioso, nemmeno un foruncolo).
Mentre stramazzava nel bacinìo della piazza, proprio davanti allo Splendor, volle avere l’ultima parola. Ma invece la lingua liberò un gorgoglio squaccheroso che udirono solo i pochi che gli stavano vicino:
“Abbasso il re!”
Fascinoso e intrigante il testo richiede per questi motivi una lettura non passiva per cui sono da sottovalutare i giudizi secondo cui in questo libro sia confusionario e non facilmente comprensibile. Non è un testo “difficile”, ma è un testo che richiede l’attenzione del lettore, il quale, a tali condizioni, trarrà da questa fiaba popolare una grande soddisfazione. Si potrebbe infine discutere degli accostamenti di Piazza d’Italia a Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez che forse ricorda molto lontanamente, ma verso cui invece non sembra avere grossi debiti.
Piazza d'Italia
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