Lettori selvaggi
- Autore: Giuseppe Montesano
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2016
Passatemi questa specie di premessa-diktat: il volume sfiora le 2000 pagine ma è di quelli da tenere sul comodino, o comunque sempre a portata di mano. Fatico a dare ulteriori istruzioni per l’uso: “Lettori selvaggi” (Giunti, 2016) di Giuseppe Montesano intimidisce per peso specifico e ipertrofia, sfuggendo a ogni sistematizzazione. Di sicuro un libro così non lo avete mai letto, credo anche che difficilmente vi capiterà di leggerne, di libri (belli) così. Un libro così è figlio di una pazzia, non si scrive (e nemmeno si pubblica) tanto facilmente.
“Lettori selvaggi” è un volume inane, impensabile, non-inquadrabile, sincero, accorato, salvifico, ma ogni aggettivo speso nei suoi confronti rivela al contempo troppo e troppo poco. Immaginate un iperbolico libro dei libri, un’enciclopedia del pensiero creativo racchiusa in un monoblocco. Una sorta di almanacco anti-accademico sebbene fluviale. Insolito perché onnivoro, inglobante ogni corrente di pensiero scritto e pensato: libri & libri, quadri dopo quadri, musica e musica jazz, cinema, tanto cinema. Un assemblaggio di sogni possibili, vite, sfide, storie di storie, analisi, suggestioni, fantasie, eco trasversali al tempo e allo spazio, a Oriente e Occidente…ma ancora non ci siamo, non ho restituito che una pallida idea del volume. Di ciò che significa letteralmente avere concepito - forse più ancora che avere realizzato - un libro così. L’impresa compiuta da Giuseppe Montesano ha dell’epico (può confermarvelo qualsiasi scrittore: dall’ultimo imbrattacarte che abita il vostro pianerottolo al Vate Supremo della Galassia Centrale), eppure tra le pagine non c’è ombra di ostentazione e nemmeno di pedanteria, se è per questo. Di èlan vital, per dirla alla francese, piuttosto quanto basta per chiamarlo trasporto per ciò che emoziona e viene dalla testa dell’uomo. Si vede e si sente che Montesano è dentro le cose che racconta. Che c’è dentro fino al collo, le sente. Anelito ascensionale o ancora di salvezza che siano. Stratificato in modo sommesso tra le righe, ci sarebbe anche da dire del fine rivendicativo del suo libro. Se è vero - come recita in coda il sottotitolo che “la vita vera è altrove” è vero altresì che i libri (per esempio) sono un buon modo per trascenderla. Lo specifica l’autore stesso, a inizio racconto:
“‘La vita è altrove’, diceva Rimabud, ma se la vita vera è altrove non vuol dire che questo mondo miracoloso va abbandonato! Al contrario: vuol dire amare ancora di più le apparenze e le superfici, l’ordine e la bellezza, il lusso, la calma e la voluttà. Il mondo falso che ci viene inflitto non basta a nessuno, a tutte le vite manca qualcosa di essenziale, e per trovare ciò che manca bisogna saperlo immaginare. Leggere vuol dire evocare apparizioni che ci mostrano tutte le vite che potremmo avere, e tutti i mondi che ci sono dentro al mondo”.
In questa dichiarazione d’intenti risiede l’intrinseca natura di un volume muscolare per autodifesa dall’afasia della vita (così detta) vera. La vigoria mentale richiesta al “lettore selvaggio” (cioè bulimico, non-omologato) di contro alla melassa omogeneizzante dell’inessenziale, del pensiero autoridotto in sms, in “cinguettii”, in stringatezza a ogni costo. Dell’”infamia che oggi ci assedia spettrale fin dentro la nostra interiorità violata”, per dirla ancora con le efficaci parole di Montesano.
Sorvolando radente l’esprit universale di Omero come di Dante, di Nietzsche come di Kafka e Philip Dick, dei saggi indiani come di Mozart e T’ang, Dracula, Adorno come Pinocchio, “Lettori selvaggi” si (im)pone anche come libro politico, contro-tendente. In quanto capace di rivendicare - per un’umanità appiattita su coordinate alienanti – il ritorno allo statuto libero/creativo del pensiero. Stando così le cose risulta a questo punto persino banale tirare in ballo autori specifici fra le centinaia di autori compresi nel testo.
Il volume è leggibile e/o consultabile a piacere ma nei suoi intenti di fondo andrebbe assunto come corpo unico, come un romanzo i cui capitoli risultano concatenati gli uni agli altri (il reiterato impiego della congiunzione “e” ad apertura di ogni sotto-paragrafo, non è casuale). Il corpus del discorso è unitario benché si evolva per lucide e liberissime associazioni, i paradisi artificiali di un’opera chilometrica (dalla preistoria al Novecento), donchisciottesca, paradossale, accattivante. Mi viene da dire, in ultimo, poetica. Della poesia necessaria per i tempi miopi di crisi che solo il linguaggio dell’arte (scritta, dipinta, scolpita, teorizzata, suonata e cantata) riesce ad avversare tracciando rotte verso immaginifici altrove.
Lettori selvaggi. Dai misteriosi artisti della Preistoria a Saffo a Beethoven a Borges la vita vera è altrove. Nuova ediz.
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