Lettere luterane
- Autore: Pier Paolo Pasolini
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2015
Lettere luterane (Garzanti, 2015) è una raccolta di scritti di Pier Paolo Pasolini redatti nel 1975, anno della sua morte. Il volume è suddiviso in due parti.
La prima parte si intitola I giovani infelici e si potrebbe definire, senza timore di esagerare, un piccolo capolavoro purtroppo incompiuto. Pasolini parte dalla constatazione che i giovani dell’Italia degli anni Settanta sono infelici, a causa di vari fattori socio-culturali, per scrivere un trattato di pedagogia in forma epistolare. Il destinatario immaginario è Gennariello, un giovane napoletano, a cui l’autore cerca di impartire una sorta di rieducazione.
In realtà di dogmatico vi è molto poco: Pasolini fornisce semplicemente delle chiavi di lettura, degli occhiali dalle lenti pulite per osservare criticamente la società italiana. Non lo fa con paternalismo o arroganza, ma lo fa, come scrive lui stesso, per amore degli uomini; ed è quell’amore il motore della sua protesta contro il regresso e la degradazione.
Lo spirito che anima questa prima parte del libro potrebbe essere riassunto con una celebre frase che essa contiene:
[…] essi ti insegnano a non splendere. E tu splendi, invece, Gennariello.
Questa citazione è nota ai più per il suo frequente uso come didascalia per le foto sui social, ma dovrebbe esserlo per il suo profondo significato. Che è piuttosto intuitivo: in un’Italia sempre più consumistica, sempre più conformista, sempre più falsamente tollerante e falsamente laica, gli esseri splendenti non devono lasciare che la massa spenga la loro scintilla e li renda opachi come loro.
La seconda parte del libro è intitolata Lettere luterane. Pasolini utilizza l’aggettivo “luterano” come sinonimo di “riformista”, perché quello che auspica in questi articoli ed interventi scritti è una riforma sociale, politica ed intellettuale del nostro paese.
Il tema centrale è l’effetto del consumismo in Italia, che secondo l’autore ha distrutto ogni tipo di cultura popolare e particolaristica per sostituirla con la cultura di una nuova forma di borghesia. Ciò pone un problema di modello culturale: ora tutti, in maniera interclassista, desiderano essere il nuovo borghese consumista. Da qui nasce una nuova questione di classe: la connotazione classista cessa di essere anche culturale e diviene puramente economica.
Infine Pasolini, con spirito giustizialista, identifica nei democristiani i principali responsabili del degrado morale italiano, immaginando anche di processarli con i capi d’imputazione più diversi, non solo di natura strettamente politica ma spesso anche etica.
L’autore sa perfettamente che tale processo resterà un’utopia; però quello che forse Pasolini non sapeva è che per far riflettere i cittadini bastano gli intellettuali come lui, a prescindere da quel che accade nelle aule di tribunale.
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